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Quando l’overtourism divora il gusto: chiude La Rosetta, che è storia della ristorazione romana

L’aumento esponenziale dei turisti nelle città storiche non ha significato un incremento della cultura gastronomica. Al contrario: più presenze, meno attenzione

Crudo di pesce, crostacei a La Rosetta al Pantheon

Il centro storico di Roma – e vale per Firenze, Venezia, Milano – non è più il luogo dove si può fare alta cucina. Non nel senso profondo del termine. Non quel tipo di cucina che richiede attenzione, silenzio, esperienza, rispetto reciproco tra chi cucina e chi si siede a tavola.

Massimo Riccioli
Massimo Riccioli

La Rosetta è stato il primo ristorante di solo pesce a Roma

La chiusura imminente de La Rosetta, ristorante di pesce che ha fatto la storia della ristorazione romana, ne è il simbolo più eloquente e doloroso. Massimo Riccioli ha tenuto duro per anni, cucinando con mano sicura in mezzo a un panorama sempre più caotico, ma alla fine ha dovuto ammetterlo: l’overtourism ha vinto.

Le città d’arte italiane sono diventate palcoscenici di passaggio veloce, di consumo compulsivo, dove l’esperienza viene sostituita dalla quantità. Code, gruppi organizzati, tavolini usa e getta, selfie e mordi-e-fuggi: questa è ormai la grammatica dominante delle zone più centrali. Chi cerca una cena autentica, un servizio attento, una cucina di ricerca e qualità, non ha più spazio.

La cucina alta – che non è solo stellata, ma consapevole, identitaria, colta – ha bisogno di tempo e di ascolto, elementi che non trovano più casa dove ci sono troppi passi, troppi click, troppe lingue e troppo poco silenzio.

Il paradosso: più persone, meno ospiti

L’aumento esponenziale dei turisti nelle città storiche non ha significato un incremento della cultura gastronomica. Al contrario: più presenze, meno attenzione. Il ristoratore non ha più davanti a sé ospiti, ma flussi. Non cucinerà per far ricordare, ma per far incassare. La logica si ribalta. E chi ha fatto della cucina un gesto culturale, oggi si ritira.

Così la ristorazione d’autore migra altrove: nei quartieri meno affollati, nei borghi, nei paesi sul mare, nei territori dove ancora si può chiedere tempo e offrire qualità. È un cambiamento silenzioso, ma potente. E Roma – che è stata un tempo la capitale della grande ospitalità – sta rischiando di diventare una città dove si mangia tanto, ma si gusta poco.

Cosa perdiamo

Con La Rosetta perdiamo molto più di un ristorante. Perdiamo un’idea di accoglienza, di sobrietà, di cucina che non ha bisogno di effetti speciali perché ha una materia prima che parla. Perdiamo uno spazio dove si poteva stare bene senza rumore. Dove il mare arrivava a tavola con grazia, e non con i fuochi d’artificio.

Il rischio è che queste perdite, una alla volta, non facciano più notizia, perché si sommeranno alle altre. Ma il giorno in cui ci accorgeremo che nei centri delle nostre città d’arte ci sono solo menù plastificati, tavoli pieghevoli e cibo senz’anima, sarà troppo tardi per tornare indietro.