Quella gaffe del sindaco Marino alla Festa dell’Unità di Roma
Si è consumato sul red carpet della Festa dell’Unità l’ultimo atto di una parodia che si rivela in tutta la sua gravità
Che il sindaco Marino fosse un “gaffeur” si sapeva. “Il più grande gaffeur d’Italia”, come lo definì nel 2014 la pasionaria Michela De Biase, consigliera comunale eletta a furor di popolo nel suo quartiere, l’Alessandrino, durante un intervento tenuto presso la direzione romana del PD.
Non si trattò di un affare da poco: all’epoca a metter in imbarazzo il gruppo dem, non c’era solo il multa-gate – caso sollevato da Le Iene sulle multe non pagate dal primo cittadino per essere entrato otto volte in due mesi senza permesso nella zona a traffico limitato della Capitale con la sua Panda rossa – ma anche lo scarso tempismo con cui, sempre Marino, si recò a Tor Sapienza – dove si respirava un clima da guerra civile – e la sua assenza durante l’allerta meteo. Marino, in previsione di precipitazioni eccezionali, scelse di andare a Milano, al congresso dell’Anci, da dove dichiarava che “la situazione è sotto controllo”, mentre a Roma venivano giù le famigerate “bombe d’acqua” e un intero quartiere, quello di Prima Porta, sprofondava nel fango. I trenta sfollati si sentiranno poi dire, sopraggiunto il primo cittadino con proverbiale a-tempismo che, in buona sostanza, è tutta colpa loro per aver costruito in zone a rischio idrogeologico.
Cadute rovinose dalla bici, per qualcuno solamente il contrappasso per aver annunciato di voler costruire prima dell’inizio dell’anno giubilare l’ennesima opera pubblica di cui la cittadinanza non sente il bisogno – ovvero “un secondo GRA ciclabile” – e rivisitazioni strampalate del logo di Roma Capitale hanno condito il mandato del chirurgo genovese fino a qualche tempo fa. Poi è arrivato il giorno zero, quello del non ritorno. “Le Destre tornino dalle fogne da dove sono venuti invece di dare lezioni di democrazia e rigore a noi” e “andremo avanti fino al 2023 e faremo lì il nostro bilancio”, ha esordito Ignazio dal palco della Festa dell’Unità di Roma. Adesso non c’è più nulla che strappi un sorriso, d’imbarazzo e disapprovazione per carità, ma pur sempre un sorriso. Stavolta il sindaco l’ha detta grossa: “Fascisti, carogne, tornate nelle fogne” è un vecchio slogan che ebbe fortuna in anni bui, quelli in cui “uccidere un fascista non è reato”. E a pagarne le spese furono ragazzi, poco più che adolescenti, freddati dal piombo di una guerra spietata e poi dimenticati dalle Istituzioni. Dimenticati sino ad oggi.
Si è consumato sul red carpet della Festa dell’Unità l’ultimo atto di una parodia che, andata troppo per le lunghe, si rivela in tutta la sua pericolosità: “Le foibe le ricorderanno altre città, non Roma”, in tempi non sospetti, dichiarò il chiacchierato vice sindaco Nieri a proposito della sospensione, per ragioni di budget dissero, dei viaggi del Ricordo.
In quell’occasione però, come in seguito ai recenti slogan che istigano all’odio politico scelti dal nostro Mr Bean (che incredibilmente somiglia ad un altro collega di partito, il rottamatore Renzi), le gaffe non contano. E il PD non si spacca. Forse il collante rimasto al partito della maggioranza è davvero solo quello, atavico ed imperituro antifascismo.