Quote latte in scadenza, in Campidoglio arriva una stalla
“Un giorno da allevatore”, la singolare protesta della Coldiretti a Roma e in altre 10 piazza italiane
Il 31 marzo 2015 potrebbe essere un giorno che gli agricoltori italiani difficilmente dimenticheranno. Dopo oltre 30 anni di attività, terminerà il regime delle “quote latte”. Dal 1983, infatti, a ciascun stato membro dell’allora Comunità Europea venne assegnata una quota di produzione nazionale, da ripartire tra i singoli produttori interni. Secondo quanto emerge dal dossier "L'attacco alle stalle italiane", presentato dalla Coldiretti in occasione della maximungitura di piazza di oggi, si concretizza sempre di più il rischio di superamento del tetto nazionale per la campagna 2014/2015, con il rischio di pesanti multe a livello europeo. Il rischio di superare le quote della campagna 2014/2015, infatti, risulta dall'aumento della produzione del 3,37%, rispetto lo scorso anno, registrato da Agea tra aprile e novembre.
Per capire a fondo il problema, però, occorre ricordare che all'Italia venne assegnata una quota di produzione di latte molto inferiore al consumo interno. Secondo le stime della Coldiretti, con la fine del regime delle quote latte è prevedibile un aumento della produzione lattiera italiana e comunitaria che potrebbe aumentare del 5 per cento, con il rischio di ripercussioni negative sui prezzi del latte alla stalla.
Per protesta, la Coldiretti ha organizzato una manifestazione singolare: la più grande operazione di mungitura pubblica mai realizzata. Lo scenario a cui hanno assistito i romani sembrava quasi surreale: una stalla in piazza del Campidoglio, a due passi dalla statua equestre del Marco Aurelio, coperta da un tendone, con quattro mucche pronte per essere munte. Nella Capitale, sono attesi per vivere "Un giorno da allevatore" i ministri Galletti, Lorenzin e Poletti, il sindaco Ignazio Marino e il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti.
"Abbiamo organizzato la più grande dimostrazione di mungitura pubblica a Roma e in altre dieci piazze italiane – spiega il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo – per dire a tutti i consumatori italiani che per continuare a mungere le nostre mucche dobbiamo smettere di spremere gli allevatori: 35 centesimi al litro che vanno alla stalla significa non poter nemmeno coprire i costi di alimentazione. E' una situazione insostenibile che non favorisce nemmeno i consumatori che invece vedono il prezzo di latte e formaggi in continuo aumento".
Dal dossier emergono importanti dati economici, nonchè il ruolo giocato dalla crisi: dall'inizio della recessione, 1 stalla su 5 ha chiuso i battenti, con la perdita oltre 32mila posti di lavoro e il rischio concreto della scomparsa del latte italiano e di prestigiosi formaggi. In Italia, sono ancora operative poco più di 36.000 stalle, che hanno prodotto – nel 2014 – circa 110 milioni di quintali di latte, mentre le importazioni toccano circa 86 milioni di quintali: per ogni milione di quintale di latte importato in più – denuncia la Coldiretti – scompaiono 17mila mucche e 1.200 occupati in agricoltura.
Il prezzo del latte fresco moltiplica più di 4 volte dalla stalla allo scaffale, con un ricarico del 328%. Il sovrapprezzo è esploso nell'ultimo anno per il taglio del 20% nel compenso riconosciuto agli allevatori, mentre il prezzo al consumo tende addirittura ad aumentare. Sulla base delle elaborazioni Coldiretti su dati Ismea, il latte viene pagato agli allevatori in media 0,35 centesimi al litro, con un calo di oltre il 20% rispetto allo scorso anno, mentre al consumo il costo medio per il latte di alta qualità è di 1,5 euro al litro. In altre parole – spiega la Coldiretti – gli allevatori devono vendere tre litri di latte per bere un caffè al bar, quattro litri per un pacchetto di caramelle, quattro litri per una bottiglietta di acqua mentre quasi 15 litri per un pacchetto di sigarette.
Particolare preoccupazione deriva dal fatto che il prezzo riconosciuto agli allevatori non copre neanche i costi per l'alimentazione degli animali.
Pericolosi anche i risvolti sulla sicurezza alimentare. Nell'ultimo anno – denuncia la Coldiretti – hanno addirittura superato il milione di quintali le cosiddette cagliate importate dall'estero, che ora rappresentano circa 10 milioni di quintali equivalenti di latte, pari al 10 per cento dell'intera produzione italiana. Si tratta di prelavorati industriali che vengono soprattutto dall'Est Europa che consentono di produrre mozzarelle e formaggi di bassa qualità. Dall'inizio della crisi nel 2007 ad oggi le importazioni di prodotti lattiero-caseari dall'estero sono aumentate in valore del 23 per cento. Oggi, anche a causa delle importazioni di minor qualità, l'Italia – sottolinea la Coldiretti – importa il 40% del latte e dei formaggi che consuma. Difendere il latte italiano significa difendere un sistema che garantisce 180mila posti di lavoro, ma anche una ricchezza economica di 28 miliardi pari al 10% dell'agroalimentare italiano.
Per gli agricoltori laziali, Zingaretti annuncia investimenti a sostegno del comparto attraverso il nuovo Piano di Sviluppo Rurale (PSR), favorendo la qualità del prodotto e la qualità del made in Italy.