Ratzinger previde il golpe dall’83 e si premunì col Fürstenrecht germanico
Egli resta ancor oggi l’unico papa legittimo, quello “emerito”, cioè che “merita” di essere papa
L’inchiesta sulla cosiddetta Magna Quaestio è un mosaico, un puzzle, nel quale ogni tessera va al suo posto solo quando è pronto il suo “alloggiamento”. Così, per una straordinaria serie di eventi, coincidenze, contributi casuali da parte dei lettori che ci scrivono a codiceratzinger@libero.it, il quadro della situazione si ricompone in modo sempre più coerente e plastico, senza alcuna contraddizione.
Il caso ha voluto, infatti, che fra gli ascoltatori dell’intervista allo scrivente da parte di La Finanza sul Web https://www.youtube.com/user/Lafinanzasulweb vi fosse Andrea Borella, uno dei cinque studiosi al mondo che si occupano di diritto dinastico universale, nonché editore del prestigioso “Annuario della Nobiltà italiana” https://www.annuariodellanobilta.com/ . Genealogista e araldista anche in ambito ecclesiastico, Borella ci ha inviato un messaggio: “Avete colto nel segno: Ratzinger è un genio e posso dirvi da dove ha tratto ispirazione per il sistema antiusurpazione munus/ministerium”.
Già un anno fa, avevamo avanzato QUI https://www.liberoquotidiano.it/articolo_blog/blog/andrea-cionci/26771800/papa-ratzinger-terzo-segreto-fatima-ipotesi-specchio.html l’ipotesi che il cosiddetto “Piano B” canonico per evitare un golpe fosse stato preparato almeno 40 anni fa dal card. Ratzinger in accordo con papa Giovanni Paolo II secondo un sistema ispirato allo specchio citato nel Terzo Segreto di Fatima.
Oggi, grazie ad Andrea Borella troviamo la conferma giuridica e scopriamo che Benedetto XVI importò nel diritto canonico della Chiesa la fondamentale dicotomia munus/ministerium traendola dal DIRITTO DINASTICO DEI PRINCIPI TEDESCHI (il cosiddetto Fürstenrecht). Un eccellente sistema antiusurpazione.
Per farla semplice: prima del 1983, per rinunciare al pontificato, bastava che il papa rinunciasse all’ufficio papale.
Con l’intervento di Ratzinger-Wojtyla, le cose cambiano: l’ufficio papale viene suddiviso in due enti, il munus e il ministerium. Rinunciando a questo o a quello, si configurano due situazioni speculari e radicalmente diverse. Se il papa rinuncia in modo simultaneo e ratificato al munus, c’è la sua ABDICAZIONE (canone 332.2). Se rinuncia in modo differito e non ratificato al ministerium (come ha fatto Benedetto XVI con la Declaratio del 2013) si ricade nella SEDE IMPEDITA (canone 412), dove il Papa è prigioniero, confinato, non libero di esprimersi, ma RESTA PAPA A TUTTI GLI EFFETTI.
Tra munus e ministerium non c’è transitività: un papa può essere privato forzatamente del potere pratico (ministerium), magari da un golpe o da nemici esterni, ma resta sempre papa, mentre chi detiene solo il potere pratico papale, non acquisisce automaticamente il munus, il titolo di papa.
“Un sistema A SPECCHIO – conferma Borella – dove c’è un soggetto, il munus, che ha come suo «riflesso» il ministerium, ma dove il secondo non può sussistere legalmente senza il primo”.
Spiega lo studioso che tale distinzione fra titolo e funzioni proviene inequivocabilmente dal diritto dinastico dei principi tedeschi che Joseph Ratzinger, soprattutto come bavarese, NON POTEVA NON CONOSCERE.
Infatti, nel ‘600, dopo l’usurpazione del trono da parte della protestante Elisabetta I (figlia illegittima di Enrico VIII) ai danni della cattolica Maria Stuart, (legittima erede al trono), in Europa si corse ai ripari codificando una distinzione fra il Titolo dinastico e la possibilità di esercitare il potere.
Così abbiamo diverse rinunce al munus sottoscritte da diversi arciduchi della famiglia imperiale austriaca oppure, parzialmente, ad alcuni diritti dinastici, soprattutto nel corso del XIX secolo.
Al contrario, dopo la Grande Guerra, l’imperatore asburgico Carlo I non rinunciò mai al suo munus e fu esiliato, per privarlo fattualmente anche del suo potere pratico, ossia il suo ministerium.
Qualcosa di simile avvenne anche per il nostro ultimo re Umberto II, che non rinunciò al suo munus. Tra tutti questi esempi, Joseph Ratzinger non poteva non conoscere tale sistema antiusurpazione ed infatti, secondo il nostro studioso, prudentemente, consigliò a Giovanni Paolo II di introdurlo nel diritto canonico, con gli effetti che oggi conosciamo. Così, quando la fronda interna della Mafia di San Gallo, insieme ai poteri forti internazionali (vedasi blocco del codice Swift) costrinsero Benedetto a togliersi di mezzo, lui si dimise, sì, ma dal solo ministerium, andando in SEDE IMPEDITA e conservando il munus.
In tal modo, egli resta ancor oggi l’unico papa legittimo, quello “emerito”, cioè una qualifica puramente nominale (non giuridica) che viene dal verbo emereo. “Emerito” specifica quale sia, fra i due biancovestiti, colui che “ha diritto”, che “merita” di essere papa. Bergoglio è, così, il papa illegittimo di questa “sorta di ministero allargato” come dice Mons. Gaenswein, https://www.liberoquotidiano.it/articolo_blog/blog/andrea-cionci/29878827/monsignor-gaenswein-codice-ratzinger-papa-legittimo-papa-emerito.html fra papa legittimo e papa illegittimo.
Non stupitevi degli strani comportamenti di Bergoglio di cui abbiamo trattato qui: https://www.romait.it/il-papa-in-vaticano-tutte-le-gaffe-rivelatrici-di-papa-francesco-bergoglio-degli-ultimi-mesi.html Non scandalizzatevi: tutto quanto da lui fatto in otto anni verrà annullato. Per questo papa Benedetto ripete da otto anni “Il papa è uno solo”, senza mai spiegare quale sia.