Rave, il Dl sarà migliorato ma le accuse per lo più sono infondate
Verrà introdotto un riferimento allo spaccio e uso di droghe, e abbassata la durata massima della pena: ma chi parla di norma liberticida appare profondamente ipocrita
Com’è ormai universalmente noto, il cosiddetto Decreto anti-rave party del Governo Meloni ha scatenato una ridda di polemiche, anche all’interno dello stesso esecutivo. Tanto che si prospettano già delle modifiche in relazione almeno ad alcune delle criticità. Per quanto la maggior parte delle accuse rivolte al testo non sembrino solo infondate, ma del tutto incoerenti.
Il Dl anti-rave party
E dunque la maggioranza di centrodestra, come riporta TGCom24, starebbe già studiando dei correttivi al Dl contro i rave party. Che tecnicamente punta a sanzionare «l’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica», commessa da oltre 50 persone. Fattispecie che potrebbe applicarsi anche all’occupazione di una scuola, ma che dovrebbe essere circoscritta, come ha anticipato il Premier Giorgia Meloni, mediante un riferimento allo «spaccio e uso di droghe» tipici di queste adunate.
L’altro aspetto spinoso su cui probabilmente interverrà il Parlamento è la durata massima della pena – 6 anni di reclusione per organizzatori e promotori dell’evento. Una soglia che in linea di principio permetterebbe di intercettare anche dei ragazzini, e che dovrebbe essere opportunamente abbassata a 4 anni.
L’ipocrisia di chi parla di norma liberticida
Poi ci sono le problematiche denunciate, come scrive il Corsera, dal centrosinistra. Secondo cui il Decreto che ha introdotto l’art. 434-bis del Codice penale sarebbe una «norma liberticida» potenzialmente utilizzabile «per reprimere altro tipo di manifestazioni».
Tale allarme appare completamente ingiustificato, purché le manifestazioni in questione non siano ricettacoli di illegalità. Come appunto i rave party, i quali non hanno nulla in comune col diritto di riunione sancito dall’art. 17 della Costituzione. Come infatti spiega il Centro Studi Rosario Livatino, «propongono problemi di sicurezza e di tutela dell’incolumità individuale del tutto peculiari».
A monte, comunque, lascia perplessi che autori di questi cahiers de doléances siano le forze politiche che sponsorizzavano il ddl Zan (che liberticida lo era veramente). E che gongolavano per le restrizioni dei Governi Conte-bis e Draghi (e dell’ex Ministro della Salute Roberto Speranza) che impedivano davvero le riunioni – pardon, gli assembramenti.
Tanto per sottolineare come queste contestazioni suonino profondamente ipocrite. E in qualche modo – è il caso di dirlo – assolutamente… stupefacenti.