Razzisti si diventa: considerazioni poco ovvie sul razzismo in Italia
L’incontestabile verità è che in Italia esistono sia razzisti che non razzisti; ma questa ovvietà non chiarisce né tanto meno esaurisce il problema
Dire “Gli Italiani sono razzisti” è falso, perché palesemente molti non lo sono affatto. E’ una sommaria generalizzazione indebita e preconcetta, rispondente allo stesso schema di ottusità mentale tipico del razzismo. Dire “Gli Italiani non sono razzisti” è falso, perché evidentemente e dichiaratamente almeno alcuni, se non molti, lo sono. Altra ottusa generalizzazione indebita. L’ovvia e incontestabile verità è che in Italia esistono sia razzisti che non razzisti; ma anche questa ovvietà non chiarisce né tanto meno esaurisce il problema.
Scientificamente verificato, fino a improbabile prova contraria, è piuttosto il fatto che razzismo e non razzismo non costituiscono una coppia reciprocamente contraddittoria, bensì due posizioni estreme tra le quali si pongono innumerevoli tipologie, varietà, quantità e qualità di posizioni intermedie disponibili per loro natura ad accrescersi più che ad attenuarsi: alcune tipizzabili perché comuni a più soggetti, altre non tipizzabili perché estremamente personali; la qual cosa si riscontra in tutti i casi di discriminazione verso persone, cose, animali e situazioni: discriminazione che -si badi bene- ha le sue comprensibili radici nella naturale attenzione critica, e almeno inizialmente diffidente, di ogni essere umano verso qualsiasi entità non rientrante nel novero delle cose già note. E’ peraltro ampiamente verificata in vasta parte della popolazione d’ogni parte del mondo la condizione di discriminazione razzistica “potenziale”, ossia di latenza e apparente assenza di tendenze discriminatorie pronte però a “scattare” alla prima -fondata o infondata- sollecitazione idonea a suscitare diffidenza o rancore.
La persona non ottusa valuterà ciò che è nuovo, diverso o insolito nei suoi aspetti sia positivi che negativi. Quella ottusa invece si entusiasmerà sprovvedutamente per qualche aspetto positivo, rimuovendo la percezione delle note dissonanti, o al contrario -molto più spesso- sopravvaluterà gli aspetti negativi relegando nel limbo dell’irrilevanza le note positive.
Ma la sorprendente complessità dell’homo sapiens (o sedicente tale) si dimostra perfino incline a formarsi un’idea stereotipica preconcetta di qualcuno o qualcosa prima ancora di averne effettiva conoscenza. E’ il caso di molti giovani sottoposti a lavaggio ideologico del cervello da parte di ottusi pseudo-educatori portatori di credenze dogmatiche (politiche, religiose, magiche, settarie, acriticamente “tifose”) tali da fissare nella mentalità del minore la folle ma incrollabile certezza che ogni dato di fatto o argomento in contrasto con le credenze inculcate sia a priori assolutamente e necessariamente falso, anzi esclusivamente frutto di intenzionale falsificazione da parte dei “nemici”. E questa cecità indotta è il brodo di coltura dei fanatismi, dei fondamentalismi, dei terrorismi, dei “negazionismi” a tutt’oggi imperversanti malgrado la soverchiante opportunità di informazione e documentazione “a tutto campo” che le pluralistiche fonti bibliografiche, giornalistiche, televisive, etc., sono in grado di fornire. Ne deriva una caparbia attitudine a negare ogni palmare evidenza pur di sostenere i pregiudizi ideologici e la conseguente inestinguibile aggressività verso chiunque sia in grado di mettere in discussione gli schemi mentali consolidati.
Un sano orientamento politico da parte dei responsabili del governo e delle funzioni legislative ed amministrative di una collettività, specie se autoproclamatasi “democratica”, dovrebbe comportare: a) la massima attenzione conoscitiva e solerzia operativa verso le problematiche del disagio sociale e dei conseguenti effetti di protesta e di conflitto; b) i più tempestivi interventi educativi, preventivi e repressivi nei confronti di fenomeni socialmente pericolosi come quelli sopra accennati; c) messaggi politicamente costruttivi e propositivi.
Un malsano orientamento politico è invece quello che enfatizza l’allarme sociale, drammatizza i fenomeni problematici, cerca di captare il consenso elettorale mediante slogans rudemente semplificatori finalizzati a dimostrare una presunta consonanza di idee e sentimenti -e soprattutto paure- tra attore politico e masse, là dove il politico finge di non vedere l’effetto fatalmente istigatorio dei messaggi, che per alimentare xenofobia e razzismo non hanno affatto bisogno di essere violenti ed espliciti, bensì semplicemente tali da legittimare la diffidenza xenofoba e il razzismo potenziale e latente.
Dire che molti tra gli ultimi arrivati nel nostro Paese sono esposti al reclutamento da parte delle “mafie” per la manovalanza di spaccio, rispecchia una realtà sociologica tipica e ricorrente ovunque nel corso della storia. Dire invece che un gran numero di immigrati spaccia stupefacenti per un facile arricchimento e per rifiuto dei lavori umili, è una parziale e marginale verità non facilmente smentibile e quindi oggettivamente più efficace di una menzogna nel suscitare allarme e risentimento nelle masse. Dire che alcuni immigrati commettono reati di violenza sessuale è fondato e legittimo. Dire invece che le strade di notte sono diventate insicure a causa degli immigrati che si appostano in attesa di una facile occasione di aggressione sessuale, è un’esagerazione fuorviante atta a scavare un fossato tra ospitanti e ospitati e soprattutto tra “ultimi” e “penultimi”.
Dire che le procedure di accoglienza richiedono la cifra giornaliera X per migrante destinata però per il 95% alle organizzazioni italiane accreditate e ai loro dipendenti italiani è un vero dato di fatto. Come del resto è un dato di fatto che fino a Minniti la gestione dei flussi immigratori è stata quanto meno facilona e caoticamente generosa. Dire invece che “ad ogni immigrato spetta la cifra X” di importo esagerato, sulla quale le organizzazioni accreditate per l’accoglienza lucrano truffaldinamente e vergognosamente, è falso (vero solo per qualche caso isolato su cui la Giustizia è già intervenuta) ma soprattutto pericoloso in quanto mina alla base ogni presunzione di buona fede, da parte dei cittadini, in chi governa e in chi amministra, di qualsiasi colore politico sia e qualsiasi iniziativa intraprenda. Lamentarsi del “bighellonare” dei migranti accolti ma poi penalizzare pesantemente sul piano dei finanziamenti, nelle Regioni del Nord, i Comuni che danno loro un qualche lavoro precario, è un’ipocrisia che rasenta l’infamia.
Potremmo andare avanti con altri mille esempi di irresponsabile alterazione allarmistica delle situazioni di fatto. Ma è oramai più che evidente lo spregiudicato gioco di potere che certe formazioni politiche di recente successo stanno portando avanti. Se ripetutamente eludi le riunioni in sede UE dedicate ai fenomeni migratori; se prometti e non mantieni affatto il millantato rimpatrio di 600000 “irregolari”; se adotti soltanto soluzioni-tampone clamorose per i poveri di spirito ma oggettivamente insignificanti come il divieto di sbarco di quattro poveri diavoli sofferenti; allora è chiaro come il sole che NON VUOI risolvere il problema, ma anzi vuoi perpetuare all’infinito il clima para-razzistico di paura che continuerà a portarti consenso e voti.
Non c’è dunque da sorprendersi se atteggiamenti del genere producono uno scontato “effetto alone” tale da incoraggiare la ripresa di manifestazioni razzistiche rivolte contro gli Ebrei, contro gli Zingari ed ogni altra etnia e comunità assurdamente vista come ostile o quanto meno intollerabile, per motivi comprensibili solo ai cervelli di calcestruzzo degli odiatori di professione.
*Articolo curato da Gaetano Arezzo.