Recovery da ricovero, ora se ne accorgono perfino gli “euroinomani”
Dopo i peana, anche economisti filo-Bruxelles come Boeri ammettono che gli euro-prestiti non convengono. E, guarda caso, nemmeno gli Stati membri ratificano il Budget Ue…
Che sia un Recovery da ricovero lo andiamo ripetendo da tempo, mentre che lo ammettessero degli economisti filo-europei era tutto, fuorché scontato. A volte, però, i miracoli accadono, e non serve neppure una “conversione” sulla via di Bruxelles. Basta semplicemente guardare i fatti senza i paraocchi dell’ideologia.
Un Recovery da ricovero
«Meglio prendere prima le sovvenzioni e poi i prestiti». Parola degli economisti Tito Boeri (ex presidente dell’Inps) e Roberto Perotti che, passata l’euro-sbornia, hanno abbandonato i peana per analizzare lucidamente il programma Next Generation Eu. Che, giova ricordarlo, mette a disposizione dell’Italia circa 209 miliardi di euro, di cui però sono poco più di 81 quelli a fondo perduto. La parte residua, che ammonta più o meno a 2/3 del totale, andrà restituita, benché a tassi agevolati e con tempi piuttosto lunghi.
Ebbene, ora i due esperti definiscono i 127,4 miliardi di loans «un azzardo» perché dovrebbero finanziare un «contenitore vuoto» di «formule e slogan». Questo perché, nella foga di raggiungere il totale dei finanziamenti comunitari, sono stati indicati capitoli di spesa che non solo non favoriranno la crescita, ma aumenteranno il debito.
Di qui l’invito a usufruire, almeno per il momento, solo dei grants, che però hanno a loro volta una controindicazione. Come infatti aveva già fatto notare Carlo Calenda, leader di Azione, i Ventisette devono contribuire al Bilancio settennale dell’Unione Europea, da cui dipende l’erogazione dei fondi. Roma dovrebbe versare nelle casse Ue circa 55 miliardi, il che farà scendere l’entità reale dei sussidi più o meno a 26 miliardi. Ammontare che un altro economista come Luigi Zingales ha liquidato come «davvero microscopico».
Un bagno di realtà
Come se non bastasse, peraltro, l’atto legislativo con cui si foraggia il Quadro Finanziario Pluriennale (Own Resources Decision) dev’essere ratificato da tutti gli Stati membri. A oggi, però, lo hanno fatto solo in sette, come ha lamentato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea.
Forse, dopotutto, le singole Nazioni non sono così ansiose di sborsare denaro per poi vederselo ridare in prestito col vincolo di utilizzarlo secondo i diktat dell’Europa. Quindi, ad esempio, sprecandone un terzo dietro ai vaneggiamenti ambientalisti.
Ma in fondo è solo l’ennesima conferma che siamo di fronte a un Recovery da ricovero. Meno male che anche agli euroinomani, ogni tanto, tocca un salutare bagno di realtà.