Reddito di cittadinanza, l’INPS certifica il fallimento: inoccupabili 2 su 3
Per Tridico, presidente dell’istituto previdenziale, la misura è un’ancora di salvezza contro la povertà. Peccato che, propaganda grillina a parte, doveva servire per il reinserimento lavorativo
Che il Reddito di cittadinanza non fosse esattamente il migliore dei provvedimenti possibili lo avevamo asserito già da tempo. I casi di cronaca e i dati preliminari sulla misura, infatti, erano più che sufficienti a far presagire l’andazzo. Ora, però, il fallimento del RdC pare proprio acclarato. Non foss’altro perché è stato sancito in un modo che più ufficiale non si potrebbe.
Il fallimento del Reddito di cittadinanza
Tra i 3,7 milioni di beneficiari del Reddito di cittadinanza, ben due su tre non sono occupabili. Lo ha rivelato Pasquale Tridico, presidente dell’INPS, illustrando il rapporto annuale sull’attività dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.
2,4 milioni d’individui non risultano presenti negli archivi dell’ente relativi agli estratti conto contributivi negli anni 2018 e 2019, e sono quindi distanti dal mercato occupazionale. In effetti non hanno neppure i requisiti per essere impiegati, essendo in larga parte minori, disabili, invalidi o percettori della pensione di cittadinanza.
Il difetto, insomma, sta nel manico, e a certificarlo (sia pure con intenti apologetici) è stato lo stesso numero uno di via Ciro il Grande. Il quale ha ammesso che «il principale obiettivo del Reddito di cittadinanza» è «il contrasto alla povertà». Aggiungendo inoltre che il provvedimento è «un’ancora di salvataggio, uno strumento di inclusione sociale prima di tutto». Prospettiva condivisa dal Ministro dem del Lavoro Andrea Orlando, che si è spinto ad accusare i critici del RdC di attuare «una criminalizzazione della povertà».
La propaganda sul lavoro
Va da sé che le opinioni, come i gusti, non si discutono. Peccato però che finora la propaganda (soprattutto) del M5S avesse spacciato il Reddito di cittadinanza per uno strumento di (re)inserimento nel mondo del lavoro. Quando invece, come ha denunciato il segretario del Carroccio Matteo Salvini, l’assistenzialismo statale «anziché creare lavoro, sta creando problemi» agli imprenditori, soprattutto nel settore turistico.
D’accordo col Capitano tutto il centrodestra, con Fratelli d’Italia che ha annunciato una mozione per cancellare la misura. Ma anche il leader italovivo Matteo Renzi, che intende raccogliere le firme per un referendum abrogativo. E che ha affermato senza mezzi termini che il meccanismo del RdC «non funziona, è soltanto un sussidio» finalizzato al consenso elettorale. «Uno strumento di lavoro nero e di dissuasione dal lavoro» ha rincarato la dose ancora l’omonimo leader della Lega.
Certo, c’è anche chi replica che, per esempio, gli stagionali scarseggiano per via dei turni estenuanti e dell’esiguità dello stipendio. Ma c’è una via di mezzo tra questo tipo di eccessi più che esecrabili e il restare in panciolle. Ed è dove la demagogia grillina potrebbe incontrare il Fantozzi d’antan che, con un’autocitazione, spiegherebbe ai pentastellati che il RdC è come la Corazzata Kotiomkin. Non serve aggiungere altro.