Referendum sulla cittadinanza, il dibattito è grave ma non è serio
La proposta per chiedere la nazionalità dopo 5 anni supera le 500.000 firme, ma rischia l’inammissibilità della Consulta: meriterebbe una discussione razionale, purtroppo tira fuori il peggio dell’opinione pubblica
Il referendum sulla cittadinanza ha superato, con largo anticipo rispetto alla scadenza del 30 settembre, le 500.000 firme necessarie per proseguire il suo iter. Il che non significa necessariamente che gli Italiani saranno chiamati alle urne, perché la prossima tappa – il vaglio della Consulta – non è scontata. Intanto il tema, che per la sua importanza meriterebbe di essere discusso con argomentazioni razionali, sta purtroppo tirando fuori il peggio da un’opinione pubblica fortemente polarizzata.
Il referendum sulla cittadinanza
Il referendum sulla cittadinanza mira a ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza nel Belpaese dopo i quali uno straniero può chiedere la nazionalità tricolore. Resterebbero invece inalterati gli altri requisiti fissati tanto dalla normativa vigente quanto dalla giurisprudenza. La conoscenza della lingua italiana, un reddito consistente, l’incensuratezza penale, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica.
La proposta è stata avanzata, scrive l’ANSA, da Riccardo Magi, segretario di +Europa, ed è abbastanza diversa dalle altre su cui la politica si confronta da tempo. Lo ius soli, secondo cui chi nasce in territorio nostrano sarebbe automaticamente cittadino dello Stivale. E lo ius scholae, che condizionerebbe la naturalizzazione dei giovani alla frequenza scolastica, di durata quinquennale per il Pd e decennale per Forza Italia.
Il quesito, che potrebbe interessare fino a 2,5 milioni di persone, tecnicamente intende intervenire sul comma 1 dell’articolo 9 dell’attuale legge sulla cittadinanza, la numero 91/1992. È proprio qui, però, che si rischia l’inammissibilità da parte della Corte Costituzionale, come il suo Presidente emerito Cesare Mirabelli ha spiegato all’Adnkronos.
Le modifiche suggerite, infatti, potrebbero indurre gli ermellini a interpretare la consultazione come propositiva, vietata però dalla nostra Costituzione che consente solo quelle abrogative. In ogni caso, come riporta Avvenire, il responso non è atteso prima di febbraio, con l’eventuale voto probabilmente nella primavera 2025.
Il dibattito è grave ma non è serio
Il referendum sulla cittadinanza, come la questione immigrazione in generale, è notoriamente un argomento molto divisivo. Poiché però ha delle ricadute concrete su gente in carne e ossa, dovrebbe essere affrontato con lucidità, rigettando gli estremismi uguali e contrari, e talvolta francamente inaccettabili
Per esempio, il centrosinistra ha variamente tacciato di posizioni retrograde gli oppositori della riforma. I quali però, come rileva l’Agenzia Dire, hanno fatto molto di peggio, mandando in tendenza su X (l’ex Twitter) il vergognoso hashtag #bastanegri. Eppure, a entrambi gli schieramenti basterebbe limitarsi a portare acqua al mulino della propria tesi.
Per esempio, quanti ritengono, come il Premier Giorgia Meloni, «che l’Italia abbia un’ottima legge sulla cittadinanza», potrebbero citare gli ultimi dati Eurostat. Che, riferendosi al 2022, certificano come Roma abbia concesso 213.716 nuove cittadinanze, il numero più alto dell’intera Europa. Per non parlare del fatto che, negli ultimi trent’anni, solo una consultazione referendaria ha raggiunto il quorum, che anche stavolta sarebbe un’enorme incognita.
Viceversa, i promotori dell’iniziativa potrebbero ribattere che la tempistica dimezzata è quella adottata dalla maggioranza degli Stati comunitari, cominciando da Francia e Germania (quest’ultima allineatasi all’inizio dell’anno). O che un lustro può essere più che sufficiente per naturalizzare un migrante che lavora regolarmente ed è perfettamente integrato nella Nazione che lo ha adottato.
Questo, naturalmente, se fossimo in un mondo ideale. Come sempre, invece, per parafrasare un celebre aforisma di Ennio Flaiano, il dibattito è grave, ma non è serio.