Regionali, doppietta della sinistra: ecco perché è una non-notizia
Con De Pascale e Proietti, Pd e campo larghissimo (ri)conquistano Emilia-Romagna e Umbria, ovvero due roccaforti rosse: ma il vero vincitore, una volta di più, è l’astensionismo
L’ultima tranche delle Regionali 2024 si è conclusa col duplice trionfo del “campo larghissimo” di centrosinistra (ovvero Pd e M5S, con innesti al centro e agli estremi). Che si è confermato in Emilia-Romagna con Michele De Pascale, che ha ottenuto il 56,77% delle preferenze contro il 40,07% della sfidante Elena Ugolini. E ha riconquistato l’Umbria con Stefania Proietti, che col 51,13% dei consensi ha prevalso sul Governatore uscente Donatella Tesei, fermatasi al 46,17%.
Un risultato definito «straordinario» dal segretario dem Elly Schlein in un’intervista a La Repubblica, anche se riguardava due tradizionali “Regioni rosse”. Il che rende la doppietta una non-notizia, proprio come se, all’inverso, si fosse verificata in Lombardia e Veneto. L’unica anomalia, semmai, è che nel 2019 Palazzo Donini fosse stato espugnato da un’esponente del centrodestra.
Per di più, al momento il successo in questione assomiglia molto alla proverbiale rondine isolata. Laddove per i trionfalismi (e, all’opposto, per i catastrofismi) sarebbe sempre opportuno attendere un’eventuale primavera.
Il vero vincitore delle Regionali è l’astensionismo
Nella tornata in oggetto, peraltro, come sintetizza Sky TG24 il vero vincitore è stato, una volta di più, l’astensionismo. Si è infatti recato alle urne solamente il 46,42% degli emiliano-romagnoli (-21,3% rispetto a cinque anni fa) e il 52,3% degli umbri (-12,4% sulle Regionali precedenti). Il che significa che, di fatto, sia il primo cittadino di Ravenna che quello di Assisi sono stati scelti appena da un elettore su quattro.
Un trend che perdura ormai da diversi appuntamenti elettorali, raggiungendo i suoi picchi più drammatici proprio alle Amministrative. Basti pensare che, limitandoci ai Sindaci di Roma e Milano, nel 2021 Beppe Sala fu incoronato dal 27,5% dei meneghini, Roberto Gualtieri soltanto dal 13% dei capitolini. Ma neppure le Politiche fanno eccezione, considerando che nel 2022 la percentuale reale degli Italiani che premiarono l’alleanza FdI-Lega-FI si attestò sul 28%.
Dati sconfortanti, che da tempo avrebbero dovuto imporre una seria riflessione, come quella avviata ora da Carlo Calenda, leader di Azione. Secondo il quale, come riporta Il Riformista, andrebbe istituito «un solo Election Day annuale nazionale» per tutte le consultazioni locali e i referendum. Magari non sarà una proposta risolutiva, ma almeno è il segno che qualcosa, forse, inizia a muoversi.
Finora, infatti, gli addetti ai lavori sembravano ricordarsi che il non voto è un problema solamente quando ne restavano scottati. Ma, ogni volta che a decidere sono le minoranze, a soffrirne è, in primis, la democrazia.