Regionali, l’Emilia-Romagna fa respirare il Pd, ma i problemi restano
Il centrodestra domina in Calabria, sparisce il M5S. Ma la crisi della “cultura” progressista non si attenua
Alla fine, come spesso accade, hanno vinto tutti. Non tanto in Calabria, dove il trionfo dell’azzurra Jole Santelli sul democratico Pippo Callipo era annunciato – e, per una volta, il pronostico è stato rispettato: quanto in Emilia-Romagna, dove la battaglia all’ultimo voto ha infine visto prevalere il Governatore uscente Stefano Bonaccini con il 51,4%, circa otto punti percentuali in più della sfidante leghista Lucia Borgonzoni.
L’unica forza politica che certamente esce con le ossa rotte dalla duplice competizione è il M5S, relegato a percentuali anemiche in entrambe le Regioni: eppure, il candidato Presidente in Emilia-Romagna Simone Benini, che ha ricevuto il 3,5% dei consensi, ha avuto la faccia tosta di dichiarare che il risultato è “in linea con le aspettative”. D’altronde, il MoVimento si era già praticamente dissolto prima delle elezioni e, stando alle sue prime dichiarazioni d’intenti, verosimilmente il neo-capo politico Vito Crimi completerà l’opera già efficacemente avviata dal predecessore Luigi Di Maio.
Per il resto, tutti i partiti hanno di che esultare. Quelli di centro-destra perché, oltre alla vittoria calabrese, per la prima volta in cinquant’anni c’è stata partita in quella che è la Regione rossa per antonomasia: tanto che il leader del Carroccio Matteo Salvini ha già affermato di voler lavorare il doppio per riuscire a espugnare la roccaforte “progressista”.
Gongola, com’è naturale, anche il Pd, benché il successo sotto la Garisenda e gli Asinelli sappia più che altro di sospiro di sollievo per un grave pericolo scampato. Lo si evince anche dalle prime dichiarazioni degli esponenti del Nazareno, a partire dal segretario Nicola Zingaretti per cui, sprezzantemente, il Capitano “ha perso le elezioni”.
Benché questo atteggiamento sia, in qualche modo, comprensibile, indica che i vertici dem, as usual, hanno capito ben poco dei messaggi che gli Italiani inviano ripetutamente da circa un biennio. Che poi è la stessa forma mentis alla base del cambio di nome al partito annunciato preventivamente da Zinga: come se bastasse un lifting per far sparire di colpo tutti i problemi. Che invece restano, e paradossalmente vengono addirittura evidenziati dall’affermazione di Bonaccini.
Il quale ha rinnegato il simbolo del suo stesso partito, ha rifiutato l’appoggio dei big romani e, quando non ha potuto evitare l’ingombrante presenza del segretario durante la campagna elettorale, l’ha accuratamente nascosta in mezzo agli interventi di altri sostenitori. E lo stesso Pd, vergognandosi di se stesso, per riuscire a richiamare i suoi in piazza si è camuffato sotto improvvide parvenze ittiche.
La crisi, quindi, non è affatto risolta, anche perché è figlia di una “cultura” che, benché rappresentata principalmente dal Pd, va ben oltre i dem. È la “cultura” che si occupa solo e di tutte le minoranze finendo per discriminare la maggioranza. È la “cultura” insopportabilmente proterva di quanti denunciano l’odio altrui ma al contempo pretendono di avocare a sé il diritto di professare impunemente un’idiosincrasia uguale e contraria (come nel caso di Sinisa Mihajlovic, allenatore del Bologna che sta lottando contro la leucemia, insultato via social senza alcun riguardo per la sua malattia per aver auspicato la vittoria della Borgonzoni). È la “cultura” buonista, pauperista e immigrazionista che tollera tutto e tutti purché in rigorosa antinomia con i valori tradizionali e tradizionalmente espressi dalla Cultura con la c maiuscola, quella che riflette la civiltà occidentale sviluppatasi sulle radici giudaico-cristiane.
Un aspetto che, en passant, dovrebbe far riflettere ben più di un esponente della Chiesa cattolica, che si vorrebbe sempre più trasformare da Corpo Mistico di Cristo a squallida imitazione di una ong. Un’operazione sciagurata che, al momento, ha già prodotto lo svuotamento delle chiese e il record negativo dell’8×1000.
Insomma, il Pd, con tutta la Weltanschauung di cui è portavoce, deve decidere cosa fare da grande, smettendo di nascondere la polvere sotto al tappeto: procrastinare l’inevitabile, infatti, non lo rende meno inevitabile. E questo è il termine più adatto a descrivere una situazione di agonia. Chi ha orecchi per intendere…