Regioni, tre mandati: chi ha governato bene è giusto che continui a farlo
Le leggi vigenti non sono di per sé ineccepibili. Né tantomeno immutabili. In una vera democrazia tutto deve essere in divenire
Due e non più di due. La legge dice effettivamente così, riguardo ai mandati consecutivi dei presidenti di regione, ma la questione è tutt’altro che pacifica.
Il terzo mandato in discussione
In parte, per non dire in apparenza, il groviglio è giuridico, con risvolti che sono anche di rango costituzionale. E per chi voglia approfondire il tema un’ampia disamina la si può trovare qui. Riservandosi, si intende, di elaborare in modo autonomo le proprie conclusioni.
In misura ancora maggiore, però, la disputa è quanto mai concreta.
Le cronache parlamentari degli ultimissimi giorni non fanno che confermarlo. La Lega preme per rimuovere il limite, così da permettere, innanzitutto, la ricandidatura di Luca Zaia nelle elezioni in Veneto del prossimo anno. La quasi totalità degli altri partiti è contraria.
Ufficialmente, il dissidio è di principio.
Le attribuzioni del ruolo sono cospicue ed è ovvio che svolgerle molto a lungo dà modo di intessere una vasta rete di relazioni personali. Con tutti i possibili vantaggi che ne conseguono.
Di contro, si rivendica il diritto dei cittadini a decidere di testa propria. Riaffermando, perciò, l’idea che la sovranità popolare non abbia bisogno di essere continuamente incanalata, imbrigliata, addirittura conculcata, dentro percorsi che ne riducono la libertà e il raggio d’azione.
Dietro la facciata i veri nodi sono altrove. E sono quelli tipici del potere
L’asse portante sono i rapporti di forza. Sia all’interno dei singoli partiti, sia tra i membri di una stessa coalizione. Vuoi che si tratti di un’alleanza già consolidata come quella del centrodestra, vuoi di un sodalizio incerto e futuribile come quello vagheggiato dalle opposizioni, a cominciare dal PD.
Come si dice, la politica politicata. Le infinite manovre, e gli innumerevoli contorcimenti, di chi deve far coesistere le spinte contrapposte della teoria e della prassi. Da una parte gli ideali ai quali ci si richiama e dall’altra la gestione operativa delle pubbliche istituzioni. Con il loro immane corredo di interessi. Troppo rilevanti, in senso economico e non solo, per assicurare che non si creino zone d’ombra e deviazioni assortite. Dai piccoli Comuni sino ai vertici dello Stato.
Siamo ancora più espliciti, allora.
La battaglia in corso non è tra i paladini della limpidezza amministrativa, attestati rigorosamente sulla barriera dei due mandati, e i fautori delle satrapie locali più o meno fuori controllo, impegnati a infrangere quell’argine.
La nostra opinione è un’altra. È che la facoltà di scelta debba restare nelle mani degli elettori, invece di costringerli a rinunciare, per legge, alla possibilità di confermare un presidente di Regione di cui siano soddisfatti. I due mandati possono diventare tre. O anche di più, se il legame di fiducia con gli amministrati permane e si rinnova.
La strada opposta è fare il processo alle ipotesi e spiccare, a priori, delle condanne senza appello. Che innalzano il rischio astratto a una minaccia oggettiva. Confondendo ciò che potrebbe accadere con ciò che accade realmente.
Scambiando la distorsione eventuale con la degenerazione inevitabile.
Più democrazia, più responsabilità
Lo abbiamo già accennato prima. Lo ribadiamo adesso.
Noi crediamo che siano i cittadini a dover decidere e che il voto consista, e vada sempre di più percepito e vissuto come tale, in un’assunzione di responsabilità. L’antidoto all’astensionismo è in una ritrovata convinzione di essere davvero in grado di determinare i risultati. Nelle urne e in ciò che ne deriva.
Le leggi vigenti non sono di per sé ineccepibili. Né tantomeno immutabili. In una vera democrazia tutto deve essere in divenire, fatti salvi alcuni principi costituzionali. E rispettare le norme esistenti non esclude affatto che ci si possa adoperare per cambiarle.
Il divieto dei tre mandati venne fissato venti anni fa, con la legge n. 165 del 2004. Ma questo è solo il dato di fatto da cui partire. Per superarlo. E lasciarcelo alle spalle.
Foto dalla pagina di Luca Zaia
Gerardo Valentini – presidente Movimento Cantiere Italia