Relazioni: quei piccoli gesti gentili che mancano nella nostra epoca
Siamo incapaci di esternare i sentimenti. Dimostriamo più gentilezza a un gatto o a un pappagallo che a nostra moglie e ai nostri vicini
Un Festival della Gentilezza si sta svolgendo, fino al 5 novembre, a Firenze nelle piazze, nelle scuole, nei musei, per le strade, per recuperare la nostra dimensione empatica, comunicativa, partecipativa, e la gentilezza è il collante per realizzare tutto questo.
Viviamo in una società incapace di gentilezza
I piccoli gesti gentili mancano nella nostra epoca, nelle nostre vite. Tutti ne sentiamo il bisogno, ne conserviamo il ricordo. Ci affasciniamo quando incrociamo persone che sanno amabilmente salutarci e trattarci con squisita cortesia. Gesti semplici che pure paiono dimenticati. Per certi versi si pensa che manifestarli sia sinonimo di fragilità, debolezza e quindi meglio nascondersi dietro atteggiamenti duri, rigidi, formali.
O peggio dietro l’arroganza e la prepotenza. Perché ci si vergogna di mostrarsi gentili e non invece di manifestare arroganza?
Le occasioni della maleducazione sono presenti in moltissimi momenti della vita quotidiana e della vita sociale e politica. La televisione e il cinema sono l’apoteosi del comportamento maleducato, violento, sgarbato, arrogante. La mancanza di gentilezza la soffriamo nelle relazioni individuali, anche in quelle d’amore, che sembrano ormai dominate dal comportamento spiccio, ruvido, secco. Anche tra innamorati ci si scrive sms, email, frasi brevi su whatsapp.
Siamo incapaci di formulare un concetto d’amore compiuto, esternare dei sentimenti. Per questo siamo più gentili con gli animali che con le persone, lo dimostrano i testi di facebook. Dimostriamo più carinerie a un gatto o a un pappagallo che alla propria fidanzata, compagna, moglie.
Recentemente anche verso i topi presi nella trappola c’è chi mostra tolleranza e comprensione: perché li maltratti, cosa ti hanno fatto? I rapporti familiari sono pressoché nulli, assenti: non ci si parla, ognuno rifugiato nel proprio cellulare. Li vedi i familiari al tavolo del ristorante, al bar, in casa, riuniti ma divisi, ciascuno in contatto con l’esterno. Tra l’altro è un sinonimo di cella, galera. Ci stiamo rinchiudendo in una prigione anaffettiva.
I piccoli gesti gentili quotidiani che ci mancano
Ci stiamo abituando a non ricevere gentilezza ma pure ce ne accorgiamo. Ci manca. Ci manca sentirci dire grazie, sentirci dare un saluto, un abbraccio, una carezza anche solo con un sorriso o un gesto di intesa. Ci manca e noi stessi non siamo più capaci di essere gentili. Attribuiamo la colpa alla stanchezza, a una giornata faticosa, al fatto che nessuno lo è con noi e perpetuiamo la catena della durezza, durezza dei gesti, delle frasi, degli sguardi. La gentilezza non è fatta di gesti eclatanti, si servono anche quelli, ma quelli che contano di più sono le piccole attenzioni quotidiane. Sorridere e ricevere sorrisi per esempio.
Fin dal mattino, quando ci si sveglia, ancora assonnati, ancora non in grado di pensare con calma e già ci troviamo a combattere contro il tempo, la pioggia, il freddo, l’autobus che non arriva, il telefono che squilla mentre sappiamo di dover affrontare un giorno come gli altri. Tuttavia noi stessi non siamo in grado di dare quella gentilezza che ci manca e diventa tutto come in una guerra, una faida, odio chiama odio così come maleducazione chiama maleducazione.
Al contrario tutti ci si rende conto, arrivando in un paesino di provincia, che la gente che incontri ti saluta con un sorriso e un buongiorno. Spiazzante. Quasi non riesci a proferire quel saluto, non sai più come si fa. Ti vergogni della tua durezza, finalmente. Perché un gesto gentile induce ad essere gentili a nostra volta. Un gesto di pace induce alla pace.
Tv, cinema, fumetti, stampa, radio, tutto parla un linguaggio violento
Viviamo in un mondo dominato da guerre, faide, omicidi, durezze, sia nella sfera privata che in quella pubblica. Nel privato c’è chi si comporta male, è sgarbato, alza la voce, getta carte per terra, umilia il prossimo, fa gestacci a chi gli rallenta la corsa in auto, suona il clacson ripetutamente a chi non cede il passo, non ha pazienza, non è tollerante, non rispetta le file agli sportelli, risponde male all’impiegato che non esegue i suoi ordini, si sente defraudato di diritti e non pensa ai doveri.
Nel pubblico vedi la violenza nei Tg e al cinema e nelle serie poliziesche, dove abbondano droghe, sesso violento, pugni, sparatorie, morti, torture. Nei talent show il giudice umilia il concorrente, lo caccia dalla gara, gli assegna un punteggio ignominioso, lo ingiuria, lo maltratta, perché il pubblico vuole il sangue. Nei talk show non si discute, si parla sopra all’interlocutore, non gli si permette di rispondere, si alza la voce, si arriva ad offendere, ad accusare. Stessa cosa in Parlamento, nonostante la ritualità, stessa cosa sui quotidiani, usando titoli come bazooka e parole come pietre lanciate contro le persone.
Le immagini delle guerre ci svegliano all’alba e la propaganda oscura le nostra libertà di pensiero
Tutto nel pubblico è violenza, arroganza, supremazia. Se non lo fai lo fanno a te. La guerra è guerra. Già la guerra. Un pretesto e si giustificano stragi, bombe, genocidi. Hanno ragione e diritti solo i nostri alleati. Torto i loro avversari che diventano anche nostri. Parole come diritto, democrazia, principi umanitari valgono solo per appoggiare la nostra causa mai quella del nemico. L’ipocrisia del sistema di potere è emblematica.
Eppure pare che taluni non se ne accorgano o sono solo in malafede. Nemico è chi scende in campo contro di noi, contro il nostro team, la squadra che ci rappresenta, i nostri colori. Gli altri, gli avversari vanno asfaltati, distrutti, sterminati e se non è possibile è colpa dell’arbitro venduto, del sistema che trama contro di noi. Ci sono trasmissioni radiofoniche che dietro lo scudo di una finta democrazia e finta libertà, sono un inno all’odio, continuo, quotidiano. Fanno del linguaggio volgare e violento la loro cifra di comunicazione. Andrebbero abolite, seminano veleno nella società.
La rivoluzione dei piccoli gesti, un libro per riscoprire i dettagli
Adele Chiabodo nel suo libro “La rivoluzione dei piccoli gesti” (Garzanti) sostiene che “ci sia una sorta di tendenza ad affermare una mancanza di gentilezza nella nostra società; credo infatti che ci siamo ormai abituati a lamentarci e a crogiolarci nella convinzione che oggi quasi nessuno sia capace di un gesto gentile nei nostri confronti, tanto che finiamo per sentirci autorizzati, quasi, a non esserlo neppure noi…”.
Adele è una giovane professionista che aiuta le aziende ad esprimersi al meglio attraverso immagini e parole. A conquistare il pubblico con la gentilezza. Questo è il suo romanzo d’esordio, una lettura che vorrebbe regalare speranza tramite una storia.
Un taccuino dimenticato dentro il cassetto della caffetteria in un piccolo borgo, dà il là alla vicenda. È stata una straniera, Ella, a regalarlo al burbero proprietario del locale, Durante.
In quelle pagine ci sono consigli per ritrovare la felicità attraverso piccoli gesti, azioni che per alcuni sono insignificanti, ma di cui Ella conosce il potere salvifico, perché c’è una bellezza irresistibile nel riscoprire la quotidianità. Durante, che l’ha accolta con diffidenza, sembra proprio aver bisogno di dare vita a nuove abitudini per rivedere sotto una nuova luce quelle vecchie, ormai date per scontate. Le piccole avventure di ogni giorno di Durante sono fare una marmellata con le albicocche fresche, organizzare una colazione, guardare insieme agli amici le stelle cadenti a San Lorenzo. Sono piccole cose, ma è lì che possiamo riscoprirci felici.
Un festival della gentilezza si sta svolgendo a Firenze
In questi giorni a Firenze si svolge il Festival dell’Italia Gentile, fino al 5 novembre, tra Palazzo vecchio, i quartieri, i musei, nelle piazze, nelle scuole, nei parchi.
Iniziative, tavole rotonde, concerti, laboratori ed eventi diffusi per grandi e piccoli, con accesso libero e gratuito e alcuni fruibili in diretta streaming dai canali ufficiali del Comune, permetteranno di approfondire il tema della gentilezza come valore nei più diversi ambiti: dal mondo dell’economia e dell’impresa a quello di salute, benessere, educazione, dialogo interreligioso, arte, cultura e ambiente.
È la terza edizione e prova a raccontare e a far vivere la gentilezza in 60 eventi con oltre 100 relatori, dal 30 ottobre al 5 novembre. Con ospiti anche internazionali da Daniel Lumera al teologo Vito Mancuso, Alba Donati, Vivian Lamarque, Franco Arminio, Folco Terzani, Davide Rondoni, lo chef vegetariano Pietro Leemann e il cardinale Giuseppe Betori. Tutto organizzato dal Comune di Firenze con la fondazione MUS.E (Fronte di equilibrio e tolleranza) e insieme all’Associazione My Life Design ONLUS, all’ODV Tutto è vita.
Il progetto MUS.E è un percorso di tre anni dove artisti di varie discipline incontrano e accompagnano il bambino alla scoperta di sé e dell’altro, sperimentando diverse discipline artistiche insieme ai compagni di classe e agli insegnanti. In pratica si parte dalla scuola per recuperare qualcosa che abbiamo in noi ma che stiamo perdendo: la gentilezza, la capacità di essere empatici, di comunicare e capirsi. Il Festival è diffuso nella città toscana e si partecipa gratuitamente.