Reportage: gli alberi di Roma sono monumenti verdi, più di un milione nella capitale
Fondamentali presenze vitali, con significati storici e anche protettivi. Esempi tenaci di bellezza e armonia. Gli alberi di Roma sopravviveranno alla nostra estinzione
Secondo le stime del Servizio Giardini della Capitale sono oltre un milione gli alberi esistenti nella cerchia del Comune di Roma, il Comune più verde d’Europa. Eppure la sensazione dei romani è che ve ne siano pochi e che non siano curati e ben mantenuti. Che siano pochi non è vero, sulla manutenzione possiamo avere delle riserve. Ma curare un milione di piante per 365 giorni all’anno non è una cosa da poco.
La cura del verde di Roma
Oltre a quelli delle ville e dei parchi, gli alberi sono lungo i viali, sul lungotevere, nelle piazze, all’interno degli ospedali, nei cimiteri, nell’orto botanico, nelle Università e nei condomini privati. Quando passeggiamo per la Capitale non guardiamo mai gli alberi. Sono un ornamento cui non prestiamo attenzione ma se a Roma ci sono importanti monumenti storici e architettonici, guardate che gli alberi, almeno alcuni, non sono da meno.
I Ginkgo Biloba resistono all’atomica
In via Terenzio e via Fabio Massimo, a Prati, sono stati piantati anni fa dei filari di Ginkgo Biloba, una pianta che risale anche a 250 milioni di anni fa. Originario della Cina, il cui primo esemplare venne importato a Padova nel 1750 ed ancora è lì, il Ginkgo Biloba può arrivare a 40 metri di altezza ed ha delle foglie a imbuto che prendono un bellissimo colore giallognolo in autunno. Per cui, con la caduta delle foglie, i marciapiedi sottostanti diventano un romantico tappeto giallo. Spesso i giardinieri tendono conto delle diversità cromatiche delle foglie delle piante proprio per abbellire strade, viali e giardini con colori sorprendenti, come il rubino, il rosato, il giallo, il violetto, il blu acceso, il rosso.
Queste piante vennero scelte perché hanno una forte resistenza all’inquinamento atmosferico. Alcuni Ginkgo Biloba ripresero a fiorire un anno dopo il bombardamento atomico di Hiroshima. Hanno quindi una forte vitalità, come le piattole, i topi e i pipistrelli. Probabilmente saranno loro a continuare la vita sulla terra, quando ci saremo estinti, per colpa di noi stessi. Un altro Ginkgo Biloba si trova a Villa Sciarra. Fu piantato nel ‘900 e rilascia frutti da un forte odore nauseabondo. Come avvenga l’impollinazione è un mistero, visto che si trova distante da ogni altro esemplare della sua specie, eppure succede.
Saggi testimoni della storia di Roma
Alberi che hanno visto lo scorrere della storia
Quando era impegnato nella realizzazione della Basilica di Santa Maria degli Angeli, nel 1562, Michelangelo Buonarroti, molto attivo presso la sede papale, piantò quattro cipressi nel chiostro delle Terme di Diocleziano. Presso l’attuale Piazza della Repubblica (o Esedra). Di quei cipressi ne resta uno solo, sorretto da una struttura di ferro, data l’età. Non è l’unico cipresso secolare: nei giardini di villa d’Este e villa Adriana a Tivoli ne possiamo trovare altri.
Il cipresso di Michelangelo ha visto passare secoli di vicende umane, dal sacco dei lanzichenecchi, alla epopea napoleonica, le guerre d’indipendenza, Roma Capitale d’Italia, le due Guerre Mondiali, il Fascismo, il boom economico, i cortei degli anni ’70 e il movimento femminista, il ventennio di Berlusconi. Quante vite, quanti disastri e quanta umanità!
Un altro esponente della storia è la sughera dell’Orto Botanico. Faceva parte di un querceto che dal Gianicolo si estendeva per chilometri. Grazie alla sua corteccia spugnosa ha potuto resistere agli incendi che hanno ucciso altre piante e dal 1883 si trova in zona protetta nell’Orto Botanico. Potrebbe avere anche 600 anni!
Gli stessi anni dell’enorme Quercus Cerris che si trova a Villa Borghese; dove si possono ammirare ancora le Robinie, la Catalpa Bignoides detta anche albero dei sigari, per gli strani frutti che produce e una Paulownia Tormentosa, che risale al 1900, accanto alla fontana di Piazza della Chiesa Nuova. È un albero asiatico che cresce rapidamente. Ha un portamento maestoso, foglie a forma di cuore, verde scuro. I suoi fiori a primavera sono bianchi o lilla e i frutti autunnali, a capsula, hanno colore marrone. Può arrivare a 15 metri.
Ulivi centenari si trovano a Villa Glori. Sui tronchi degli alberi dicono che si possono ancora trovare i segni della battaglia del 1867 combattuta dai fratelli Cairoli, al seguito di Garibaldi, per la liberazione di Roma. Al Gianicolo c’è ormai un residuo di quella che fu la Quercia del Tasso. Il 22 settembre 1842 venne uccisa da un fulmine.
In alcune zone di Roma si trovano anche gli Olmi. Nel 1919 la grafiosi, una peste che attacca questi alberi in particolare, ne uccise la gran parte.
Giganti che ci guardano dall’alto
I più alti e i più ampi, esemplari di alberi giganteschi
Purtroppo queste rarità storiche non sono molto note, il turista e il romano ci passano accanto senza sapere che stanno camminando vicino a un essere vivente che ha secoli e secoli sulle spalle. Al laghetto si trova un enorme Cedro del Libano che ha almeno 400 anni. È l’esemplare più famoso dei tre Cedrus libani. Domina la piazza di viale dell’Orologio, a pochi passi dalla terrazza sul Pincio. Un cartello segnala che l’albero è stato messo a dimora fra il 1852 e il 1854.
Gli altri due sono quello della Villa Magistrale dell’Ordine dei Cavalieri di Malta e infine nel parco di Villa Torlonia. Sono dei giganti con circonferenze dei tronchi rispettivamente pari a 500, 600 e 590 cm. Simbolicamente quest’albero rappresenta la sacralità, la fermezza e l’eternità: il Tempio di Gerusalemme di re Salomone fu edificato proprio con il suo tronco, attingendo dalla grande Foresta dei Cedri di Dio, oggi Patrimonio dell’Unesco.
Il cardinale Scipione Borghese volle, nel 1608, dentro la sua villa, dei platani ornamentali. Sono piante enormi, con foglie molto grandi e capaci di distruggere le pavimentazioni e le mura che trovano vicino alle loro possenti radici. Una Magnolia centenaria venne piantata in via Corsini ed è ancora lì.
All’interno dell’ospedale S. Filippo Neri, nella parte posteriore all’ingresso principale, c’è un esemplare di Carrubbo, originario della Siria. Altra pianta mastodontica, capace di raggiungere i 10 metri di altezza e i 500 anni di vita. I suoi frutti sono chiamati anche Pane di San Giovanni.
Una curiosità: il suo nome deriva dall’arabo “kharrūb” che significa “carato”, probabilmente perché si riteneva che il seme delle carrube avessero sempre lo stesso peso (1 quinto di grammo) e perciò era possibile usarle per pesare l’oro e le pietre preziose. Da qui l’uso del termine carato per definire la qualità dell’oro.
Le Sequoie non sono solo allo Yosemite National Park in California ma anche al Pincio ce ne sono due. Vennero piantate nel 1850 e sono tra le piante più alte di Roma. L’altezza è proprio una caratteristica di questi alberi: nel parco americano vivono sequoie anche di 115 metri. Sono considerati gli alberi più giganteschi del mondo.
Gli alberi arrivati da lontano
Alcune piante sono venute da oltre Oceano
A Roma, proprio sulla scalinata del Campidoglio, c’è una pianta considerata sacra da alcune tribù del Sud America. È un Ombu phytolacca diolca. Una sequoia che fa parte delle memorie volute dal fondatore di Ladispoli, Baldassarre Ladislao Odescalchi, fin dal 1911, a ricordo dei legami profondi dell’Italia con i suoi figli emigrati in Argentina. Nel paese sud americano viene chiamata comunemente Ombù, albero dell’ombra, perché è sempre verde. Il tronco accumula moltissima acqua e cresce tanto ma questo romano è stato potato in maniera da non potersi elevare troppo. Non è l’unico. C’è un gemello al Gianicolo, portato sempre dall’Odescalchi nel 1911, e donato alla Capitale nel 50° dell’Unità d’Italia.
Altra pianta proveniente dall’Argentina è la Ceiba speciosa, nota anche come Chorisia o falso Kapok. Ha una forma singolare che le ha procurato il nomignolo di Palo borracho, albero ubriaco. Dà dei frutti ovoidali con dentro della bambagia utilizzata per i cuscini. Ha un tronco ricco di spine e i suoi fiori ricordano le orchidee, con colori dal fucsia al rosa.
Un’altra pianta che ha trovato ampia diffusione anche in Argentina sono gli eucalipti, originari dell’Australia, dove le foglie della specieeucaliptosassisono l’alimento unico dei koala. Spesso utilizzati nelle estancias (fattorie) della Patagonia come frangivento. Invece quelli che si trovano a Casalotti, in un’area dell’Ente Nazionale per la Cellulosa e la Carta, fin dagli anni ’50, facevano parte di una sperimentazione per avere materia prima per la produzione della carta. Sono eucalipti, pioppi e pini americani, tutti alberi grandissimi e a crescita veloce.
Ossigeno vitale
L’ossigeno con cui respiriamo è un prodotto di scarto delle piante
Gli alberi sono testimoni del presente e del passato, amici secolari che ci proteggono. Esempi della energia vitale della Terra. Respirano, si nutrono, crescono e si riproducono, proprio come ogni altro essere vivente. Anzi la vita esiste anche grazie alla loro presenza. Senza di loro sulla Terra, per noi, sarebbe stato impossibile esserci. Le specie vegetali forniscono l’ossigeno per cui riusciamo a respirare e sono una componente fondamentale della catena alimentare e di sostentamento per gli esseri viventi dell’intero pianeta.
Grazie alle piante si riesce a contrastare il riscaldamento climatico. Le foglie assorbono l’anidride carbonica e incamerano inquinanti come ozono, ossidi di idrogeno e biossidi di zolfo. Puliscono l’aria rilasciando ossigeno. In altre parole l’ossigeno che tanta importanza ha per noi, è un prodotto di scarto delle piante! Anche la termoregolazione dell’ambiente si deve all’azione preziosa delle piante. Senza di loro il calore della temperatura aumenterebbe vertiginosamente.
Ci proteggono, ci guidano, ci ispirano
Grazie agli alberi che assorbono le sostanze nocive delle piogge e rilasciano acqua pulita ci sarebbe più inquinamento. Si deve alle loro radici che trattengono il terreno se possono rallentare o bloccare le frane. Altrimenti ci sarebbero più smottamenti e fenomeni erosivi con dissesti idrogeologici. Non curare i terreni di montagna, disboscare grandi aree con incendi dolosi o con interventi speculativi, è alla base dei tanti disastri cui assistiamo ogni anno quando cadono le piogge e non c’è più niente a proteggere i terreni. Sono un elemento essenziale per la vita di molte specie animali e hanno significati simbolici e spirituali per molte società e culture umane.
Sono infiniti i significati simbolici che abbiamo attribuito agli alberi, dal melo cui Eva raccoglie il frutto proibito e cambia il destino dell’umanità. Molte piante sono simboli messi sulle bandiere degli Stati. I filari di pioppi che delimitano i viali di campagna sono simboli di un paesaggio agreste impresso nei nostri cuori. Così come i cipressi che adornano le strade della Val d’Orcia e i confini dei cimiteri. Il platano sotto il quale Socrate e Fedro discutono usando il celebre dialogo “platonico”.
Estirpare un albero significa cancellare una parte di memoria dell’umanità che in molti casi non tornerà più. Ogni tronco, ogni ramo e persino ogni foglia, con il suo ciclico assecondare le stagioni, vanno indietro nel tempo, in età che non possiamo ricordare o immaginare. Come gli altri alberi millenari, testimoni di epoche in cui l’uomo non c’era.
Il futuro del verde nelle metropoli
Con l’aumento della popolazione mondiale che fine farà il verde?
Nel 2050 si prevede che il 70% della popolazione mondiale vivrà in città o comunque in aree fortemente urbanizzate. Dobbiamo evitare, e sono sicuro che dovrà essere così, che la deforestazione e il disconoscimento della funzione essenziale delle piante, segnino le tendenze dello sviluppo dell’uomo nel prossimo futuro.
Lo sviluppo delle nostre città dovrà seguire le idee fondamentali dell’ecologia urbana. Pianificare in modo diffuso e omogeneo la presenza di alberi e altre specie verdi nella progettazione cittadina, permetterebbe di mantenere le funzioni ecosistemiche degli alberi stessi a nostro grande vantaggio.
Al contempo aiuterebbe anche a proseguire nella valorizzazione di alcuni aspetti cruciali per la vita in città: l’arredo urbano gradevole, la pulizia dell’aria costante, il mantenimento della biodiversità, un paesaggio rilassante e piacevole. Molto possono fare in questo senso le amministrazioni incaricate di pensare il nostro modo di vivere e abitare nel prossimo futuro. Molto possono fare anche gli elettori che quelle amministrazioni eleggono a ogni turno elettorale. D’ora in avanti non sarà più tollerabile che i problemi ambientali siano disconosciuti o trascurati dalla politica. Ne va del nostro futuro e di quello dei nostri figli.
Pianificare il verde urbano con lungimiranza è diventato un obbligo
Nel recente passato molte di queste piante, specie spesso anche esotiche, sono arrivate da paesi lontani, altre sono più endemiche e conosciute, ma comunque tutte sono state piantate senza tenere troppo conto dello sviluppo urbano e delle conseguenze. Come si fa per i giardini, piantare alberi lungo le strade cittadine è una cosa che va pensata nel lungo periodo. Bisogna prevedere quello che accadrà ai marciapiedi e all’asfalto nei prossimi anni. Se pianti i platani lungo un viale devi prevedere che le sue radici sventreranno il manto stradale e le piastrelle dei marciapiedi, oscureranno la vista dei palazzi, attraverso i quali i rami cercheranno di farsi largo per arrivare ai raggi di sole.
Gli alberi hanno tutti esigenze diverse, se si vogliono mantenere sani e vegeti, esigenze che vanno considerate nel momento in cui vengono scelti per ornare un viale, un giardino, una piazza. Necessitano di luce e acqua ma anche di cure contro i parassiti e i funghi e devono essere potati con scadenze precise, pena la loro pericolosità per il traffico, le persone e per la loro stessa salute.
Gli alberi, le piante hanno una sensibilità
Sono esseri viventi con sensibilità e reazioni incredibili
Sono in tutto e per tutto esseri viventi in grado di percepire i cambiamenti ambientali e di reagire ad essi. Non possono scappare come gli animali, di fronte a un pericolo, ma possono attuare strategie difensive molto efficaci. Noi abbiamo il cervello e un sistema nervoso centrale in grado di funzionare con i nocicettori. Un neurone sensoriale che risponde a stimoli innocui o dannosi inviando segnali al midollo spinale e al cervello. Le piante hanno invece dei meccanocettori che consentono loro di avvertire tutto quello che accade all’esterno della loro corteccia e dei loro rami. Ci sono piante che ritraggono le loro foglie se vengono toccate (Mimosa pudica), altre le carnivore, che le chiudono bloccando l’insetto che hanno attratto, per potersene cibare (la Sarracenia o la Drosera).
Le piante ci sentono, ci parlano, ci subiscono
Le piante possono cambiare la propria chimica o rilasciare odori per allontanare un insetto pericoloso (basilico). Vi sono piante in grado di attirare invece gli insetti con degli odori appropriati. La ricerca scientifica ha dimostrato che le piante possono riconoscere la presenza dell’uomo ed essere sensibili alla nostra voce.
Non so se farà piacere ai vegani ma le verdure di cui si cibano per salvare la vita degli animali, sono anch’esse esseri viventi dotati di sensibilità. In base ad uno studio della Royal Horticultural Society si è potuto dimostrare che le piante sottoposte a un contatto uditivo con la voce umana crescevano più rapidamente di altre non sensibilizzate. Le piante possiedono oltre 15 sensi che le pongono in contatto con l’ambiente esterno e chi lo abita. Emettono frequenze elettriche che non possiamo vedere o percepire, se non con strumentazioni particolari.
Addirittura si è riusciti a dimostrare che le emissioni elettriche delle piante, trasformate in onde sonore, diventano suoni con armonie musicali. Un dispositivo che si chiama Plants play permette di ascoltarle. Una ricerca questa sul mondo verde che andrebbe approfondita ulteriormente, perché è un po’ come cercare altri pianeti e altre forme di vita nello spazio, ma facendoci conoscere qualcosa e qualcuno che è molto più vicino a noi e più utile!