Revenge porn, striscia a fumetti sul caso della maestra d’asilo di Torino
Torino, siamo negli anni ’20 ma del nuovo secolo: novembre 2020, questo caso di revenge porn ci ha fatto fare un salto all’indietro
L’ennesimo caso di violenza sulle donne che ha avuto come protagonista una maestra d’asilo, colpevole solo di aver inviato foto intime su una chat privata, quella di una persona di cui si fidava.
Torino, siamo negli anni ’20 ma del nuovo secolo. E’ novembre 2020, ma è come se avessimo fatto un salto temporale all’indietro, ritornando al secolo scorso. Infatti, oltre alla presenza delle moderne tecnologie che permettono di scambiarci file di ogni tipo, l’idea della donna come oggetto da esporre, permane. O meglio, l’idea del sesso femminile come simbolo di qualcosa di inferiore, un qualcosa che non ha diritti e può essere usato a proprio piacimento. Una rappresentazione della femminilità che più di cento anni fa si cercava già di sdoganare, a cominciare dai primi movimenti di rivolta come quelli delle suffragette.
La colpa della maestra non c’è
Oggi, nonostante gli altrettanti movimenti femministi e non che si sono succeduti negli anni, un’istituzione scolastica si permette di licenziare una maestra. La sua “colpa” è quella di aver mandato delle foto e un video ad un uomo con cui si frequentava. Da quella chat, questi contenuti hanno fatto un giro infinito, finendo nelle mani di più di una persona e passando per numerose conversazioni tra cui una in particolare, sicuramente presente negli smartphone di moltissima gente. La famosa “chat del calcetto” (o di qualsiasi altro sport di squadra). E’ proprio qui che il revenge porn prende vita.
Questa parola inglese, che ha molti può sembrare strana, è un termine che da qualche anno sta facendo il giro del mondo e non che prima eventi del genere non fossero successi. E’ solo da pochi anni che si è cominciato a realizzare che la violenza non è solo fisica. Dal 2019 infatti è stata introdotta una legge contro questo tipo di atti, entrata in vigore il 9 Agosto 2019 con il nome di “codice rosso”.
La legge contro maltrattamenti, stalking e violenza sessuale
Quest’ultima prevede l’introduzione di una corsia veloce per denunce o casi di questo tipo, allunga i tempi della denuncia da sei a dodici mesi e inasprisce le pene per maltrattamenti, stalking e violenza sessuale. Infine introduce alcuni reati tra cui, appunto il revenge porn (o vendetta porno) il cui intento è proprio quello di umiliare la vittima, tramite la diffusione di immagini e video contro la sua volontà.
Da una parte è un sollievo sentire che finalmente questa forma di violenza è considerata reato ma dall’altra, potrebbe scioccarci tutto il tempo che ci è voluto per rendere effettiva la legge: 2019, all’alba degli anni ’20 del 2020. Troppo tempo. Ebbene, nonostante tutto ciò, un anno dopo ritorniamo alla nostra vittima: la maestra, additata da alcune mamme degli alunni come “una poco di buono che insegnando, non può permettersi di mandare immagini intime a qualcuno” e che “dà il cattivo esempio ai nostri figli” è riuscita a riottenere il posto di lavoro, vincendo contro chi l’ha giudicata.
Un’educazione corretta è necessaria
Il licenziamento è stato un gesto sbagliato che non ci si aspetterebbe da chi deve educare i nostri figli. Perché di questo stiamo parlando: la colpa non è di chi subisce una cosa del genere ma di chi la fa, di soggetti diseducati a cui è stato insegnato che usare “corpi” che non ci appartengono, che siano digitali o in carne ed ossa, è giusto. Che una persona che si espone a gente di cui si fida “se l’è cercata”. Questa vicenda ci fa capire che tutto parte da una corretta educazione, quella che dovrebbe essere rivolta soprattutto alle nuove generazioni, specialmente per non fare gli sbagli del passato. Cosa più fondamentale: la maestra è un essere umano e il sesso fa parte della nostra natura.
Articolo di Marta Giorgi, disegni di Chiara Giorgi
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