Riaperture, Regioni in pressing: e Draghi evoca il “gusto del futuro”
Non servono le ricette di Speranza, ma una prospettiva di speranza: come l’ipotesi del Ministro Gelmini di un automatismo per ripartire laddove i numeri miglioreranno
Riaperture sì, riaperture no, riaperture forse. Torna il leitmotiv del momento e, come da copione, tutte le posizioni sono più o meno rappresentate all’interno dell’esecutivo Draghi. A oggi è ancora presto per dire quale prevarrà alla fine, però ci sono dei segnali: che vanno – finalmente – in direzione dell’auspicata ripartenza.
Il pressing sulle riaperture
«Non riteniamo né utile, né scientificamente plausibile stabilire oggi che per tutto aprile non si possa parlare di riaperture. Decidere oggi, 30 marzo, che se ne riparla a maggio è sbagliato».
Così il segretario del Carroccio Matteo Salvini ha stroncato le indiscrezioni secondo cui il nuovo Dl Covid non prevederà zone gialle per un altro mese. Spronando al contempo a inserire nel Decreto «la previsione che, se i dati miglioreranno dopo Pasqua, nelle zone sotto controllo si possa dar corso a riaperture».
L’idea era già stata formulata da Maria Stella Gelmini, Ministro azzurro per gli Affari regionali. La quale, pur sottolineando che «fino al 15-20 aprile ci vorrà ancora molta attenzione», aveva ipotizzato «un automatismo per prevedere aperture mirate».
Un’istanza, per inciso, ben diversa dall’interpretazione che ne hanno dato gli intelliggenti con-due-gi, che l’hanno spacciata per richiesta di un “liberi tutti” indiscriminato. Tanto che il Capitano ha potuto evidenziare come questa visione rispecchi quella espressa dal Premier Mario Draghi nel recente vertice con gli enti locali.
«Bisogna cominciare ad aver di nuovo il gusto del futuro» ha affermato l’ex Governatore della Banca Centrale Europea davanti al pressing aperturista delle stesse Regioni. Aggiungendo che «la campagna vaccinale sta migliorando» e «le dosi in arrivo dovrebbero essere più che sufficienti per raggiungere l’immunità per il mese di luglio».
Coraggio, allora, signor Presidente! Ricordi che gli Italiani la osservano, restando in fiduciosa attesa del tanto agognato cambio di passo.
Una prospettiva di speranza
Per ora, comunque, la svolta non appare imminente. Prova ne è l’ultima ordinanza del Ministro nomen omen della Salute Roberto Speranza, in teoria finalizzata a risolvere il caso sollevato da Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi. Che aveva segnalato l’incongruenza tra il non potersi spostare dal proprio Comune e il poter viaggiare oltreconfine, «mentre l’85% degli alberghi italiani è costretto a restare chiuso».
Un paradosso in grado di mettere in ginocchio il turismo italiano, anche per via delle misure anti-Covid meno rigide applicate da Paesi come la Spagna. Come hanno denunciato non solo le associazioni di categoria, ma anche il Governatore piddino dell’Emilia-Romagna e Presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini.
Di fronte alle polemiche, da via Lungotevere Ripa hanno pensato male di disporre un doppio tampone e 5 giorni di quarantena per i vacanzieri esteri. In pratica, un divieto di espatrio occulto, concettualmente simile all’obbligo mascherato di vaccinazione imposto qualche tempo fa dal Vaticano. Un divieto stabilito, oltretutto, a pochi giorni dalle partenze pasquali, in barba all’impegno di comunicare i provvedimenti con largo anticipo. Nonché all’evidenza che chi si era già organizzato lo aveva fatto a rigor di legge.
Tanto per dire che l’eventuale, agognata sterzata non potrà non costituire un’inversione a U rispetto alla linea “rigorista” personificata dal Ministro più nefasto del Governo. D’altronde, come ha dichiarato la Gelmini, «occorre dare ai cittadini una prospettiva di speranza». E, tra questa e una prospettiva di Speranza, c’è un abisso.