Riduzione dell’orario di lavoro: una opportunità per il settore trasporti e il sindacato
Esperimenti condotti in Spagna, Regno Unito e Islanda hanno dimostrato che una riduzione dell’orario porta benefici tangibili
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Stazione Termini Roma
Il dibattito sulla riduzione dell’orario di lavoro sta entrando nel vivo anche in Italia, con una proposta di legge che punta a sperimentare la settimana lavorativa di 32 ore senza riduzione salariale. Un cambiamento che potrebbe ridefinire il concetto stesso di produttività e benessere lavorativo, ma che avanza anche interrogativi sulla sostenibilità economica per imprese e lavoratori.
Affrontiamo il tema con Pietro Serbassi, segretario generale Fast Confsal.
“Perché ridurre l’orario di lavoro? Perché i dati internazionali parlano chiaro”
“Per il settore dei trasporti e della mobilità – spiega Serbassi – questa discussione assume un peso particolare: gli orari di lavoro prolungati, il carico di stress e l’impatto sulla qualità del servizio sono questioni che il sindacato FAST-Confsal denuncia da tempo, avanzando proposte concrete per un miglioramento delle condizioni di lavoro.
L’Italia è tra i Paesi europei con il più alto numero medio di ore lavorate settimanalmente: 33 ore contro una media UE di 30. Se si guarda a realtà come Germania (26 ore) e Paesi Bassi (28 ore), emerge un dato fondamentale: meno ore di lavoro non significano meno produttività.
Esperimenti condotti in Spagna, Regno Unito e Islanda hanno dimostrato che una riduzione dell’orario porta benefici tangibili. Per esempio:
Maggiore produttività grazie a un miglior equilibrio tra vita privata e professionale.
Riduzione dello stress e aumento della motivazione.
Benefici ambientali dovuti alla minore mobilità per il pendolarismo.
Nel settore dei trasporti, la questione diventa ancora più urgente. I lavoratori ferroviari, ad esempio, affrontano turni prolungati e irregolari, con un impatto significativo sulla loro salute e sulla qualità del servizio. Uno studio dell’Università di Bologna del 2021 ha evidenziato come i lavoratori della mobilità siano tra i più esposti a esaurimento fisico ed emotivo, con conseguenze dirette sulla loro sicurezza e su quella degli utenti”.
Il caso specifico del trasporto ferroviario: perché tornare alle 36 ore settimanali
“Come FAST-Confsal – continua il segretario generale – abbiamo una proposta chiara per il settore ferroviario: ripristinare le 36 ore settimanali medie mensili nel CCNL Mobilità Area AF.
Questa richiesta si basa su due punti fondamentali:
Un ritorno all’equilibrio precedente: le 36 ore settimanali erano già un parametro sostenibile per i lavoratori del settore ferroviario, bilanciando esigenze operative e qualità della vita. L’aumento a 38 ore era stato accettato come compromesso per la creazione del CCNL Unico della Mobilità, un progetto che non si è mai concretizzato. Ora, senza quell’accordo, non c’è alcuna ragione per mantenere un carico orario più alto.
Un impatto positivo su salute e sicurezza: turni prolungati e stress elevato peggiorano la qualità del lavoro e aumentano il rischio di incidenti. Ridurre l’orario settimanale migliorerebbe le condizioni psicofisiche dei lavoratori, con benefici anche per il servizio offerto agli utenti”.
L’opportunità economica: sostenibilità e produttività
“Una delle critiche principali alla riduzione dell’orario riguarda la sostenibilità economica: ci chiedono come si può lavorare meno, mantenendo gli stessi salari, senza mettere in difficoltà le aziende?
La risposta sta in un approccio graduale e intelligente:
🔹 Sperimentazione settoriale: il passaggio a 36 ore potrebbe avvenire in fasi progressive, permettendo alle aziende di adattarsi senza traumi.
🔹 Migliore organizzazione del lavoro: ridurre l’orario non significa lavorare meno, ma lavorare meglio, con una gestione più efficiente delle risorse umane.
🔹 Incentivi economici temporanei: la proposta di legge prevede un esonero contributivo fino a 8.000 euro annui per lavoratore. Se gestito correttamente, questo aiuto può facilitare la transizione, ma non deve diventare un sussidio permanente: nel tempo, la maggiore produttività dovrà garantire la sostenibilità del sistema”.
Una riduzione oraria per tutti? La questione dei settori a turnazione continua
“Un altro dei nodi più complessi riguarda i settori in cui il lavoro non può essere interrotto, come il nostro, il trasporto pubblico, la logistica e il settore manifatturiero. In questi ambiti, ridurre l’orario senza una corretta pianificazione rischia di portare a contraccolpi negativi, come:
Aumento dei ritmi di lavoro per compensare le ore mancanti.
Maggiori costi per le aziende, che potrebbero ridurre le assunzioni.
Calo della qualità del servizio, a discapito degli utenti.
Per evitare questi problemi, è fondamentale un approccio basato su:
Una riorganizzazione dei turni che garantisca la continuità del servizio senza sovraccaricare i lavoratori.
L’assunzione di nuovo personale per coprire eventuali necessità operative.
Un confronto continuo tra sindacati e aziende, per trovare soluzioni sostenibili”
Un’opportunità per il sindacato: costruire un nuovo modello di lavoro
“Il ruolo del sindacato in questa trasformazione – assicura Serbassi – non può essere marginale. La riduzione dell’orario di lavoro non deve essere un’imposizione calata dall’alto, ma un processo negoziato tra lavoratori, aziende e istituzioni.
Come FAST-Confsal, riteniamo che il dibattito su questa proposta sia un’occasione per ridefinire il concetto di lavoro in Italia, puntando su:
Un equilibrio tra produttività e qualità della vita.
E un modello di lavoro più flessibile e sostenibile.
Un approccio graduale, che coinvolga tutti gli attori del settore.
Il CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) dovrebbe essere il luogo naturale per sviluppare e monitorare questa sperimentazione, garantendo il coinvolgimento diretto delle parti sociali.
Lavorare meno per lavorare meglio
“La riduzione dell’orario di lavoro è un obiettivo complesso, ma è anche un’opportunità. Se gestita correttamente, può portare benefici tangibili per i lavoratori, per le aziende e per il sistema economico nel suo complesso. Nel settore dei trasporti, il ritorno alle 36 ore settimanali per i lavoratori ferroviari è una richiesta concreta e sostenibile, che risponde a una necessità reale e può rappresentare un primo passo verso un modello di lavoro più equo.
Per il sindacato – conclude Pietro Serbassi – questa è una battaglia che va oltre il semplice numero di ore settimanali: è una questione di dignità, salute e futuro del lavoro in Italia. Ed è una battaglia che siamo pronti a combattere, con responsabilità e pragmatismo”.