Rischio denatalità, tra vignette e welfare: una dissonanza…”sterile”
Una insuperabile dissonanza con lo sterile invito governativo a favorire l’incremento demografico ha il sapore di una colossale presa in giro
Ad acutizzare il dilemma sociale del calo delle nascite nel Belpaese e alle conseguenze che detta diminuzione genera sul fronte della sostenibilità del sistema italiano di protezione sociale, è sopraggiunta la satira al vetriolo verso il ministro Lollobrigida costituita da un paio di vignette provocatorie pubblicate su un noto quotidiano, volte a sconfessare la portata discriminatoria dell’espressione sostituzione etnica da lui utilizzata nel presumibile tentativo di generare maggior senso di preoccupazione nella collettività italiana.
Sostituzione etnica e denatalità: una visione superficiale
Ovvero, a tale ultimo proposito, secondo una corrente di pensiero nazionalista un po’ risalente attribuita a tale Sig. Kalergi, ci sarebbe da ritenere che sia in atto da lungo tempo un piano d’incentivazione all’immigrazione verso l’Europa da parte di africani e asiatici volto al preciso scopo di sostituire progressivamente la popolazione di nascita europea.
A parte l’effettiva comicità della locuzione, un timore di questo tipo denota una preoccupante superficialità e uno scarso senso di osservazione della realtà economica e sociale: perché non dire che soltanto gli extracomunitari sono ormai disposti a sacrificarsi svolgendo i cosiddetti “lavori umili” ma faticosi (come domestiche, muratori, imbianchini, camerieri), fermo restando che la loro inclinazione a fare più figli è ancora connaturata nelle loro mentalità come lo era in Italia ormai diversi decenni fa?
Quanto alle donne italiane, fermo il dato della faticosa responsabilità morale e materiale che comporta la crescita dei figli, ancora una volta deve essere posto l’accento sulla oggettiva difficoltà di conciliare il lavoro con la famiglia per totale incuria da parte dello stato sociale nel mettere a disposizione aiuti di natura strutturale e non occasionale per la gestione coordinata dei tempi e dei modi di organizzazione della vita dei genitori e dei bambini.
La mancanza di sostegno statale alla maternità
Ovvero, se in generale tutte le aziende non chiudono mai prima delle 17:30-18:00 e non esistono scuole pubbliche che restano aperte non oltre le 16:30, come possono fare una madre o un padre a organizzare il rientro a casa dei figli? Almeno uno dei due dovrà chiedere il part time che, com’è noto, riduce drasticamente ogni possibilità di guadagno e allora, guarda caso, chi si dovrà sacrificare sarà quasi sempre la malcapitata madre.
E’ quindi evidente che, in mancanza di sostegno pubblico e di eventuali aiuti familiari, nessuna donna è disposta a rinunciare alla propria indipendenza economica, più che mai legittima in un’epoca in cui le incertezze determinate da guerre, cataclismi naturali e pandemie non offrono nessuna garanzia di stabilità, né per sé, né tantomeno per i possibili figli che diventano un progetto quasi impossibile da realizzare.
Emergenza denatalità e peso fiscale
Anche perché, ad oggi, è opinione collettiva quella secondo cui il fatto di avere figli è considerato un gesto individuale da parte di quelle donne (beate loro?) che sono però tenute ad apparire perfettamente in grado di gestirsi da sole perché, diversamente, al primo lamento, la secca risposta è “perché li hai fatti (i figli?)”; questa insuperabile dissonanza, palesemente contraddittoria con lo sterile invito governativo a favorire l’incremento demografico ha il sapore di una colossale presa in giro.
E’ evidente che la mancanza di un’occupazione sicura, di un reddito adeguato e di una stabile abitazione influisce sulla scelta di diventare o meno genitore, ma la cecità del politico italiano sempre sciatto e l’egoismo sociale che “bastona” le famiglie con figli, fa sì che una popolazione sempre più anziana e con meno nascite, facendo aumentare i costi dei sistemi sanitari e previdenziali, priva di contribuenti addossando alla fiscalità generale che non potrà più progressivamente sopportare.