Ristoranti, quanto contano per noi le recensioni sulle guide online
Se si accettano le regole del mercato si accettano i complimenti e le critiche. Il cuoco deve saper come rispondere, cortesemente, a una protesta
Parliamo di recensioni e guide partendo da un caso di attualità. Questa volta lo scenario è un ristoratore di Perth in Australia e il mondo della gastronomia britannica. Una guerra stupida, insensata, dalle due parti. Sarebbe ora di deporre le armi dell’ideologia e parlarsi onestamente e su basi scientifiche.
Un altro capitolo in questa stupida guerra tra vegani e onnivori è scoppiato a causa di uno chef britannico, star della BBC con il programma di gastronomia Great British Menu, che ha bandito i clienti vegani dal proprio ristorante, dopo una loro recensione negativa.
Si tratta di John Mountain, titolare di Fyre of Connolly, un ristorante di lusso a Perth, nel nord dell’Australia. Come si legge su Perthnow, un sito on line della città australiana, lo chef ha bandito per sempre i clienti vegani e in seguito a ciò pare abbia ricevuto un sostegno schiacciante da parte del pubblico carnivoro. Nelle sue dichiarazioni lo chef ha detto che gli viene quasi da piangere nel vedere tanto sostegno attorno a sé. “Le prenotazioni hanno sfondato il tetto, l’affetto delle persone è stato travolgente, anche un collega è venuto apposta ad abbracciarmi.” Ha affermato John, intervistato dal quotidiano australiano.
Le regole sui pregi e difetti sono in mano ai privati
“Sai sempre quando hai un vegano nel tuo ristorante perché ti diranno 17 volte che sono vegani prima ancora di mettere piede nella sala“, ha detto John Mountain. La polemica è iniziata dopo che una commensale vegana ha lasciato una recensione protestando sui difetti in cucina dello chef.
In un post su Facebook, John ha rivelato che la ragazza lo aveva contattato e gli aveva chiesto se c’erano opzioni vegane, e lui le aveva detto che avevano gnocchi, verdure e… basta.
Tuttavia John si è dimenticato della richiesta della donna.
Il giorno seguente, la cliente ha lasciato una recensione negativa online, poiché ha spiegato di aver pagato 32 dollari per avere solo un piatto di verdure. “Penso che al giorno d’oggi sia incredibilmente importante che i ristoranti possano accogliere tutti e non servire veri pasti a base vegetale mostra tutte le tue carenze come chef”, ha scritto la donna in un messaggio diretto al ristorante: “Se non sei al passo con i tempi, non ho fiducia che lo sarà il tuo ristorante”.
Lo chef non ha accettato la critica e ha risposto alla cliente bandendo lei e tutti i vegani dal suo ristorante. “I vegani/vegetariani, sono una minoranza molto esigua, soprattutto nei sobborghi settentrionali, io cerco di accontentare tutti gli altri – ha scritto Mountain – grazie per la sua recensione negativa… si senta libera di condividere la sua pessima esperienza e non vedo l’ora di non vederla più. Tu e tutti i tuoi amici vegani potete andare a godervi i vostri piatti in un altro locale. Ora siete banditi”, si legge su Mailonline, una rivista australiana in rete.
Alla risposta dello chef è seguita una vera e propria battaglia a colpi di recensioni tra carnivori, che attribuivano al ristorante il massimo del punteggio su Google Reviews, e i vegani, che tenevano i voti bassi.
Le non ragioni dell’uno (chef) e dell’altra (cliente)
Premetto che non sono vegano e non mi stanno simpatici quelli che pretendono di imporre con intolleranza e violenza le proprie convinzioni, siano essi cattolici, protestanti, islamici, vegani o altro. Ognuno ha diritto a sostenere le proprie idee e i propri punti di vista ma nel rispetto reciproco e esponendole nel dialogo tra persone civili, senza offendere e possibilmente portando prove concrete delle tesi che sostiene, cosa che quasi mai succede. Se un cliente non rimane soddisfatto della cucina di un ristorante è legittimato a dirlo.
Il cuoco potrà rispondere con altrettanta libertà e cortesia. Nella fattispecie la cliente parte dalla considerazione che un ristorante moderno debba soddisfare tutte le esigenze dei clienti, anche vegetariani o vegani. Si sbaglia di grosso. Un ristorante che abbia una sua precisa identità: vegano, endemico o tradizionale, cinese, giapponese, carne alla brace, pesce, gourmet, osteria, tavola calda e quanti altri ne volete, dichiara in anticipo la sua idea di cucina e se non ti attira non ci vai. Ma non puoi chiedere allo chef di adattarsi alle tue singole esigenze.
Il ruolo dei siti di recensione e delle guide non è sempre limpido
D’altro canto esprimere un parere critico su un ristorante e la sua cucina oggi, con siti di recensioni come Tripadvisor e simili, può determinare un punteggio negativo e incidere sugli affari dell’azienda. Non ci si può fare nulla. Se si accettano le regole del mercato si accettano i complimenti e le critiche. Il cuoco deve saper come rispondere, cortesemente, a una protesta. È accaduto che in passato siano state mosse critiche pretestuose a ristoranti e dietro si è scoperto che c’era la mano di concorrenti invidiosi. Questo è un limite delle piattaforme private, senza un adeguato controllo pubblico onesto e leale.
Viviamo in questo mondo imperfetto e una critica può danneggiare un’azienda e il lavoro di molti. Bisognerebbe evitare che enti privati abbiano questo potere, come le guide con le loro forchette, stelle, cappelli e i loro consigli, in grado di spostare i clienti e determinare successi e insuccessi. Chi ci dice che dietro i pareri non ci siano tangenti? Se non paghi parlo male di te. Grave ma ci potrebbe stare.
La reazione ad escludere, da parte dello chef, comunque non è mai la migliore, se fatta per ripicca. A meno che uno non lo sostenga prima. Nel mio ristorante non ci sono piatti per vegani, le nostre pietanze possono contenere sempre cibi derivati da animali. Questo taglia la testa al toro.
Il cliente NON ha sempre ragione
Una questione simile, anche se leggermente diversa, è quella che sostiene un amico chef, fautore di una gastronomia tradizionale, che si basa sul fondare la propria proposta su cibi nazionali, su pietanze tipiche, su un menu rigorosamente rispettoso della storia di un territorio. Se un cliente si presenta con velleità di cambiare questa proposta, modificando la tipologia delle pietanze, le cotture, chiede abbinamenti con bevande inadeguate, come le bibite zuccherate e gassate al posto di vino, birra e acqua, lo chef gentilmente lo avvisa che qui si mangia secondo la tradizione e non secondo le sue scelte.
In altre parole, il cliente non ha sempre ragione, se non sa mangiare bene e in maniera salutare ne ha il diritto ma lo può fare al McDonald più vicino. Questo vuol dire che al McDonald si mangia male? Si vuol dire questo. Lo dicono decine di ricerche effettuate sul junk food che se utilizzato come dieta permanente può alterare gli equilibri salutari di una persona fino a farla ammalare. Un oste ha lo stesso diritto del cliente di proporre la sua cucina senza compromessi. Riceverà in cambio più clienti di quanti ne perde, credetemi, e la sua sarà una cucina piena di soddisfazione.
Da una recensione negativa ne è seguito un successo
Paradossalmente infatti da una recensione negativa ne è uscita fuori una campagna positiva per il signor Mountain e il suo ristorante, quasi una liberazione. “Purtroppo per i vegani, questo è stato il miglior marketing che mi sia mai capitato, grazie mille, grazie vegani“, ha detto, poi ha aggiunto che “Secondo me il 99% degli chef di tutto il mondo odia i vegani. Sono dei rompicoglioni che non si accontentano mai.”
Elizabeth Peasley, capo chef e proprietaria del Two Dogs Laughing Cafe a Beaconsfield di Freemantle, Australia, ha affermato che mentre i vegani sono una base di clienti importante e in crescita, “possono essere un gruppo appassionato con il potenziale per distruggere un’azienda“. Questo è un caffè che serve una cucina fusion, con particolare attenzione agli ingredienti locali.
Ha un ambiente dog-friendly, che lo rende un luogo popolare sia per gli umani che per i loro amici a quattro zampe. Il design degli interni è eclettico, con mobili mescolati insieme e un’atmosfera funky e artistica e ci sono molte opzioni vegetariane e vegane nel menu. Forse più per paura che per convinzione?
La gente comincia a essere stanca di queste guerre ideologiche
Secondo lo chef Mountain i vegani agiscono come un’accolita di bulli che tentano di imporre le loro visioni del mondo quasi come una setta di fanatici, raggiungendo anche livelli di minacce e di violenze verbali inaccettabili. La gente comincia a capire e questi atteggiamenti non sono più consentiti. Un altro chef di Perth ha avvertito che i vegani puntano a distruggere le attività di chi non la pensa allo stesso modo loro.
Chiamano assassini chi cucina carne e chiamano cadaveri le pietanze con agnello o manzo. Mountain ha citato l’esempio dell’attivista vegana Robyn Lawley di New York che ha avvertito un proprietario di un ristorante che se avesse continuato con la cucina tradizionale avrebbe chiesto a ogni vegano di commentare negativamente sulla pagina del ristorante. Si chiamano minacce mafiose, ricatti, per nulla diversi da quelli che faceva Messina Denaro ai suoi compaesani.