Rivoluzione automotive, Federmanager: “Sì, oppure perderemo 60.000 posti di lavoro”
Le esigenze dell’industria italiana ai tempi della rivoluzione dell’automotive. Federmanager ha illustrato le novità in un convegno
E’ previsto per il 2035 lo stop alle auto diesel e benzina. Una questione che probabilmente non riguarda principalmente la condivisione delle ragioni che portano alla rivoluzione del settore automotive. Quanto piuttosto, alla comprensione dell’impatto di una scelta del genere.
Gli effetti sul sistema industriale italiano
Questo cambiamento sta portando effetti sul sistema industriale italiano ed è necessario innanzitutto un approfondimento sul ruolo delle imprese dotate di management, non tralasciando la formazione di nuove competenze professionali.
Se ne è parlato in un incontro, volto a presentare i nuovi modelli di mobilità, guida autonoma, digitalizzazione ed elettrificazione che stanno pian piano espandendosi modificando l’apparato sorganizzativo e tecnologico delle imprese del settore automotive. Un settore, da sempre traino dell’industria italiana.
Il convegno, in partnership con AIEE, “La rivoluzione dell’automotive. Le ricadute sul sistema industriale italiano e il ruolo delle imprese e del management” e ha voluto approfondire il 5° rapporto sull’energia”.
Per l’occasione tra gli altri, sono intervenuti Mario Cardoni, Direttore Generale Federmanager; Sandro Neri, Past President Commissione energia Federmanager; Stefano Cuzzilla, Presidente Federmanager e Giovanni Battista Zorzoli, Presidente Aiee.
Presente all’evento di Federmanager anche il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.
Un appuntamento per parlare della necessità di creare dimensioni aziendali tali da gestire tecnologicamente ed economicamente una transizione che richiede efficaci misure pubbliche per le imprese piccole e medie. Misure che si traducono in aggregazioni, consorzi e acquisizioni di imprese piccole da parte di quelle più grandi. Una modalità già adottata dal governo tedesco.
Abbiamo intervistato il Past President Commissione energia Federmanager, Sandro Neri per una più approfondita disamina.
“L’Italia non può fare una strategia di retrovia, soprattutto nei confronti dei grandi Paesi Europei” – ha detto Neri – “La scelta è stata già fatta. La strada è quella dell’automobile elettrica. Come ha ricordato il presidente Stefano Cuzzilla, ritardare l’avvio di questa trasformazione in Italia perché siamo indietro, significa rimanere ancora più indietro.
Noi non abbiamo più in Italia un’industria automobilistica nazionale, ma abbiamo un parco di sub fornitori di piccole e medie imprese che sono per il 20% dipendenti dalla Germania. Se queste non si trasformano, adattandosi al mercato elettrico, perderanno queste scommesse con la Germania”.
Questo comporterebbe un problema occupazionale, stimabile in quali cifre secondo lei?
“Se non si va in questa direzione si avrebbe un grosso problema occupazionale. In Italia si pensa di perdere 60.000 posti di lavoro in questo comparto”.
Quali sono rischi e opportunità di una sfida così delicata, ma al contempo fondamentale?
“La sfida è quella della trasformazione delle nostre imprese verso l’elettrico. Il rischio è quello di rimanere indietro. Come diceva anche il presidente Stefano Cuzzilla, l’opportunità sta nel trasformare un comparto di fatto asfittico di piccole e medie imprese, ricostituendo dei consorzi, delle aggregazioni. Al convegno erano presenti membri di UNEM, l’associazione di Confindustria avente all’interno anche Eni che si occupa di combustibili low cabon, questi combustibili biologici.
Sono quelli che potranno consentire di arrivare a questa transizione in maniera ecologica, salvaguardando l’ambiente. Andranno tra l’altro a rifornire il mercato estero: India, Pakistan, Afghanistan e altri Paesi dell’Africa, per fare qualche esempio. Ci sarà bisogno di utilizzare ancora per il momento, in questo passaggio, i motori endotermici tradizionali. L’opportunità è quella di sviluppare queste tecnologie”.
Trasformazione possibile quindi. Entro quale data?
“Se noi accendiamo le tv, vediamo già ora alcuni spot che ne parlano. Prendiamo ad esempio quello della Mercedes. Nello spot si sente dire che nel 2030 l’azienda venderà solo macchine elettriche. Prima arriviamo, prima anticipiamo questa trasformazione“.
Il tessuto industriale italiano a che punto è?
“In ritardo. Lo ha detto anche il ministro. Se tentenniamo ancora perderemo ancora tempo. Certo non si può effettuare una transizione così, dall’oggi al domani. Va pianificata per evitare che non ci siano effetti negativi, con perdite importanti di posti di lavoro. Il ministro ha parlato del 2026 come data nella quale sarà portata a revisione la clausola degli accordi. Si cercherà di operare compatibilmente con le esigenze italiane ed europee. Il mercato estero però ha già deciso”.