Rivoluzione verde, continuando così l’unica sarà quella stile gilet gialli
L’IPCC delira di 1.000 miliardi l’anno contro il climate change, mentre la Bielorussia minaccia di interrompere le forniture di gas. Maria Antonietta non ha insegnato niente?
E, dunque, sulla cosiddetta “rivoluzione verde” è esplosa la bomba della crisi dei migranti alle frontiere orientali del Vecchio Continente. Due temi apparentemente distinti, ma in realtà legati a doppio filo. Un filo che assomiglia sempre più a quello del rasoio – anche se non nel senso che intendono gli eco-catastrofisti.
Il “solito” allarmismo affermazionista
«I costi di adattamento» ai cambiamenti climatici «sono considerevolmente più elevati di quello che si stimava precedentemente». Lo ha scritto l’Intergovernmental Panel on Climate Change nella bozza del report annuale atteso per l’inizio del 2022 e visionato in anteprima dall’Agence France-Presse. Report in cui l’ente dell’Onu per il clima azzarda che da qui al 2050 potrebbe essere necessario spendere fino a 1.000 miliardi l’anno.
Più precisamente, l’IPCC sostiene che l’acclimatazione (è il caso di dirlo) richiederà bilioni, non più i miliardi di cui si discute al vertice scozzese Cop26. Che ormai ricorda più che altro una specie di asta. Venghino siori venghino, chi offre di più?
Rialzi oltretutto inutili perché, se anche le istituzioni internazionali triplicassero gli zeri, non influenzerebbero il Sole né i mutamenti dell’orbita e dell’asse terrestre. I quali, come abbiamo più volte argomentato, assieme al vulcanismo sono i veri regolatori di quello che è semplicemente il sistema più complesso del pianeta. E su cui l’uomo, secondo un luminare del calibro di Antonino Zichichi, incide al massimo per il 10%.
Al solito, quindi, l’allarmismo affermazionista serve solo a fornire un pretesto per le folli misure propedeutiche alla moda del momento, la cosiddetta “transizione ecologica”. Che churchillianamente si potrebbero anche tradurre come lacrime, sudore e sangue.
La vera “rivoluzione” verde
Un esempio tra i più fulgidi (si fa per dire) è l’European Green Deal lanciato in estate dalla Commissione Ue. Che è alla base del caro carburante, del caro energia e, di conseguenza, dei rincari delle bollette e del crollo del potere d’acquisto. E non è finita qui.
La tempesta perfetta si avvicina infatti dall’Est, da quella Bielorussia accusata di ammassare migranti sul confine polacco per fare pressione (anche) politica sull’Europa. Che dal canto suo paventa nuove sanzioni legate anche alle violazioni dei diritti umani da parte del Governo di Minsk. Violazioni che, a quanto pare, sono comunque a senso unico alternato.
Basti considerare quanto è accaduto a margine del meeting di Glasgow. Dove è stato chiesto all’ex Segretario di Stato americano John Kerry dello sfruttamento di schiavi da parte della Cina nella produzione dei pannelli solari. «Lo sappiamo» la sconcertante risposta dell’inviato speciale della Casa Bianca per il clima, «ma non è di mia competenza». Forse, dopotutto, anche tra i diritti umani ve ne sono orwellianamente alcuni “più uguali di altri”.
Chiusa parentesi, sta di fatto che il Presidente-dittatore della Russia Bianca Aleksandr Lukashenko non pare incline a genuflettersi a Bruxelles. «E se noi interrompessimo il transito di gas diretto all’Europa?» ha minacciato.
Risposta: il già intollerabile aumento dei prezzi subirebbe un’ulteriore impennata. E dalla rivoluzione verde si passerebbe verosimilmente a una rivoluzione di colore diverso, tipo il giallo dei gilet che per mesi hanno tenuto sotto scacco la Francia. Forse, alla fin fine, Maria Antonietta e le brioches non hanno insegnato proprio niente.