Roma, al Ghione torna dopo 38 anni “La Ciociara”
A distanza di 38 anni dal primo allestimento , Caterina Costantini torna con “La Ciociara”, dal 9 al 12 novembre al Teatro Ghione in anteprima nazionale
A distanza di 38 anni dal primo allestimento datato 1985, Caterina Costantini torna a vestire i panni di Cesira in “La Ciociara”, dal 9 al 12 novembre nella splendida cornice del Teatro Ghione in anteprima nazionale.
Accanto a lei la giovanissima Flavia De Stefano al suo debutto teatrale nel ruolo di Rosetta. Nel cast anche Lorenza Guerrieri, Armando De Ceccon, Vincenzo Bocciarelli, Vincenzo Pellicanò e Marco Blanchi, protagonisti di una storia che ha segnato la letteratura del secondo novecento.
La Ciociara, l’adattamento dell’opera di Moravia
Tratto dal romanzo di Alberto Moravia con l’adattamento teatrale di Annibale Ruccello e la regia originale di Aldo Reggiani, la Ciociara è la storia della bella vedova Cesira che ha un negozio di alimentari in vicolo del Cinque, nel quartiere romano di Trastevere, lasciatole in eredità dal vecchio marito, e di sua figlia, la tredicenne Rosetta, con cui decide di lasciare Roma per la Ciociaria, sua terra d’origine, quando, dopo la caduta del fascismo e l’armistizio dell’Italia con gli Alleati, la città è occupata dai tedeschi e oggetto di ripetuti bombardamenti.
Dedita alla borsa nera, semianalfabeta, Cesira arriverà attraverso le vicissitudini del viaggio, l’esperienza di sfollata, l’amicizia con l’intellettuale antifascista Michele e l’evento drammatico dello stupro su sua figlia da parte di soldati marocchini, se non a una vera e propria coscienza sociale a una più adulta consapevolezza della propria responsabilità personale.
La guerra e tutto il suo orrore va in scena
Riproporre oggi la Ciociara in teatro significa ripercorrere la memoria di un incubo che al risveglio lascia l’amaro in bocca ma soprattutto un senso di profonda solitudine. Commenta il regista in proposito della scelta artistica di portare in teatro l’incubo vissuto dalla Ciociara: « Riproporre oggi La Ciociara in teatro per me significa ripercorrere la memoria di un incubo che al risveglio lascia l’amaro in bocca, un senso di solitudine; lo spettacolo inizia con un “Dopo”.
«Dopo» continua Aldo Reggiani «quando l’acutezza delle sensazioni che si provano durante l’emergenza finisce e la piccola vita tutti i giorni frantuma l’esistenza in mille piccole fastidi, chi ha come Cesira vissuto un ritorno alle origini solide e contadine della propria cultura, non potrà più adattarsi e sarà condannata alla solitudine. Ecco allora affastellarsi nella mente i ricordi, le persone, gli episodi di un’odissea che culmina con l’episodio dello stupro della figlia Rosetta».