Roma. Difficile trovare casa? I costruttori dell’Acer battono cassa
Il presidente dell’Associazione paventa “conseguenze sempre più gravi”, ma l’obiettivo sono i fondi pubblici
C’è un’emergenza abitativa, a Roma? Certo che c’è. Ed è altrettanto certo che finora non si sia fatto abbastanza, da parte delle Istituzioni, per affrontarla appieno. Tra patrimonio pubblico malgestito, occupazioni illegali non perseguite, e pantani pluridecennali di inefficienza e corruzione, una requisitoria sul tema avrebbe solo l’imbarazzo della scelta.
Lascia un po’ perplessi, però, che a puntare il dito sulle difficoltà di trovare un alloggio adeguato e a prezzi accessibili sollecitare sia l’Acer. Ovvero, per chi già non lo sapesse, l’Associazione dei Costruttori Edili di Roma e provincia. Ente che esiste da settant’anni e che aggrega “oltre tremila imprese”, come si legge sul sito, e che grazie a esse “rappresenta [nella provincia] una realtà imprenditoriale storicamente molto radicata ed economicamente rilevante”.
La ‘denuncia’, chiamiamola così, è arrivata nell’ambito del convegno ‘Politiche dell’abitare a Roma”, che si è svolto ieri al Tempio di Adriano. E che ha fissato queste cifre: 57mila famiglie coinvolte, oltre 10mila richieste di sostegno all’abitare, di cui solo quattromila soddisfatte, diecimila nuclei in attesa di un alloggio di edilizia residenziale pubblica e oltre 90 stabili occupati da almeno duemila persone. E ancora, più di novemila sfratti emanati, di cui 3.200 eseguiti, e oltre 7.500 persone senza fissa dimora.
Case a Roma: la “soluzione” ACER
A fronte di tutto questo, il presidente di Acer, Nicolò Rebecchini ha tracciato un quadro a tinte particolarmente fosche: “I numeri sono allarmanti, tra incremento esponenziale degli sfratti per morosità, nascita di alloggi di fortuna, baraccopoli, occupazioni abusive, allargamento delle liste per la sovvenzionata e flussi migratori in costante aumento”. Tutto questo, ha proseguito Rebecchini, dà luogo a “una situazione che genera un crescente conflitto sociale che non si ferma al fenomeno delle occupazioni, ma alimenta una profonda situazione di insicurezza e precarietà”. Riflessioni corrette, ci mancherebbe, ma a fornirne la vera chiave di volta sono le conclusioni. “Eppure, davanti a un quadro così inquietante da anni non si vede un’adeguata reazione delle istituzioni”.
Traduzione: mettete mano al portafoglio, egregi amministratori pubblici, e investite massicciamente. Nuove costruzioni, recupero di quelli già esistenti ma in cattive condizioni, e quant’altro si possa immaginare. Capitali che ovviamente andrebbero, per lo più, alle imprese rappresentate dalla stessa Acer.
Rebecchini si atteggia a sociologo e paventa il peggio: “È una questione sociale – preconizza – che nel suo continuo degenerare potrà portare a conseguenze sempre più gravi”.
Ma c’è un piccolo dettaglio. Non è sociologia: è business.