Roma è la città più verde d’Europa ma i romani non lo sanno
La Capitale è il comune più verde e più agricolo d’Europa. Nella sua area operano 26 aziende agricole, con oltre 50 mila ettari coltivati. L’estensione del verde di ville e giardini rappresenta il 67% del territorio comunale: 85 mila ettari sui 129 mila totali
Pochi sanno che Roma è il comune più verde e quello agricolo più grande d’Europa, sia per estensione, 63 mila ettari, che per quantità e qualità dei prodotti agricoli, con le sue 26 aziende che operano in questo settore sia coltivando ortaggi e legumi, sia allevando animali. Quando si pensa Roma si fa riferimento alla metropoli, alle antichità, ai monumenti, alle sue bellezze artistiche.
Non solo Roma, lo scambio del verde tra Città-Campagna risale al medioevo
La presenza di una produttività agricola in città è un’enorme ricchezza per i suoi abitanti. Poter integrare aspetti diversi come la difesa del suolo, dell’ambiente, la vivibilità urbana, la qualità degli alimenti con la opportunità di posti di lavoro qualificati, l’accoglienza, l’educazione ambientale, l’innovazione e l’integrazione sociale, è qualcosa di unico nel panorama delle capitali europee, a parte Parigi come vedremo.
Questa interazione così stretta tra città e campagna risale al medioevo. Tutte le città italiane avevano la campagna all’interno e all’esterno del proprio territorio. Ne vediamo un retaggio nei dintorni di Siena e di Firenze e di molti altri centri urbani con una storia medievale alle spalle. Anche Palermo era circondata da aranceti poi andati distrutti dalla cementificazione.
A Siena c’è un famoso quadro di Ambrogio Lorenzetti, nella Sala della Pace, del Palazzo Pubblico. È diviso in tavole che rappresentano, tra gli altri, gli Effetti del buon governo in città e in campagna. Risale al 1338-39. S’intende benissimo, dalle raffigurazioni medievali, che la ricchezza della città dipende dall’efficienza della produzione in campagna e viceversa.
Quando la periferia urbana si integra con la campagna non la elimina
Oggi le cose sono diverse, ovviamente, ma questo rapporto città-campagna può essere ancora determinante per una vita più sana e più equa, se la relazione con la campagna da parte dei cittadini non è di bieco sfruttamento o di incomprensione ma di mutua assistenza ed equilibrio.
Le città si espandono sempre a danno della campagna, le periferie diventano degli assembramenti di cemento, il verde sparisce e ne risente la qualità stessa della nostra vita. Quando invece c’è equilibrio in questo rapporto, la campagna non sparisce ma si integra con le abitazioni, con le villette a schiera, con le strade che portano in centro. I mercatini, i negozi, i collegamenti rendono più facile la vita degli abitanti e i contadini stessi lavorano entro l’area urbana, che lascia loro ampi spazi di verde.
Lo scambio con la campagna porta vantaggi ai cittadini
La campagna è il mondo che dà da vivere ai cittadini, la città è il luogo dello scambio commerciale, della produzione della ricchezza degli artigiani, che lavorano nelle varie arti come succedeva allora e ancora oggi, in parte, succede.
Sarebbe auspicabile, anche perché in controtendenza con le politiche di omogeneizzazione della grande distribuzione, che i prodotti agroalimentari biologici delle aziende prossime alla città, sostituissero quelli importati da distanze considerevoli e con prezzi e qualità non adeguati, dei supermercati. Se non possiamo sostituirci alla grande distribuzione possiamo però farle concorrenza con la qualità dei prodotti e la biodiversità che loro non considerano.
La produzione agricola concorre in questo caso alla formazione dell’economia cittadina, assieme alla difesa delle biodiversità e alla produzione di tanti alimenti a km 0, che vengono poi commercializzati nei vari mercatini. Un comparto economico che sviluppa oltre mezzo milione di euro, secondo dati del 2021 e che andrebbe incrementato.
Roma, per esempio, ha 144 mercati rionali che potrebbero essere una forte concorrenza al “modello supermercato”.
Il progetto Agrifood 2020-30: rendere Roma più verde e fertile
I mercati rionali sono diventati i luoghi in cui si sviluppano i banchi della solidarietà e dei servizi di smaltimento di plastiche, oli esausti e rifiuti. Il progetto Agrifood Roma 2030, si propone di ridurre l’uso dei terreni e gli sprechi per prevenire la desertificazione. Che non è un deserto di sabbia che si sostituisce ai campi di grano ma rendere un terreno non più fertile con un eccessivo sfruttamento chimico delle aree coltivate.
Al tempo stesso poi, questa integrazione città campagna, cerca di sostenere chi si vuole affacciare nel mondo dell’impresa agricola, negli ultimi anni particolarmente gettonato. Basta pensare che a Roma ci sono circa 26 aziende agrituristiche e che 7 di queste sono nate negli ultimi anni.
Agrifood Roma 2030 vuole attrarre investimenti nell’area urbana e rurale da istituzioni e operatori privati. Delineare una strategia sul rapporto della città con il cibo, inteso come sistema complesso che coinvolge i diversi aspetti dalla produzione, alla trasformazione, al consumo del prodotto, significa occuparsi non solo del diritto alla nutrizione della salute o del tema dello sviluppo economico, ma anche della valorizzazione della filiera agroalimentare, dell’identificazione di una food policy per Roma e della promozione di specificità territoriali legate al cibo.
Il lavoro agricolo porta occupazione e riscoperta dei valori umani
Questo enorme patrimonio è un grande valore per la città: la storia recente ci offre esempi significativi di Cooperative agricole costituite per lo più alla fine degli anni Settanta, quando un folto gruppo di disoccupati, studenti, contadini, occuparono circa tremila ettari sia nell’area Metropolitana che nella Regione.
Il risultato di quelle iniziative è un unicum nell’agricoltura urbana e non; quelle iniziative hanno portato alla creazione di centinaia di posti di lavoro anche per persone diversamente abili.
Intervenire a salvaguardare l’agricoltura, lo si capisce bene alla luce dei disastri ambientali che avvengono adesso con inondazioni, frane e siccità, non ha solo un valore centrale per la ripresa economica, per il risanamento dei debiti, ma pone una barriera alla devastazione del territorio e alla salvaguardia dell’ambiente.
Il lavoro in campagna è un elemento prezioso per l’occupazione giovanile ed anche una riscoperta dei valori umani fondamentali di sacrificio, di conoscenza, di solidarietà e di rispetto per l’ambiente.
Mettere l’uomo al centro delle politiche economiche e non il profitto
Dobbiamo invertire la tendenza che ci porta sempre più a distruggere e consumare il suolo, per realizzare periferie dormitorio, simboli di segregazione culturale e di emarginazione. Se le nostre periferie urbane fossero prolungamenti residenziali in funzione della vita e della produzione agricola, come si può ammirare in altre città che hanno conservato questa filosofia, tanti problemi di gestione dell’urbanesimo si potrebbero superare.
Per fare questo occorre cambiare mentalità. Come sempre bisogna porre l’uomo e le sue esigenze al centro del nostro progetto di economia e non il profitto. Costruire palazzi a risparmio fa incassare molti soldi ai costruttori ma crea emarginazione, sub cultura, delinquenza e disoccupazione.
Comunità agricole, orti, frutteti, vigne, allevamenti di animali domestici, attività dell’indotto agricolo come vivai, produzione di attrezzi da lavoro, riparazioni, mercati, laboratori di analisi creano un tessuto umano e sociale che elimina i problemi delle periferie. Sono politiche di indirizzo che si possono attuare, con il tempo, e sono in grado di dare risultati incredibili.
Anche Parigi vuole diventare una capitale agricola
Uno degli assunti del sindaco Anne Hidalgo è che “possiamo fare di Parigi una capitale agricola”. Una cooperativa agricola municipale che può garantire alla capitale francese l’approvvigionamento di prodotti freschi è qualcosa di molto concreto, e vede già al lavoro un team di esperti, riuniti nell’organizzazione Paris en commune.
L’obbiettivo è razionalizzare il sistema rurale che rifornisce la città, per produrre con modalità biologiche e a costo zero, 30 milioni di pasti all’anno di cui 22 destinati alle scolaresche, ma ci sono anche le stazioni di polizia, gli ospedali, i centri anziani, che attualmente costano all’amministrazione 55 milioni di euro destinati agli acquisti alimentari.
Pasti peraltro di qualità garantita perché realizzati a partire da prodotti coltivati in modo sostenibile, sul territorio locale e in collaborazione con giovani realtà contadine e sindacati agricoli, che l’amministrazione si impegna a sostenere.
La Cooperativa Du Champ a l’assiette (dal campo alla tavola), nasce sotto il controllo di Agri Paris, società che mette insieme pubblico e privato, con l’obiettivo di razionalizzare il sistema rurale che rifornisce la città, e così i servizi che l’amministrazione garantisce ai cittadini nei luoghi pubblici. È un modello imitabile da parte di Roma che già gode di una realtà privilegiata in tale senso, grazie alla sua storia gastronomica e alle sue aziende agricole.
Un patrimonio di ville e giardini che viene dalla storia
Un contributo importante alla salvaguardia del verde è dato da Roma Natura, un ente pubblico che dal 1997 si occupa di gestire e tutelare le aree verdi di Roma. Pensiamo Roma sempre come una città caotica, nella quale l’inquinamento, il cemento e i parcheggi hanno via via sottratto verde alle aree circostanti. Eppure la città conserva una serie di aree naturali che la portano ad essere anche il comune con maggiore presenza di verde attrezzato. Anche nelle periferie e in molte zone esterne il Grande Raccordo Anulare, ci sono zone ricche di parchi. Sono oltre 16.000 gli ettari di natura protetta con riserve e monumenti, ville con boschi, stagni, con una ricca varietà di selvatici.
Una camminata nel verde di Roma diventa un’escursione nella storia della Capitale: dal Rinascimento nel giardino di Villa Medici, al Barocco nei giardini di Villa Borghese, al Neoclassicismo nel parco all’inglese di Villa Torlonia, al Novecento nel giardino di piazza Mazzini di Raffaele De Vico, fino ad arrivare al Contemporaneo con i giardini dell’Eur.
Il verde pubblico all’interno del tessuto urbano è composto dai parchi urbani, dalle ville storiche, dai giardini pubblici, dalla aiuole e dalle zone verdi di arredo per un totale di 3.932 ettari.
Un altro primato di Roma sono gli 85.000 ettari di verde
Non ci sono quindi solo Villa Borghese, Villa Pamphili, Villa Ada, Villa Celimontana ed altre ancora. Ville storiche, molte delle quali nacquero come tenute di campagna, con ampie aree dedicate alla caccia, proprietà di famiglie nobili romane che tra i propri membri hanno avuto papi e cardinali. Grazie a questa eredità, Roma non ha eguali al mondo, non solo per bellezze storico-archeologico, paesaggistiche ed architettoniche ma anche per estensione e varietà del verde che rappresenta il 67% del territorio comunale ovvero 85mila ettari sui 129 mila totali.
Ci sono anche aree marine protette, come ad esempio anche le Secche di Tor Paterno, situata tra Ostia e Torvaianica, affidata e gestita da Roma Natura.
Le grandi riserve naturalistiche rientrano nelle responsabilità di Roma Capitale anche se poste al di fuori del GRA. Ci sono 18 aree protette: la Riserva di Castel Fusano, dell’Insugherata, della Marcigliana, il Parco di Vejo ed ancora il Parco del Pineto, la Valle dei Casali, la Tenuta dei Massimi e la Riserva di Monte Mario. Un delle più grandi è la Decima Malafede, con i suoi 6.000 ettari di foreste e campi che si estendono dalla Cristoforo Colombo fino a Pomezia. Sul litorale poi c’è la famosissima Riserva di Castelporziano, in parte aperta al pubblico.