Roma è uno Zoo: 40 specie di mammiferi, 16 di rettili, 10 di anfibi, 121 di uccelli
Il National Geographic ha pubblicato, tempo fa, un bel reportage fotografico che documenta questo straordinario patrimonio di biodiversità che resiste a Roma
A Roma ci sono 40 specie di mammiferi, 16 di rettili, 10 di anfibi, 5.200 di insetti e oltre 121 specie di uccelli, oltre al bioparco (zoo). Solo che i primi sono liberi e felici, soprattutto i gabbiani e i cinghiali, tra i più recenti ad insediarsi.
Un tempo si sapeva che a Roma c’erano tanti gatti, che svolgevano un proprio servizio nel tenere lontani i topi dai mercati. Anche i cani hanno da sempre diritto di accesso in città, essendo animali domestici impiegati per varie incombenze: fare la guardia (Cave canem), andare a caccia, di compagnia, fino ai cani poliziotto e ai cani guida per ciechi. Poi c’erano i piccioni che vivevano stabilmente in alcune piazze, coccolati dai turisti, forse ignari delle malattie che quei volatili, più simili a topi che a uccelli, possono trasmettere.
Adesso la presenza dei gabbiani e di alcuni rapaci ne ha ridotto il numero. Ovviamente poi c’erano i topi, i simpatici compagni della civilizzazione umana, che non smettono di proliferare nelle aree abitate, sia urbane che di campagna. Ci sono stati anche i cavalli ma ormai le botticelle non ci sono più e anche a Capannelle non ci sono gare come un tempo e i cavalli se ne sono andati da Roma. Le pecore invece si trovano ancora, nelle aziende agricole del Parco della Caffarella!
Il casale centrale del Parco è il complesso della Vaccareccia, che occupa una superficie coperta di 3200 mq, situato amministrativamente nel territorio dell’XI Municipio, è in parte utilizzato per l’allevamento di ovini (3 greggi di pecore per un totale di circa 1000 capi che pascolano nella valle) e la produzione di formaggio pecorino e ricotta.
Dai gatti ai cinghiali, passando per topi, piccioni e gabbiani
Passando gli anni però la fauna si è di molto arricchita. Sono arrivati i gabbiani. Hanno abbandonato la costa di Fiumicino per trascorrere le giornate in riva al Tevere. Ma non sono i pesci il loro obbiettivo, bensì la spazzatura che gli uomini lasciano incustodita nei cassonetti, dove ancora non c’è la raccolta differenziata. Di seguito sono arrivati a folate di stormi gli uccelli di passo, che volteggiano in cielo disegnando geometrie incredibili ma nel contempo imbrattano le auto parcheggiate sotto gli alberi nei viali. Un guano che corrode e distrugge la carrozzeria delle auto.
Infine è venuto il momento dei cinghiali. Branchi di cuccioli e scrofe scorrazzano per le strade di Roma Nord, a caccia di immondizia incustodita, offerte dei passanti, qualsiasi cosa possa aiutarli a riempire lo stomaco: Ovviamente un conto sono i topi e i gabbiani o gli storni e un altro sono dei bei cinghialoni da 100-150 Kg che attraversano gli incroci in fila indiana.
Tutti gli animali che vivono a Roma
In generale il comune di Roma stima che sul suo territorio siano presenti: 40 specie di mammiferi, 16 di rettili, 10 di anfibi, 5.200 di insetti e oltre 121 specie di uccelli. Il National Geographic ha pubblicato, tempo fa, un bel reportage fotografico realizzato da Alberto Cambone e Roberto Isotti che documenta questo straordinario patrimonio di biodiversità che resiste a Roma. Non cercano parchi e ville, che a Roma sono abbondanti, avendo 131,7 mq di verde procapite, no.
Sono attratti dai terrazzi e dai tetti del centro gli uccelli e dalle strade periferiche i cinghiali. Mentre i gatti si concentrano nelle aree di scavo, come il Foro Romano, quelli di piazza di Torre Argentina, i cortili dei palazzi o i giardini del Verano, dove si stimano almeno 400 felini randagi, assistiti dall’associazione onlus Animal Welfare.
Ai gabbiani non fa bene vivere nel centro storico
La sensazione ormai che alcune specie abbiano stabilmente occupato delle precise zone cittadine perché fonte inesauribile di cibo. È il caso dei gabbiani reali mediterranei (Larus michahellis) che lentamente si sono spostati dalla costa e hanno di fatto spodestato i piccioni nel dominio del cielo aereo di Roma. Negli ultimi anni si sta rischiando addirittura il sovrappopolamento, a causa dello stazionamento prolungando dell’immondizia nelle strade della Capitale, che rappresenta un facile bottino per i gabbiani. L’unico modo per governare il fenomeno è provvedere a una raccolta più veloce ed efficiente. Nella speranza che i volatili tornino alle loro antiche usanze.
Erano belli al tramonto sul mare. Invece… Una mia zia che abita all’ultimo piano di una palazzina in centro, aveva fatto amicizia con un gabbiano. Non era di sicuro Livingstone. No, era molto più prosaico. Cercava del cibo e da bere. Mia zia glielo forniva in due bacinelle sull’ampia terrazza e più o meno alle 8 del mattino, lui arrivava, da solo, per la colazione. Questo per dimostrare come noi siamo portati ad avere simpatia per queste creature, dimenticando le leggi della natura e la loro stessa salvaguardia. Ai gabbiani non fa bene vivere in città.
Non fa bene a nessun selvatico in verità. Il suo posto sarebbe nella natura selvaggia, lontano da via del Corso e dagli scarichi delle auto e dei riscaldamenti. Fare di tutto perché se ne vadano è quindi agire per il lor bene come specie, anche in vista di un equilibrio ecologico da salvaguardare. Che tornino a pescare in mare il loro cibo preferito!
I cinghiali sono a Roma, a Berlino, a Madrid e a Varsavia
Secondo i dati dell’osservatorio dell’ Associazione Sostenitori ed Amici della Polizia Stradale, (Asaps) e l’Istituto per la protezione e la ricerca ambientale(Ispra), oltre un milione di cinghiali vagano per le montagne e le campagne d’Italia, distruggendo i raccolti e provocando un incidente stradale ogni 41 ore.
La colpa è della repentina urbanizzazione. Le aree abitate si sono espanse a danno dei boschi e delle campagne. Si tagliano alberi, si cementifica, e gli spazi per i selvatici si riducono sempre di più. Mentre si riducono i loro spazi alcune specie di animali però aumentano di numero. È il caso dei cinghiali che non hanno più o quasi più il predatore che ne conteneva il numero, ovvero il lupo grigio e l’orso. Queste specie predatorie sono state reinserite da qualche anno ma vivono nei parchi mentre i cinghiali infestano anche i boschi a valle e gradiscono visitare le aziende agricole e le strade cittadine proprio grazie alla spazzatura che possono facilmente incontrare lungo i marciapiedi.
Molti esperti si trovano d’accordo sul fatto che la ragione di una cosi massiccia presenza dei cinghiali sia da attribuire al ripopolamento della specie avvenuto dopo la seconda guerra mondiale. La caccia aveva ridotto ai minimi termini la popolazione di questi mammiferi, nacquero quindi parecchi allevamenti con lo scopo di salvaguardare i cinghiali rimasti e contemporaneamente vennero introdotti altri esemplari provenienti dall’est Europa.
La conseguenza di questo sostanzioso ripopolamento ha prodotto un incrocio che ha sostituito il vecchio cinghiale autoctono (di modeste dimensioni e peso tra i 50 /60 kg) con esemplari ben più grandi e prolifici. Questi nuovi ibridi partendo dall’Appenino centrale con il passare del tempo si sono spinti sempre più a valle arrivando alle porte di Roma in cerca di cibo.
Una presenza familiare in oltre 100 città italiane
Ormai i cinghiali sono una presenza familiare in 105 città italiane. Onnivoro per eccellenza, grazie all’olfatto e al forte grugno trova cibo sopra e sotto il terreno, scavando grandi buche. Si nutre di frutti, tuberi, funghi, insetti, lumache, lombrichi, serpenti e animali morti. Preda anche i piccoli di lepre, conigli e uccelli che fanno le tane nel terreno. Si ciba anche di ghiande che però costituiscono la dieta principale di roditori come gli scoiattoli e la piccola fauna vertebrata.
In città saccheggiano i rifiuti, seminano il panico nel traffico, provocano incidenti o più banalmente si concedono un bagno fresco nelle fontane romane, sembrano essersi abituati anche alla presenza umana tanto da non essere più intimoriti dal traffico delle zone più centrali e caotiche.
Vive fino a 25 anni e si riproduce in fretta
Essendo un animale molto opportunista, che può vivere sino a 25 anni, il cinghiale ha approfittato dello spopolamento delle campagne e del declino dei lupi, per espandersi in tutto l’arco appenninico. La stessa cosa è accaduta in altre capitali europee, sempre in seguito all’aumento della loro popolazione e alla diminuzione degli spazi boschivi.
Secondo dati Ispra, la popolazione italiana di questi suini è raddoppiata nel periodo 2010-2020 – da 500 mila esemplari a 1 milione – arrecando diversi problemi economici e di sicurezza. I danni descritti riguardano gli incidenti stradali che, come è già successo, hanno provocato vittime sia tra loro che tra gli automobilisti e quelli all’agricoltura, ma non mancano anche danni alla biodiversità dei boschi. Il cinghiale è una specie infestante. Oltre un certo numero di esemplari non c’è da discutere, vanno abbattuti. La sovrappopolazione arreca danno anche a loro stessi.
Per contenere il numero dei cinghiali ci sono varie forme di abbattimento
Un metodo di contenimento consiste nell’installazione di trappole per la cattura di uno o più esemplari. Questa pratica viene delegata spesso agli agricoltori delle zone interessate e una volta catturati, gli individui vengono abbattuti e la loro carne venduta dietro controlli sanitari. La carne di cinghiale che trovate a volte nei ristoranti non pensate che venga dagli abbattimenti saltuari. Assolutamente.
Per motivi di controllo sanitario viene importata tutta dall’Est dove vi sono allevamenti enormi che servono proprio per questo. Una volta ho visitato in provincia di Siena un allevamento modello italiano. C’erano migliaia di cinghiali divisi per età e lasciati bradi nel bosco recintato. Solo se gli animali sono seguiti, monitorati e certificata la loro salute, si possono macellare e vendere la loro carne. Altrimenti sarebbe proibito.
Un’altra strategia riguarda l’implementazione della caccia. Su questo tema, però, esistono alcune controversie che riguardano il lato utilitaristico. Data la costante progressione in numero dei cinghiali nonostante l’attività venatoria, alcuni pensano che questa non solo non sia la soluzione al problema ma che addirittura lo intensifichi. Si tratta, però, di opinioni non supportate da dati precisi e anzi, la letteratura in merito sembra affermare proprio il contrario.
Strategie non violente per limitare i danni
Tra le strategie applicabili in città ve ne sono alcune di facile applicazione: a Roma, per esempio, sono state installate reti intorno ai bidoni della spazzatura per dissuadere i cinghiali a cimentarsi in incursioni notturne, mentre in Spagna si è anche optato per recinzioni costituite da piante a loro sgradite.
Alcuni gruppi animalisti, invece, sostengono la sterilizzazione delle femmine attraverso iniezioni di ormoni per evitarne l’abbattimento. Purtroppo si tratta di un approccio limitato da diversi punti di vista: sia logistici sia economici, i costi di iniezione manuale di ciascun esemplare femmina sono proibitivi.
Inoltre, l’effetto del trattamento svanirebbe dopo qualche anno, mentre pensare di somministrare contraccettivi con il cibo risulterebbe molto poco selettivo e dannoso per altre specie animali. Un consiglio però si può dare. Non date loro da mangiare, non assecondateli in nessun modo e se potete cacciarli fatelo, senza correre rischi di essere attaccati a vostra volta e non lanciate loro contro i cani, possono ferirli e sbranarli con facilità se non sono addestrati.