Roma, fermare le auto e far muovere gli immobili
L’incapacità dello Stato di regolare il mercato, unito all’incertezza del diritto, ha fatto sparire dal mercato le case in locazione anche nella Capitale
Roma, la montagna e Maometto
Se la montagna non va da Maometto, cioè non si riesce a sciogliere il nodo del traffico della Capitale, allora si deve muovere Maometto, facendo in modo che le persone, che ogni giorno soffocano nel traffico cittadino smettano di utilizzare le auto.
Basterebbe avere una fitta rete di trasporto su ferro come quella londinese, corredata nei punti di scambio da nodi intermodali ben organizzati. Ma la rete londinese è figlia delle scelte fatte fin dall’inizio dell’era industriale quando, per velocizzare il trasporto delle merci in entrata ed uscita da quella che era la capitale di un Impero, si realizzarono numerose linee e stazioni ferroviarie. In quello stesso periodo storico, come mostrano le vecchie foto Alinari, nelle zone centrali e semi-centrali di Roma, piccola capitale dello Stato Pontificio con poco più di duecentomila abitanti, transitavano ancora le pecore ed il Tevere esondava periodicamente sommergendo il centro.
La rete ferroviaria londinese venne poi incrementata dalle linee metropolitane per sostenere la crescita di una grande metropoli, ma senza dover fare i conti con un centro, come quello di Roma, pieno di monumenti antichi ed un sottosuolo costellato di tesori archeologici che emergono ancora oggi ad ogni scavo. Realizzare una rete analoga a Roma sarebbe ormai proibitivo e richiederebbe comunque decenni. Bisogna dunque pensare a soluzioni alternative.
La prima causa del traffico? Gli spostamenti
Nel precedente articolo sul traffico di Roma, abbiamo visto le cause che bloccano la città, suggerendo anche soluzioni coraggiose e provocatorie, fino a ipotizzare l’idea di impedire alle automobili di sostare sulle strade di maggiore flusso o di avvicinarsi al centro della città con meno di due persone a bordo.
Ma resta da trattare la causa principale del traffico cittadino, che è la necessità di spostarsi da una parte all’altra della città. Se non fosse necessario spostarsi per andare a lavorare o gli spostamenti fossero minimi, con distanze brevi da coprire con mezzi di trasporto collettivi ed ecologici, il traffico non esisterebbe.
L’affermazione, ovvia e banale, stride tuttavia con la realtà di enormi masse di lavoratori che attraversano quotidianamente la città per recarsi al lavoro. E persino se funzionassero i Mobility Manager, previsti dalla legge, il loro numero resterebbe elevato. Ma allora perché immaginare un’ipotesi tanto astratta? Semplice: perché l’ipotesi non sarebbe affatto astratta se si riuscisse a intervenire sul mercato immobiliare e sul costo degli affitti.
Prigionieri della casa
Il costo delle case a Roma è elevato (per non parlare di Milano, altra città soffocata da traffico e smog) e i pochi alloggi presenti sul mercato sono in periferie estreme o hanno prezzi inavvicinabili. Se il canone d’affitto costa poco meno del mutuo di una casa in periferia, alla fine si sceglie di comprare casa, ovviamente nelle zone meno servite, ma da quel momento il nucleo famigliare diventa “prigioniero” della casa che cristallizza il luogo di residenza.
Una volta comprata casa nella periferia, lontano da linee di trasporto veloce – come avviene quasi sempre per trovare prezzi abbordabili – se un membro della famiglia trova lavoro in un’altra zona della città, è costretto a prendere l’automobile per raggiungere il luogo di lavoro, finendo nella trappola del traffico cittadino o, peggio, a bruciare molte più ore di vita su mezzi pubblici disagevoli. Se, come nel caso di Roma, il 65% delle famiglie abita in case di proprietà (nel 1965 era il 34%) la frittata è fatta e il fenomeno del traffico diventa irrisolvibile.
Cultura della proprietà e mobilità
Sia chiaro, il problema non è solo figlio dell’assenza pluridecennale di una seria politica pubblica sulla casa, che ha favorito la speculazione fondiaria e provocato un inarrestabile fenomeno di abusivismo edilizio (quello che ha fatto salire il numero dei piccoli proprietari residenti nelle periferie), ma anche di una cultura, molto diffusa in Italia, che vede nella casa di proprietà un importante “bene rifugio” e un punto di sicurezza e di stabilità famigliare.
Tuttavia, se il mercato offrisse molte case in affitto a prezzi ragionevoli, come avviene in molte metropoli straniere ed avveniva anche a Roma negli anni ’60, sarebbe possibile, quantomeno per i giovani e le giovani coppie, aumentare la flessibilità nella scelta del luogo dove risiedere al variare del luogo di lavoro e questo ridurrebbe sensibilmente il traffico cittadino.
Ma anche questo è per noi un problema quasi irrisolvibile e non solo per i fattori culturali accennati.
Paura di affittare
L’incapacità dello Stato di regolare il mercato, unito all’incertezza del diritto, ha fatto sparire dal mercato le case in locazione. I piccoli proprietari hanno paura di venire “espropriati” da affittuari inadempienti, che sono di fatto protetti da leggi concepite per difendere i più deboli e che, invece, proteggono, seppur involontariamente, furbi e profittatori di vario tipo. I servizi mandati in onda dal programma di Mario Giordano “Fuori dal coro” mostrano casi incredibili di poveri cristi, costretti a pagare le tasse su case occupate da personaggi privi di scrupoli che da anni non pagano l’affitto e che la legge inefficiente rende intoccabili. “Cornuti e mazziati” dicono a Napoli.
Affittare casa è rischioso e chi si avventura a farlo, per tutelarsi, richiede garanzie che il lavoratore medio non può fornire.
Funziona lo Stato, funziona tutto
A Londra, per tornare al caso inglese, c’è un vivace mercato degli affitti nel quale il proprietario, dietro richiesta motivata, ottiene immediatamente il rilascio dell’immobile, sia perché l’affittuario non ha difficoltà a trovare un’altra casa in affitto, sia perché la legge tutela la proprietà, intervenendo rapidamente ed in modo determinato se necessario. E non possiamo certo dire che quella inglese non sia una democrazia liberale. La soluzione del problema sarebbe decisiva per assicurare l’indipendenza ai giovani lavoratori e un’alta flessibilità localizzativa quantomeno alle famiglie di nuova formazione, con la conseguente riduzione degli spostamenti casa – lavoro. Si potrebbe obiettare che il livello dei salari dei lavoratori italiani di fascia medio bassa ridurrebbe di molto le possibilità alternative, ma potrebbe essere di grande aiuto un intervento dello Stato che facesse tornare sul mercato l’immenso patrimonio di case sfitte che, a Roma, è stimato in circa 245 mila alloggi, pari al 17% del totale.
Giorgia Meloni e il Paese delle elezioni
Nel Belpaese c’è ogni anno una campagna elettorale e anche per questo motivo i Governi si guardano bene dall’avventurarsi su terreni scivolosi, che potrebbero far traballare le fragili alleanze che li sostengono. Ma, come citava Alcide De Gasperi, uno statista ha il dovere di guardare alle prossime generazioni e non alle prossime elezioni. E questa è la sfida perfetta per Giorgia Meloni. Che piaccia o meno, Giorgia ha incentrato la sua azione politica sulla coerenza, lavorando con perseveranza e determinazione, senza curarsi eccessivamente del risultato immediato.
I fatti le hanno dato ragione portandola, nel volgere di pochi anni, ad essere la prima donna Premier della nostra storia. I suoi elettori, pur sapendo che deve tenere insieme, con equilibrio e ragionevolezza, le varie anime che compongono la sua maggioranza, sperano che non cambi rotta, perché sono convinti – e non sono i soli – che questo sia l’unico modo per risollevare l’Italia. Se ne sarà capace, persino il traffico di Roma ne trarrà beneficio.