Roma, incendio in un palazzo a Testaccio con tanti momenti di paura
Il rogo a Testaccio ha lasciato segni: fumo sui muri, vetri rotti, una fila di ambulanze e la paura di chi si è sentito intrappolato in casa

Roma, Testaccio, primo pomeriggio inoltrato di martedì 8 aprile. È un quartiere che vive tra le architetture popolari, le botteghe storiche e la vita di comunità che ancora resiste. Poi, all’improvviso, intorno alle 19:20, tutto si ferma. Un incendio scoppiato in un appartamento al civico di via Giovanni Branca innesca una sequenza rapida di paura, fumo e sirene.
La corsa contro il tempo in via Giovanni Branca a Testaccio
Le fiamme si propagano in fretta tra il quarto e il sesto piano. Un denso fumo nero comincia a uscire dalle finestre, mentre le persone cercano riparo. Due ragazzi si rifugiano sul balcone all’ultimo piano. Non urlano, ma si fanno notare, e questo probabilmente salva loro la vita. I vigili del fuoco li raggiungono con l’autoscala e li portano giù, mentre l’aria diventa sempre più irrespirabile.
Intanto il palazzo viene evacuato. Dentro ci sono famiglie con bambini piccoli, persone anziane, qualche giovane coppia. Una madre scende stringendo tra le braccia il suo bambino di un anno e mezzo, mentre un’anziana con problemi respiratori ha bisogno di assistenza immediata. A darle supporto, prima ancora che arrivino i soccorritori ufficiali, è Paola Turci. Sì, proprio lei: la cantautrice, che abita nel quartiere, si trova lì per caso e si mette a disposizione, aiutando concretamente una vicina in difficoltà. Gesti semplici, che in quei momenti diventano fondamentali.
Le ipotesi sull’origine del rogo e il bilancio degli intossicati
Le prime ricostruzioni parlano di un incendio partito da una friggitrice, forse per un cortocircuito o un guasto improvviso. Non si esclude un malfunzionamento elettrico, ma saranno i rilievi tecnici a chiarire tutto. L’unica certezza, al momento, è che il fuoco si è propagato molto velocemente, costringendo i residenti a uscire in fretta, qualcuno addirittura scalzo.
Alla fine si contano quindici intossicati. Alcuni sono stati soccorsi direttamente in strada, con maschere d’ossigeno e assistenza sul posto. Altri invece sono stati trasportati nei principali ospedali della capitale. Sette persone sono state trasferite all’Umberto I per la terapia in camera iperbarica, due sono finite al Santo Spirito, tre al San Camillo. Nessuno, per fortuna, è in pericolo di vita, anche se l’intossicazione da fumo è sempre una variabile delicata, soprattutto per gli anziani.
Tra le persone rimaste intossicate c’è anche un vigile del fuoco. Uno di quelli che è salito tra i piani pieni di fumo per tirare fuori chi non riusciva a uscire da solo. Con lui, sei agenti di polizia che si sono precipitati nello stabile prima ancora che la situazione fosse sotto controllo, agendo d’istinto e responsabilità. Anche loro sono stati coinvolti nella nube tossica.
Il sindaco sul posto e la macchina dei soccorsi
Pochi minuti dopo lo scoppio dell’incendio, la strada si riempie di lampeggianti blu. Ambulanze dell’Ares 118, polizia, vigili del fuoco. I condomini vengono radunati fuori, avvolti in coperte, qualcuno piange, altri sono in stato di shock. A Testaccio, tutti si conoscono almeno di vista, e in quelle prime ore è più forte l’ansia per chi non si riesce a rintracciare che per le cose perdute.
A un certo punto compare anche il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. È lì per seguire da vicino le operazioni di evacuazione e dare sostegno alle famiglie, che per diverse ore restano senza sapere se potranno rientrare o dovranno trovare un posto dove dormire. Alcuni hanno trovato accoglienza da parenti o vicini, altri hanno atteso seduti sui marciapiedi fino a notte inoltrata.
I tecnici dei vigili del fuoco hanno poi effettuato i controlli statici sul palazzo per verificarne l’agibilità. L’incendio ha colpito duramente ma in modo non strutturale, e in serata alcuni inquilini hanno potuto rientrare nei propri appartamenti. Altri invece hanno trovato porte annerite, stanze invase dall’odore acre di bruciato, muri impregnati di fumo.
Un quartiere che reagisce, ancora una volta
Non è la prima volta che un’emergenza di questo tipo colpisce Testaccio, un quartiere abituato alla partecipazione e al mutuo aiuto. E anche stavolta si è visto chiaramente. I vicini si sono aiutati a vicenda. C’è chi ha offerto acqua, chi coperte, chi un posto dove riposare. I commercianti hanno abbassato le serrande ma sono rimasti lì a dare una mano. È una Roma che spesso non finisce nei titoli di testa, ma che nei momenti difficili emerge con naturalezza.
Il rogo ha lasciato segni visibili, certo. Fumo sui muri, vetri rotti, una fila di ambulanze che resteranno nella memoria di chi ha vissuto quel pomeriggio. Ma anche qualche segno più difficile da raccontare: la paura di chi si è sentito intrappolato in casa, l’odore di plastica bruciata che rimane nei vestiti, il pensiero che poteva andare molto peggio.