Roma, inchiesta stazioni: i diseredati di Termini
La Stazione Termini, con i suoi 32 binari, è la più importante d’Italia, seguita da Milano Centrale e Torino Porta Nuova. Ma è anche la più pericolosa
Le stazioni di Roma sono centri di degrado e Termini è la più importante. Sembra che stia migliorando, sia come presenza della Polizia che come interventi dell’Ama, ma non basta mai. C’è un’umanità che muove a compassione o rabbia. Ma da loro non ci possiamo aspettare soluzioni.
Roma, inchiesta stazioni: i diseredati di Termini
La Stazione Termini, con i suoi 32 binari, è la più importante d’Italia, seguita da Milano Centrale e Torino Porta Nuova. È la quinta per traffico di passeggeri in Europa con 850 treni e quasi 500.000 passeggeri al giorno, per un totale di circa 175 milioni di passeggeri l’anno. Deve il suo nome alle Terme di Diocleziano che si trovano vicino, in Piazza della Repubblica e non perché qui terminano la loro corsa molti convogli ferroviari.
Venne inaugurata il 20 dicembre 1950. Tra le varie curiosità conserva al suo interno parte delle mura serviane, le più antiche della storia della Capitale. Dal 2000 è un grande centro commerciale e dal 2006 è dedicata a Papa Giovanni Paolo II, la cui statua di 7 metri, nella piazza dei Cinquecento, è opera dello scultore Oliviero Rainaldi.
Roma: 22.000 senzatetto che orbitano intorno a Termini
Da ormai diversi anni questa porta di accesso a Roma è anche uno dei luoghi di maggior degrado, come accade anche in altre città europee. A Roma sarebbero circa 22.000 le persone che vivono abitualmente in strada, risultando così la città italiana con il maggior numero di clochard. Il Campidoglio ha messo a disposizione 3.300 posti letto (che saranno incrementati) ma come è evidente il numero non riesce a coprire le esigenze di chi avrebbe bisogno di un riparo. Spesso poi, chi vive per strada, desidera restare per strada, fuori da ogni controllo, dove si sente padrone del proprio destino, quando invece è solo una vittima.
È possibile che questo numero tenda a crescere con le continue difficoltà che il mondo sta vivendo tra guerre, carestie e problemi economici e religiosi. Alcune organizzazioni romane sotto il segno della Caritas o della Comunità di Sant’Egidio si adoperano per fornire assistenza e pasti caldi ma è evidente che questa condizione crea disagio e problemi di sicurezza e d’igiene, non più tanto rinviabili.
Risse, paura e incomprensione tra i gruppi etnici
All’angolo tra via Manin con piazzale dei Cinquecento, c’è da qualche tempo un furgone della Polizia. Quel posto è dove più spesso accadono risse, accoltellamenti, rapine. Da lì iniziano i portici. Per lo straniero che arriva a Termini, quel lato è naturalmente il primo verso cui andare.
A destra dell’uscita della stazione sul piazzale non c’è niente, se non in via Marsala, a sinistra ci sono negozi, bar, tavole calde, c’è via Cavour, gli alberghi. Sotto i portici trovi un bar, una tavola calda e una gelateria. Una fila di monopattini parcheggiati in mezzo al passaggio pedonale. Poi si attraversa il semaforo di via Cavour, verso l’altro portico che arriva a via D’Azeglio e al bar i tavolini ospitano comunità diverse di persone che vivono in periferie e si incontrano qui.
Lì i marocchini, algerini, tunisini, più in là i filippini, poi il tavolo dei latino-americani, degli afgani. Il cameriere del bar sembra uno dei tanti giovani che frequentano le discoteche, le palestre, gli stadi. Capelli corti, barbe curate, muscoli, tatuaggi in tutto il corpo, fino al collo, che sembrano una t shirt sulla pelle.
Da lui non ti aspetti un discorso sensato ma lo fa: “Se li tratti bene questa gente non è pericolosa. Li devi trattare con rispetto e con educazione e loro saranno altrettanto rispettosi ed educati”.
Il fatto è che la condizione in cui spesso si trovano, la distanza dettata dalla lingua ed il sospetto atavico verso l’altro sconosciuto alimentano l’incomprensione e l’atteggiamento di indifferenza o di paura e il rischio che si producano momenti di scontro e di aggressività. Basta un gesto, uno sguardo fuori luogo, un apprezzamento verso una ragazza e scatta la reazione e la rissa.
Inchiesta stazioni: il secondo dei portici accanto a Termini è il più degradato
Dopo il bar inizia il degrado. Una volta c’erano dei locali con attività ora chiuse e i fondi sono stati abbandonati. Vetri rotti, pavimentazione disastrata. Un senza tetto si è accucciato davanti all’ingresso in mezzo ai cartoni; è palesemente disturbato, parla da solo, a voce bassa, se gli rivolgi la parola non capisce o forse è chiuso nel suo mondo.
Appena fuori del portico c’è un’edicola. Il proprietario, o dipendente chi lo sa, è un indiano. Da 12 anni sta lì, ha assistito al degrado i quell’area, negli ultimi 5 anni è andato tutto peggiorando, prima era un posto pulito e frequentato da turisti. Ora non ci passa più nessuno. Girano alla larga e anche l’edicola ne risente. L’edicolante è rammaricato della situazione: “Io vivo qui ma sono straniero, un giorno forse andrò via per tornare al mio paese ma voi che siete Italiani, voi resterete e così i vostri figli si troveranno con questo problema di degrado e di miseria.”
Cicalone, lo youtuber che monitora il degrado della stazione
Simone Cicalone, uno youtuber che da anni monitora la situazione del degrado a Roma, filma queste situazioni e le mette in onda in rete. Gira con dei suoi amici quasi tutte le settimane, specialmente a Termini. Conosce ognuno dei clochard che vivono tra Piazzale dei Cinquecento e la Stazione.
Svolge un’opera meritoria: mostrare il degrado, ma anche l’umanità che lo vive, la difficoltà di instaurare una relazione tra chi si è trovato ai margini e chi non vuole avere niente a che fare con gli ultimi della società.
Per questo le scene e gli ambienti sono ben noti alla Polizia e al Comune, alla Caritas e alle altre Comunità. Centimetro per centimetro. Perché allora tutto resta com’è? Accanto all’edicola vicino ai Portici, c’è una bancarella che vende borse. Di lato una grata era pericolante, lo è stata per 6 anni, si poteva cadere nella fogna e il titolare della baracca l’aveva fissata alla bene e meglio ma era sempre pericolante. Il Comune lo sapeva da anni ma il massimo era stato porre delle transenne e un nastro colorato che segnala un pericolo.
Che ci vuole a riparare una grata? A sostituirla? Bene l’hanno fatto. Un mese circa fa, un maresciallo dei carabinieri s’è fatto male nel controllare le grate e finalmente le hanno sostituite tutte. Loro, gli stranieri che lì lavorano e vivono, che sono di un altro continente e sanno cosa significa vivere in un paese degradato, si rendono conto che da queste piccole ma importanti trascuratezze inizia il problema.
Simone aveva filmato la grata danneggiata e pericolante e li suo appello lanciato via web è stato ascoltato. Adesso quella parte dei portici è completamente ripulita. Sono intervenuti polizia, carabinieri sotto la guida del questore e hanno portato via tutto, cartoni, coperte, materassi ed esseri umani. Dove? Non lo sappiamo.
Palazzo Massimo: dentro l’arte di Roma antica, fuori i diseredati
Più avanti c’è Palazzo Massimo. Cacche negli angoli, una bottiglia di birra e i resti di un pranzo frettoloso, più avanti bivacca un anziano con i suoi cartoni e i sacchetti pieni di rifiuti.
Palazzo Massimo è ispirato ai grandiosi palazzi cinquecenteschi, fu edificato tra il 1883 e il 1887 dal padre gesuita Massimiliano Massimo, su progetto di Camillo Pistrucci, per ospitare la nuova sede del Collegio dei Gesuiti. Nel 1981 il Palazzo fu acquisto dallo Stato per diventare una delle nuove sedi del Museo Nazionale Romano.
Nelle sale interne, tra i suoi quattro piani, si incontrano alcuni tra i maggiori capolavori dell’intera produzione artistica del mondo romano: sculture, rilievi, affreschi, mosaici, stucchi e sarcofagi, provenienti, come tutto il patrimonio del Museo Nazionale Romano, dagli scavi effettuati a Roma e nel territorio circostante a partire dal 1870. Fuori è circondato dal degrado.
Inchiesta stazioni: Piazza Esedra tra topi e immondizia a due passi da Termini
Attraversi la strada e sei nei giardinetti al lato di via Einaudi, che porta alla fontana dell’Esedra in Piazza della Repubblica. Quell’angolo è famoso perché lì si danno appuntamento persone che cercano rapporti omosessuali.
Ci sono dei bagni nuovissimi e bellissimi, a vetri, sempre chiusi e fuori un olezzo di orina e un ricettacolo di immondizia. Ogni tanto l’Ama lo ripulisce ma non fa in tempo che subito si riforma il letamaio.
Nel terreno ci sono le tane dei topi. Si muovono nella sporcizia a loro piacimento. Siamo dietro le bancarelle dei libri usati. La zona andrebbe bonificata e chiusa per alcuni giorni.
È un punto d’incontro famoso a Roma per trovare stampe, foro, riviste e vecchie pubblicazioni. I contatori della corrente che si trovano sul retro dei negozi sono tutti a fili scoperti, ad altezza di bambino.
Accanto c’è un vecchio tronco cavo che era usato come ricettacolo delle cose rubate. Ora c’è solo sporcizia. Più avanti, vicino alla bellissima Piazza dell’Esedra un chiosco ha riaperto i battenti. Dei ragazzi, sempre stranieri, hanno ripulito l’area da feci e preservativi per renderla gradevole. Ma chi si ferma in quell’angolo? Queste coraggiose iniziative andrebbero incoraggiate. Invece siamo alla legge della jungla, ognun per sé.
Un crocevia di incomprensioni
Sull’altro lato del Piazzale dei Cinquecento c’è una struttura. È l’uscita del sottopassaggio della stazione. Siccome è coperta, alcuni dei frequentatori stranieri della Stazione la usano per ripararsi dal sole o dalla pioggia o dal freddo, d’inverno. Giocano a carte, conversano, si scambiano consigli, informazioni. Non sono tutti lì per delinquere. Assolutamente. Anche se ci sono tra loro quelli che non disdegnano uno scippo o un furto con destrezza.
Fuori appoggiati alle pareti e lungo i marciapiedi, ancora persone di età imprecisate, buttate per terra, quasi tutti sono ubriachi o drogati. Le loro storie sono simili. Scappati dai loro paesi, hanno viaggiato per il mondo e spesso sono qui non si sa da quando e per quanto tempo. Rubano oppure vivono di aiuti dalla popolazione. Ad un giovane chiedono di dove sei e risponde di Catania. Ma parla con un accento arabo. Non è possibile dice l’interlocutore italiano: “Tu non sei di Catania!”
“No sono di Marocco ma vivo a Milano e poi mi sono trasferito a Catania.”
“Perché ora sei a Roma?”
“Per conoscere, vedere. Ma qui la gente è male, non ha educazione…”
“La galera in Italia è meglio che in Marocco”
Parlano con la bocca impastata, traballano, sono incerti nello stare in piedi. Una bottiglia di birra in mano. Una sigaretta nell’altra. Giacche a vento scure, in cui lo sporco ha sovrastato il colore originale. Pantaloni cadenti, senza calzini, scarpe sventrate.
Discorsi sfasati, luoghi comuni, ti chiamano fratello, hermano, brother, entrano ed escono dal carcere ma questo non li preoccupa. Dicono che andare in carcere qui in Italia è come una vacanza. Per una sciocchezza (leggi: una bustina di cocaina) in Marocco ti puoi fare un anno o anche 5 anni di galera.
Solo che la galera in Marocco non è come in Italia. Stai in una stanza con 50 persone, può succedere di tutto e succede di tutto. Se ti arrestano in Romania è ancora peggio. Per questo se devi vivere ai margini è preferibile vivere in Italia o in un Paese Europeo.
Da loro i diritti civili non esistono. Nessuno li rivendica. Così la ricerca di un livello di civiltà migliore e di rispetto umano migliore diventa un fattore di preferenza per poter delinquere con minor danno.
Da chi vive ai margini, il problema dei diritti civili non viene compreso, è tutto un dare / avere sul piano pratico. Se rubo o mi drogo che mi fanno? Vado dove mi trattano meno peggio. Ma la soluzione non è rendere le nostre carceri come quelle rumene. Sarebbe più logico combattere la delinquenza, far si che non ci sia necessità (o possibilità) di rubare o di assumere droga.
Ma quello della droga è il giro d’affari più grande al mondo e non certo per colpa di questi disgraziati, che ne sono solo le vittime, e le più insignificanti, per il sistema di potere.
La legge del coltello per regolare i conti
C’è chi ha il coltello. Raramente la pistola, costa cara. E si nasconde male. Un coltello invece si mette dappertutto. Devi solo essere rapido ad usarlo. Un tipo mostra una ferita sull’addome. Una coltellata. “Come l’hai guarita?”
“Al Pronto Soccorso, un medico m’ha aiutato con le bende per bloccare il sangue”.
Le risse sono continue. Per un niente. La persona, turista o cittadino, passa dove loro stazionano, qualcuno si alza per chiedere soldi, una sigaretta, da mangiare. Se la persona risponde male scatta l’offesa, l’aggressione. Di solito il cittadino è solo e loro sono in molti, comunque. Se la vittima predestinata è una ragazza meglio se si dà alla fuga per tempo, ma il rischio è che le sottraggono la borsa, il telefono, una collana e talvolta non basta. Spesso capitano i turisti. Sono spauriti, hanno valige e borse, bambini e facilmente vengono derubati.
Una coppia di anziani, di origine lituana, vive coi loro cartoni dentro la stazione. Quando arriva la sera si trasferiscono fuori, con le loro poche cose. Non hanno i documenti. Nel 1990 hanno rinunciato alla cittadinanza lituana, non si sa perché e ora sono apolidi. Hanno chiesto i documenti ma l’Italia non glieli dà. Anche questo non è chiaro. Di fatto sono bloccati. Senza documenti non possono muoversi, né andare da nessuna parte. Costretti a vivere dentro e fuori Termini.
Roma, inchiesta stazioni: a Termini borseggiatori e scippatori agiscono quasi indisturbati
La Polizia ha intensificato la sua presenza. L’abbiamo visto con la pulizia dei portici. Tante volte sono gli stessi diseredati tuttavia che chiamano gli agenti per accusare i passanti, che magari hanno reagito malamente a un approccio a una fastidiosa richiesta di denaro. I poliziotti intervengono per fare da pacieri, più che altro, perché non accadano risse e nessuno si faccia male.
Nei controlli della Polizia cadono spesso persone che erano state allontanate in base a ordini di espulsione, negli anni passati e che poi sono rientrate clandestinamente. Molti fra i fermati e arrestati sono in possesso di hashish, senza fissa dimora, con precedenti.
Che gli fai? Al massimo li possono trattenere per delle ore ma è inutile. Resteranno sempre ai margini della società. Chi darà loro l’occasione di integrarsi? Chi si fida? Poi ci sono quelli che vengono dal campo nomadi di Castel Romano. Borseggiatori di altri stranieri. Una guerra senza fine per la sopravvivenza. Marocchini, zingari, peruviani che rubano a giapponesi, filippini e venezuelani.
Piantedosi: “Più presenza delle forze dell’Ordine nei luoghi del degrado”
Ci dobbiamo rendere conto che quello che accade da noi, succede in tutta Europa, anche nelle civilissime Copenaghen e Zurigo, anche a Parigi e Londra. Il problema è generale e se lo pongono ormai tutte le amministrazioni europee.
In una intervista con Francesco Borgonovo (La Verità), il Ministro degli Interni Piantedosi ha assicurato a gennaio scorso l’intenzione di affrontare il problema in accordo coi sindaci di Roma, Milano e Napoli. Si tratterà di intervenire nelle stazioni centrali con un numero di agenti più consistente, coinvolgendo Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e polizie municipali.
Il loro intervento è dedicato soprattutto a identificare il maggior numero di persone possibili, anche attraverso l’istituzione di presidi fissi che, tuttavia già c’erano e sono stati smantellati. “Parliamoci con sincerità, ha dichiarato il Ministro, se uno immagina che si possa risolvere in maniera strutturale il problema della presenza nei pressi delle stazioni di quella che potremmo definire “umanità dolente”, beh, si tratta di una aspettativa eccessiva”. “Poi, è chiaro, ci sono anche dinamiche che non dipendono dai noi. Semplifico con una battuta: attorno alle stazioni si concentra il mondo della povertà che genera insicurezza. Noi possiamo agire sull’insicurezza, ma risolvere il problema della povertà richiede altro”.
Non eliminare la povertà ma offrire servizi turistici adeguati
Non è pensabile che la Polizia possa risolvere un problema mondiale, però dare una mano ai cittadini e ai turisti questo si. Solo la presenza di una pattuglia o di un mezzo delle autorità di polizia può dissuadere chi delinque da agire in quell’area. Quando c’è un minimo di rischio il predatore lascia stare e cerca prede più facili altrove.
Nemmeno si tratta di risolvere il problema della povertà o di spostarlo in un’altra zona della città. Bisogna pensare a come rendere l’area interna e che circonda Termini, più partecipata, più vissuta dai cittadini e dai turisti, più disfunzionale a chi bivacca e vive di espedienti. Questo si potrebbe realizzare fornendo servizi di assistenza ai turisti, punti di informazione con sale d’aspetto, anche a pagamento, sul modello degli aeroporti, sale di proposta di itinerari turistici per Roma e per l’Italia intera, magari cogestiti con l’aiuto sostanziale di altre città e regioni.
Soprattutto Termini andrebbe tenuta aperta per tutte le 24 ore, con servizi sia interni che esterni alla stazione. Quelle ore di vuoto sono un vero pericolo per i cittadini. Insomma dobbiamo trasformare Termini e Piazza dei Cinquecento nel cancello di ingresso al viaggio in Italia che molti sognano ma del quale non conoscono le tante possibili opportunità.