Roma, incidente mortale 18enne. Crepet: “L’alcool è una tragedia che fa comodo”
La nostra intervista al prof. Paolo Crepet, per analizzare il fenomeno che porta a episodi come l’incidente mortale del 18enne romano
La notizia ha avuto un’eco tremenda. Non solo a Roma. Una storia triste, da qualsivoglia prospettiva la si osservi. Guardando dall’angolatura di ciascuna delle parti coinvolte nella vicenda. Certo, da quella di una delle due molto di più, evidentemente. Quella di Francesco Valdiserri, il diciottenne coinvolto in un incidente mortale, investito da un’auto guidata da una ragazza positiva all’alcool test, è certamente una notizia che induce a soffermarsi per più di una riflessione.
E’ certamente l’ ultimo campanello d’allarme, indicativo di un fenomeno in costante crescita e mutamento. Un urlo disperato di natura sociale, psicologica, urgente non solo di una spiegazione, ma di una soluzione.
Parliamo del rapporto tra giovani e modi di intendere il divertimento, vissuto spesso in modo non adeguato, dissoluto, tra alcool, sostanze stupefacenti ed eccessi di vario genere. Un fenomeno che nasce dalla solitudine, dalla noia, dalla mancanza di ascolto. Che denuncia una serie di inquietudini, disfunzioni emotive.
Per comprendere meglio la natura e le ragioni di questi episodi, abbiamo sentito il Prof. Paolo Crepet, psichiatra, sociologo, educatore, saggista e opinionista italiano.
Professore, il rapporto tra divertimento, giovani e alcool è un rapporto sempre più drammatico…
“Questa è una tragedia quotidiana che accettiamo. Non avviene così, senza un motivo. Fa comodo. Dietro l’alcool c’è un mercato. E’ un problema che riguarda tutto il Paese. Ormai si può bere senza limiti di orario. Ciò fino a qualche anno fa, succedeva nelle discoteche, a loro modo, un ambiente circoscritto. Adesso invece è la città, la discoteca. Quando ti avvicini in certi posti, quasi non riesci a rimanere in piedi dal rumore del volume della musica. Perché si consente che quel bar, quel locale, possano riprodurre fino a notte fonda musica techno? Quella è musica fatta apposta per distruggere il cervello. E’ una roba neurofisiologica, con ritmi simil cardiaci. Questo, più alcool e chissà cos’altro, porta inevitabilmente a episodi drammatici, che avvengono con grande frequenza. Ma di un ferito, causato da situazioni del genere, probabilmente non ne avremmo parlato. Mi chiedo perché”.
Perché si ammette la presenza di zone quasi “no limits” in una città?
E perché è scontato sia così? Bisognerebbe andare contro certi interessi. Bisogna intervenire. Fino a non molto tempo fa non c’era l’omicidio stradale. Se io guido sotto effetto di alcool è aggravante o no? Per me sì. Perché alle 7 di sera io sono consapevole che iniziando a bere, specie esagerando nelle quantità, è fortemente probabile che alle 3 di notte sarò ubriaco. E’ un’aggravante, perché nel pieno delle mie capacità, decido di ubriacarmi. E di conseguenza sono doppiamente consapevole di quello che può avvenire.
Dalla sua esperienza, sono più i ragazzi o le ragazze a vivere questo disagio?
“Non c’è differenza e le dirò di più: non è interessante cercarla. Il problema vero è che è un fenomeno visibilmente in aumento. Lo Stato sta dalla parte della famiglia delle vittime? Se sì lo deve dire e fare con interventi precisi“.