Roma, la famiglia gli nega i domiciliari: suicida a Regina Coeli
Regina Coeli è tra le carceri più sovraffollate. «A questo fa da contraltare una voragine negli organici del Corpo di polizia penitenziaria»
Cinquant’anni, italiano, arrestato il 25 agosto scorso per maltrattamenti in famiglia, Salvatore D. V. ieri ha deciso di farla finita, e verso le 6:45 è stato rinvenuto impiccato nella sua cella del carcere di Regina Coeli. A nulla sono valsi i soccorsi. Salvatore, dietro le sbarre, pensava di non finirci.
Quando il magistrato, al momento dell’arresto, gli ha chiesto se avesse un posto sicuro dove scontare la pena alternativa ai domiciliari, lui aveva risposto: «sì, da mio fratello». Invece, a casa, il fratello non lo ha accettato e a lui non è rimasto che varcare l’ingresso dell’istituto capitolino, già iper-affollato e teatro, quest’estate, di numerose rivolte, soprattutto per le condizioni di disagio vissute dalle persone più fragili, spesso affette da problemi psicologici e psichiatrici, difficili da gestire anche per gli agenti di custodia. Ma la sua detenzione è durata meno di un mese.
Due suicidi in dodici ore, l’ennesimo campanello d’allarme
Il cinquantenne dell’Alessandrino è il secondo detenuto suicida in 12 ore nelle carceri italiane, il 72esimo dall’inizio dell’anno. Alla triste conta si aggiungono anche i sette agenti della polizia penitenziaria che si sono tolti la vita nel corso del 2024. «Una strage senza fine e senza precedenti che certifica, ancora una volta, il fallimento più totale del sistema carcerario», tuona Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa polizia penitenziaria.
Il sovraffollamento negli istituti di pena è un problema che si autoalimenta, aggravato anche dalla quantità di posti detentivi inutilizzabili, resi inagibili durante le ribellioni a causa dei danni e attualmente in ristrutturazione.
Numeri enormi e comunque sottostimati
Nelle carceri laziali sono quasi seicento i posti non utilizzabili, un dato che, secondo gli addetti ai lavori, è persino sottostimato. Secondo i report del Ministero della Giustizia, nel Lazio, su 4683 posti disponibili, risultano 6870 reclusi effettivi, per un sovraffollamento superiore al 146%. «I posti non disponibili per vari motivi di ristrutturazioni superano le 590 unità, che fanno aumentare ulteriormente del 10% la criticità dello spazio detentivo, uno scenario preoccupante», affermano dalla Uilpa. Lo stesso avviene a livello nazionale, dove «i posti inutilizzabili sono 4200 per un surplus di dodicimila detenuti, praticamente un terzo».
Regina Coeli, uno dei più sovraffollati
Regina Coeli è uno dei penitenziari più sovraffollati del Paese. «A questo fa da contraltare una voragine negli organici del Corpo di polizia penitenziaria, che vede assegnati 350 agenti quando ne servirebbero 709», aggiunge De Fazio. «A questo si sommano strutture fatiscenti, dotazioni inadeguate, carenze nell’assistenza sanitaria e psichiatrica (…). A pagarne le spese sono detenuti e operatori, con questi ultimi esposti ad aggressioni continue e sottoposti a turnazioni massacranti. Come si può pensare di rieducare i condannati in una simile condizione?».
La Fns Cisl Lazio ribadisce la necessità della «costituzione di un gruppo di lavoro per la prevenzione del rischio suicidario negli istituti penitenziari del Lazio, come discusso con l’assessore regionale Luisa Regimenti».
Giovanni, morto in servizio
Intanto giunge anche la notizia di una morte improvvisa, la polizia penitenziaria si stringe ai familiari di Giovanni P., originario di Olevano Romano e in servizio a Rebibbia. «Il collega», spiegano dal sindacato autonomo Sappe, «era autista del mezzo che portava il detenuto e la scorta all’ospedale Israelitico, ma appena arrivato è cascato per terra. Nonostante l’intervento degli infermieri e medici, l’uomo è deceduto per un probabile infarto. Siamo sconvolti». Al cordoglio si unisce anche la Uilpa. Per tutti «Giovanni era un “ragazzone” buono, sempre disponibile ad aiutare i colleghi nel servizio».