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Roma, la “piazza per l’Europa” è l’apoteosi del tafazzismo del Pd

La manifestazione dei serrapiattisti sancisce tutte le divisioni interne alla sinistra: e rischia di costare carissimo (in tutti i sensi) al Sindaco Gualtieri, che l’ha finanziata coi soldi dei cittadini dell’Urbe

“Una piazza per l’Europa” a Roma

“Una piazza per l’Europa” a Roma (screenshot dal canale YouTube de La Repubblica)

A questo punto, è ufficiale: “Una piazza per l’Europa”, la manifestazione svoltasi a Roma lo scorso 15 marzo, è l’apoteosi dell’ormai proverbiale tafazzismo della sinistra. Che è stata forse sfortunata prima, però ha sbagliato tutto ciò che poteva sbagliare durante, arrampicandosi sugli specchi dopo per provare a difendere l’indifendibile. E non solo su scala nazionale, ma anche a un livello più locale.

“Una piazza per l’Europa” a Roma
“Una piazza per l’Europa” a Roma (screenshot dal canale YouTube de La Repubblica)

Tra Roma e Ventotene

Va detto che a Elly Schlein, segretario del Pd, non ne va nemmeno mai bene una. A cominciare dal tempismo con cui il giornalista de La Repubblica Michele Serra ha lanciato l’adunata euro-unitaria per regalarle – insinua perfidamente Il Giornale – un bagno di folla. Pochissimi giorni dopo, però, Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Ue, ha annunciato il progetto ReArm Europe, e tanti saluti all’unità (dell’opposizione, figuriamoci del Vecchio Continente).

Elly Schlein
Elly Schlein (immagine dalla sua pagina Facebook)

Però i dem se le cercano anche, e non solo perché l’Italia, come certifica l’ultimo Eurobarometro, ha il più alto tasso d’euro-insoddisfazione tra i Ventisette. E allora ecco che “fischia il Vento-tene e infuria la bufera” intorno al Manifesto eponimico riesumato in occasione della kermesse. E risultato rapidamente in un (duplice) autogol perfino più imbarazzante del momentaneo raddoppio tedesco contro gli Azzurri in Nations League.

Ursula von der Leyen, Commissione Ue
Ursula von der Leyen (© Parlamento Europeo / Wikimedia Commons)

Il duplice autogol dei “serrapiattisti”

In primis, per i deliranti propositi del testo del 1941 sull’abolizione degli Stati sovrani, della proprietà privata (altrui) e della stessa democrazia. Aspetti, en passant, sconfessati in età più avanzata anche da quello stesso Altiero Spinelli che ne fu co-autore e che oggi i “serrapiattisti” hanno elevato a nuovo feticcio.

Altiero Spinelli
Altiero Spinelli (1907-1986). © Wikimedia Commons

Successivamente, dopo essere stati inchiodati dall’inquilino chigiano Giorgia Meloni alla lettera (e, forse, alla lettura) del documento, per le reazioni isteriche che ne sono seguite. Dal piagnisteo camerale del piddino Federico Fornaro alla maleducazione (eufemismo) dell’ex bi-Premier Romano Prodi verso la cronista Mediaset Lavinia Orefici – con tanto di mutismo selettivo delle femministe. Atteggiamenti tipici di chi è stato metaforicamente colto con le mani nella marmellata e non sa più che pesci prendere, visto che contra factum non valet argumentum.

Vale anche per i richiami alla contestualizzazione del volume nell’ambito del confino imposto dal regime fascista durante la Seconda Guerra Mondiale. Che però sono piuttosto risibili, se si considera che negli stessi frangenti un (vero) padre dell’Europa quale Alcide De Gasperi nemmeno pensò mai scemenze simili. Per quanto, attualmente, l’ideale comunista e quello comunitario siano più vicini di quanto appaia a un primo sguardo.

Alcide De Gasperi
Alcide De Gasperi (1881-1954). © Presidenza Del Consiglio Dei Ministri / Wikimedia Commons

Pagano i cittadini di Roma

Poi c’è il capitolo capitolino, aperto dallo scoop dell’ex quotidiano di via Negri sulle spese organizzative dell’evento che sono state caricate sul bilancio del Comune di Roma. Lo ha confermato il primo cittadino Roberto Gualtieri che, intervistato dal Foglio, ha spiegato che «la manifestazione è stata bella, giusta e importante», nonché «educata e inclusiva».

Roberto Gualtieri, Sindaco di Roma
Roberto Gualtieri (immagine dalla sua pagina Facebook)

Quest’ultima chiosa suona piuttosto surreale, alla luce di quanto ricordato, scrive AgenParl, da Fabrizio Santori, capogruppo del Carroccio in Assemblea Capitolina, sui precedenti del Sindaco. Il quale a più riprese «ha negato l’utilizzo delle sale istituzionali in Campidoglio per eventi promossi da associazioni su temi da lui ritenuti “divisivi”».

Fabrizio Santori
Fabrizio Santori (immagine dalla sua pagina Facebook)

In effetti, l’ex Ministro dell’Economia ha aggiunto di trovare «molto triste che vi siano persone che non considerino l’Europa un patrimonio di tutti». E però, a rischio di fargli uno spoiler, fino a prova contraria è ancora lecito avere un’opinione diversa dalla sua, anche su Bruxelles. E non può essere il suo personale gradimento il criterio per valutare l’interesse, né tantomeno il finanziamento pubblico di un’iniziativa.

Bandiera dell’Europa
Bandiera dell’Europa (© EU1st / Wikimedia Commons)

La Corte dei Conti… che non tornano

Nel caso specifico, come ha dettagliato Il Fatto Quotidiano, i fondi hanno coperto palco, logistica, servizio d’ordine, ma anche i rimborsi per i relatori. In totale, come riporta Il Tempo, si parla di circa 350mila euro, messi sulle spalle dei contribuenti della Città Eterna anche per interposta municipalizzata Zètema. E sui quali ora, aggiunge Libero, indaga la Corte dei Conti, sollecitata da due esposti del senatore azzurro Maurizio Gasparri e della delegazione leghista a Palazzo Senatorio.

Le spese sostenute dal Campidoglio per “Una piazza per l’Europa” a Roma
Le spese sostenute dal Campidoglio per “Una piazza per l’Europa” a Roma (immagine dalla pagina Facebook di Federico Palmaroli)

Nel frattempo, aspettando l’eventuale certificazione del danno erariale, c’è già la beffa del centrodestra che continua a volare nelle intenzioni di voto. E questo non malgrado, bensì grazie a rivendicazioni radicali e radical chic, polemiche spicciole e sterili, e l’onnipresente quanto fastidiosissima reductio ad Ducem. Segno che forse, per la gauche caviar, l’effetto Serra è perfino più deleterio dell’effetto Schlein.