Roma, le botteghe scompaiono: chiusi 4mila piccoli negozi
Nel centro sono rimasti solo i negozi delle vie del lusso, non considerati botteghe e non contribuiscono alla sicurezza dei quartieri
Nel cuore della Città Eterna è diventato sempre più difficile fare la spesa, trovare un artigiano per una riparazione, acquistare un libro o, peggio ancora, un giocattolo. La “desertificazione commerciale”, fatta eccezione per la rete di negozi destinati ai turisti, è sempre più evidente. Dal 1991 a oggi, le botteghe storiche del centro sono passate da cinquemila a meno di mille, secondo i dati recenti della Cna di Roma, sostituite da minimarket, negozi di souvenir e locali per turisti.
«È urgente che chi di dovere inizi a considerare con serietà il rispetto dovuto a un territorio tanto delicato quanto unico al mondo. La scomparsa delle attività di vicinato nel centro storico di Roma comporta anche la perdita dell’identità della città» sottolinea Viviana Piccirilli Di Capua, presidente dell’Associazione Abitanti Centro Storico al Messaggero. «Si preferisce trasformare i luoghi e la vita di una comunità, mettendo a rischio anche la sicurezza».
Commercio in declino: i settori più colpiti
Il settore del commercio che più ha sofferto nel centro della Capitale, secondo i dati raccolti da Conapi (Confederazione Nazionale Artigiani e Piccoli Imprenditori), è quello delle librerie e dei negozi di giocattoli, con una chiusura del 25% degli esercizi negli ultimi otto anni. Seguono i negozi di abbigliamento e tessuti (-16%) e le salumerie, panifici e latterie (-15%). Insomma, gli esercizi utilizzati quotidianamente dai cittadini si stanno riducendo costantemente, sostituiti da attività commerciali orientate esclusivamente ai turisti.
«I residenti hanno il diritto di avere accesso a servizi commerciali adeguati alle loro esigenze di vita», continua Di Capua. «Ma al loro posto ci sono solo negozi di souvenir, con affitti triplicati che hanno costretto le botteghe storiche a chiudere». Il progressivo svuotamento del centro sembra inarrestabile: attualmente, solo il 18% delle imprese dell’intera città è attivo nel centro storico, rispetto al 40% degli anni Duemila, una tendenza esacerbata dal Covid, con il 15-20% degli esercizi che non hanno riaperto dopo la pandemia.
La necessità di Interventi Strutturali
Nel centro sono rimasti solo i grandi negozi delle vie del lusso, ma non possono essere considerati botteghe di vicinato e non contribuiscono alla sicurezza dei quartieri. Per affrontare queste problematiche, inclusa l’invasione di bed & breakfast, i residenti hanno richiesto incontri con l’Anac e il prefetto per valutare la regolarità delle aperture delle nuove attività. Il problema delle botteghe storiche non riguarda solo l’area dentro le Mura Aureliane, ma si estende anche ad altri municipi come il II (Parioli-Trieste-Nomentano), parte del III (Monte Sacro) e del XV (Cassia).
I fondi messi in campo dalla Regione
Recentemente, la Regione ha stanziato 2,4 milioni di euro per la tutela e valorizzazione delle botteghe storiche, dei mercati e delle fiere di interesse storico, nonché delle attività storiche di commercio su aree pubbliche.