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Roma mangiatoia, le vie del centro sono una mensa a cielo aperto

Giusto mettere dei limiti al consumo di cibo per strada nelle città d’arte?

Scalinata a Roma centro con turisti seduti

Le nostre città d’arte, Roma in testa, non possono più consentire che le vie del centro siano trasformate in una mensa a cielo aperto, tra sporcizia e mancanza di igiene, con evidente mancanza di rispetto per luoghi storici d’arte e di cultura.

Le città d’arte vogliono mettere dei limiti a venditori ambulanti, minimarket e attività artigianali alimentari e souvenir nelle vie dei centri storici che ricadono nel perimetro dei siti Unesco. Il divieto è stato considerato una misura congrua da parte dei giudici del Tar e del Consiglio di Stato, se il fine è quello di garantire la vivibilità dei quartieri sottoposti a una forte pressione demografica e commerciale.

Effettivamente si tratta di un provvedimento logico, che risponde a un criterio di buon senso e anche di difesa delle nostre bellezze artistiche e culturali.

Il giro di affari del “cibo da strada” è un mercato in continua crescita: un settore che vale oltre 20 milioni di euro all’anno e solo in Italia, con oltre 3mila aziende che da tempo fanno solo quello.

Roma, ormai una mensa a cielo aperto

Passeggiare per il centro di Roma, Firenze o Venezia, personalmente, da qualche anno, mi dà una grande pena per il disagio che si prova nell’assistere al degrado di cui siamo stati capaci. Abbiamo ridotto a una trattoria continua le piazze, i monumenti e le opere d’arte che la nostra storia ci ha lasciato. Gelaterie ambulanti, gente che seduta ai tavolini nelle osterie, altri che passeggiano con le pizze da asporto, panini imbottiti, piadine, focacce, in mano hanno bicchieri di vino e birra, succhi di frutta, acque minerali in bottiglie di plastica. Intanto per terra una sequenza di cartacce, tovaglioli, contenitori di polistirolo, forchette, bicchieri gettati agli angoli delle strade o che strabordano dai cassonetti e dai contenitori dell’immondizia.

A Milano, qualche anno fa, scoppiò una lite tra commercianti. In via Torino, una delle più eleganti per lo shopping, i negozi di abbigliamento protestarono per gli odori di pesce fritto, ciambelle e panzerotti dei venditori ambulanti che si fissavano sulle pareti e sui vestiti allontanando i clienti.

La giunta del Sindaco Gualtieri, a Roma, ha approvato una delibera per bloccare minimarket e pizzerie a taglio, nel cuore della Capitale, almeno fino al 31 maggio, in attesa della revisione del regolamento per l’esercizio delle attività commerciali e artigianali nel centro storico. A Venezia si era già intervenuti fin dal 2018 per ridurre lo scempio del cibo da asporto lungo i canali. Ma il degrado continua. A Napoli si è intervenuti già nel 2021 per le vacanze di Natale, quando Napoli riceve centinaia di migliaia di turisti.

Ci vuole buon senso e rispetto per la città

Che si dovesse intervenire e che facciano bene i sindaci di tutte le città, che hanno un centro storico da salvaguardare, non c’è dubbio alcuno. Si tratta di salvaguardare il decoro urbano e di avere rispetto per l’arte e la cultura.

Non è che non si potrà più mangiare un gelato camminando sul lung’Arno, o lungo le calli veneziane. Però le nuove attività dovranno decidere. Chi vuole somministrare bevande in lattina o in bottiglia e pasti take away, dovrà dotarsi di una saletta interna o di un chiosco attrezzato. Altrimenti scatterà la multa. Vedrete che prima o poi arriverà un provvedimento anche per l’abbigliamento di chi frequenta il centro storico. Ci sono situazioni, specie in estate, per cui sembra più di essere su una spiaggia che in via del Corso o a Fontana di Trevi. Non mancano giovani uomini a torso nudo, ragazze con top e pantaloncini corti, più simili a mutande. Sono per la massima libertà di tutti ma anche per la buona educazione, che oggi si va perdendo sempre più. La cafonaggine si spande come un blob che sembra impossibile frenare. Ben vengano i divieti e i limiti comunali. Che la gente impari a comportarsi nei salotti delle nostre città d’arte. Se vuoi andare in giro in mutande l’Italia te lo consente abbondantemente, negli oltre 8.000 km di costa! Per non citare le isole! Ma in città rispetta i luoghi e chi ci vive. Senza considerare l’incremento di immondizia lasciata per strada, che certo turismo cafone comporta.

Lo street food una delle eccellenze del Made in Italy

Ciò detto sento di dover spendere parole di elogio per il nostro street food. Una vera attrazione, anche se “gastronomica”, al pari dei monumenti e delle ricchezze che la Storia ci ha lasciato. Sono bontà che affondano le radici nelle tradizioni di tutta la penisola, da Palermo a Bolzano. Una delle eccellenze che il nostro Paese è in grado di offrire e che si vanno spandendo anche all’estero. Molti di questi artigiani stanno aprendo succursali in franchising a New York, Londra, Chicago, Los Angeles, Tokyo. Fino ad oggi i venditori si erano messi con tavoli all’aperto, sullo stile Bangkok e Singapore, per capirsi. Tra l’altro anche a Bangkok, una delle capitali mondiali del cibo di strada, venne dichiarata guerra al cibo di strada nel 2017, per la situazione ingestibile che stava trasformando le vie cittadine.

Ci hanno già provato anni fa”, ha raccontato al Guardian un commerciante di food Chawadee Nualkhair, di Bangkok, “ma questi tentativi sono falliti per la decisa opposizione dell’opinione pubblica e degli addetti ai lavori, per cui bancarelle e furgoncini sono fondamentali”.

Vediamo cosa succederà in Italia. Considerando anche il pericolo di epidemie, le raccomandazioni per l’igiene e per il rispetto del decoro impongono di tornare al chiuso. Come storicamente funziona l’Antica Focacceria Francescana di Palermo. Queste attività più antiche avevano sempre strutture al chiuso. Anche l’Antico Vinaio era una osteria fiorentina che col tempo s’è trasformata in una rivendita di schiacciate, ricche mortadella, burrata, spezie, pomodorini secchi o finocchiona. Le strutture del Mercato Centrale di Firenze, di Roma alla Stazione Termini e quelle a Milano e a Torino, sono tutte postazioni artigianali di street food ma al chiuso, in ambienti dedicati e rispettosi delle norme d’igiene. Le tradizionali pizzerie a taglio romane, lavorano nel pieno rispetto di queste regole. Quello che deve essere eliminato è il mercato del cibo lungo le arterie d’arte.

Se Roma sembra una mensa…tassare il panino potrebbe servire?

A Firenze, il direttore degli Uffizi Eike Schmidt, ha proposto di introdurre una nuova tassa per i locali street food. Ovviamente è scattata la polemica.

A raccogliere le reazioni alla proposta della tassa sul panino è stato il quotidiano ‘La Nazione’. Il vinaio di piazza del Grano a Firenze, a due passi dagli Uffizi, ha affermato: “Mi sembra una barzelletta, è assurdo. Cosa c’entra il direttore degli Uffizi con le tasse?”.

Un ristoratore di via dei Neri ha aggiunto: “Piuttosto puliscano di più, con tutta la Tari che paghiamo e abbiamo pagato anche nei mesi di chiusura”.

C’è, però, anche chi è favorevole alla nuova tassa: “Sono d’accordo con il direttore degli Uffizi. È vero che chi consuma sporca le strade. E poi, diciamocelo, tutta questa gente appollaiata sui marciapiedi o sulle scalinate è anche brutta da vedere”.

Non si tratta forse di arrivare a tanto, nella speranza che siano sufficienti le limitazioni imposte dai Comuni sulle attività in essere, per indurre i clienti stessi a comportamenti più consoni.