Roma misteriosa: i luoghi insoliti della Capitale
Vedere i quadri del Caravaggio senza pagare l’ingresso. Vistare bunker incompiuti, ammirare opere d’arte motorizzate. Passeggiare in un quartiere tra i murales o sederti su panchine letterarie, oppure viaggiare sulla più breve ferrovia internazionale del mondo. Cose incredibili che solo qui puoi trovare
Il tour che vi propongo oggi riguarda un aspetto di Roma poco conosciuto, un viaggio nei luoghi insoliti di una Roma misteriosa. Infatti si parla di eventi, fatti e luoghi strani, inconsueti per qualsiasi città, compresa la più antica del mondo, la Città Eterna.
Eterna poi per noi che non ne vedremo la fine, ma si sa, di eterno nell’Universo non c’è nulla, forse neanche l’Universo stesso. Quindi con un senso di sano realismo e con il più classico cinismo romano, affrontiamo anche questa girandola di stranezze.
A Villa Torlonia c’è un bunker ma non si può usare
Dopo alcuni interventi strutturali e di bonifica, sono stati riaperti al pubblico i bunker di Villa Torlonia, realizzati tra il 1942 e il 1943, per proteggere Benito Mussolini e la sua famiglia. Chissà che non tornino comodi anche per un prossimo futuro, visto come vanno le cose in Europa.
Quel che è certo che avevamo abbandonato l’idea di dover costruire bunker dopo la caduta del muro di Berlino e invece eccoci qui a vivere nel terrore che qualcuno possa pensare di ricorrere ad armi di sterminio di massa, per risolvere conflitti che si potrebbero affrontare in altri modi.
All’epoca, prima della guerra mondiale, Villa Torlonia era la residenza privata del Duce che vi abitava con la moglie Rachele e i cinque figli. Con l’entrata in guerra dell’Italia nel 1940, vennero realizzate nella villa tre strutture blindate sotterranee.
I due rifugi e il bunker incompiuto voluti dal Duce
Precisamente: il rifugio Cantina, situato sotto il laghetto del Fucino e dotato di doppie porte blindate e di un sistema antigas di filtraggio e rigenerazione dell’aria che veniva azionato a manovella.
Il rifugio del Casino Nobile, costruito in un secondo tempo all’interno dell’edificio e composto da locali in cemento armato spessi 120 centimetri e dotati di un sistema di depurazione e ricambio dell’aria.
Il Bunker vero e proprio, una struttura blindata scavata ad una profondità di 6 metri e mezzo, costituita da una planimetria a forma di croce e gallerie a sezione circolare, sovrastate da una copertura in cemento armato dello spessore di 4 metri.
Un bunker che, nella migliore tradizione italica, non è stato mai ultimato, perché Mussolini venne arrestato il 25 luglio del 1943 e la costruzione era iniziata alla fine del 1942. I lavori avevano subito dei ritardi a causa della poca consistenza del terreno, per cui fu necessario scavare le fondamenta ad una doppia profondità. Per terminarlo mancavano solo dei lavori di rifinitura, come il sistema di aerazione, la copertura esterna del pozzo, le porte blindate.
Una volta finito, sarebbe stato il bunker italiano più resistente ma evidentemente non lo potranno utilizzare neanche i nuovi Capi di Stato, ove ce ne fosse bisogno.
Roma insolita, la visita al quadro “motorizzato” di Rubens
LaChiesa di Santa Maria in Vallicella, in via del Governo Vecchio 134, nel rione Parione, che in molti conoscono come la Chiesa Nuova, custodisce un capolavoro di Peter Paul Rubens, uno dei quadri più strani al mondo e per noi imperdibile nel nostro tour perché è noto come il quadro motorizzato!
Si tratta della pala d’altare raffigurante un’icona miracolosa della Madonna col Bambino, un ovale che avvolge la Vergine nella Gloria degli Angeli, dipinto dal maestro fiammingo nel 1608.
La curiosità è che il quadro sembra che in passato abbia sanguinato a causa di una pietra lanciata da un esaltato. Da quel momento l’immagine venne considerata miracolosa e si pensò di proteggerla. Così, fu costruita la chiesa nuova, la pala venne collocata nell’abside e venne chiesto a Rubens di dipingere una tela da posizionare sopra l’icona miracolosa.
Due anni dopo il maestro donò alla chiesa una Madonna con il bambino benedicente, che fu sovrapposta all’icona sacra sottostante e viene sollevata per mezzo di un meccanismo di pulegge e corde, per questo appunto detto “motorizzato”.
Per motivi di precauzione il quadro non è sempre visibile e solo alla fine della messa del sabato sera si può vedere la famosa Vergine. Succede quando il sacerdote attiva il meccanismo che consente di far ammirare lo splendido quadro e con un telecomando aziona il motore. Il quadro è davvero incantevole e si possono notare i dettagli in oro che fregiano le teste della Madonna e del Bambino.
Le Storie di San Matteo del Caravaggio a ingresso libero
Se andate in qualsiasi museo del mondo per vedere opere d’arte del livello di un Goya, un Picasso, un Botticelli sicuro dovrete pagare un biglietto d’ingresso e nemmeno tanto economico. A Roma no. Potete vedere le opere di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, gratis.
Basta andare a San Luigi dei Francesi, vicino a Piazza Navona, la chiesa nazionale dei francesi, per vedere nell’ultima cappella della navata sinistra le sue opere. Fu Mathieu Cointrel, alla fine del 1500, a commissionare al Caravaggio le Storie di San Matteo, di cui portava il nome.
Da sinistra rispetto all’altare è possibile riconoscere La Vocazione di San Matteo, noto per il mirabile cono di luce che invade la stanza raggiungendo Matteo, che riproduce la direzione di quella reale proveniente dalla finestra della cappella. Il dipinto centrale raffigura San Matteo e l’angelo, seconda versione dello stesso soggetto, il primo era stato rifiutato poiché mostrava il santo come un popolano dai piedi sporchi! Come se gli Apostoli fossero stati dei damerini del ‘700 e non pastori e pescatori. Infine, la tela di destra rappresenta la scena drammatica del Martirio di San Matteo, ucciso mentre sta officiando messa. Merci Monsieur Cointrel.
Caravaggio e la Madonna di Loreto: lo scandalo nella Roma misteriosa
Sempre vicino a Piazza Navona, nella Basilica Sant’Agostino, quindi facendo pochi passi a piedi, è possibile ammirare una delle opere più amate di Caravaggio, databile al 1604-1606: si tratta della Madonna del Loreto, conosciuta anche come Madonna dei Pellegrini.
All’epoca il dipinto destò scandalo poiché il pittore, per raffigurare la Madonna, aveva scelto una prostituta come modella. Chi vi si oppose evidentemente non conosceva abbastanza il Nuovo Testamento, dove una delle più importanti figure che hanno assistito Cristo e la Madonna era Maria Maddalena, probabilmente una ex prostituta.
Maria Maddalena compare nel capitolo 8 del Vangelo di Luca. Ma già nel capitolo 7 si narra della storia di una peccatrice che aveva bagnato i piedi di Gesù con le lacrime e asciugati con i capelli, una prostituta. Non vi è un collegamento testuale ma Maria di Magdala è stata in seguito identificata come quella prostituta senza nome, che Gesù aveva liberato dai suoi demoni.
Non si dice forse che gli ultimi saranno i primi? Perché mai una prostituta non potrebbe diventare una santa? Certe volte, ma soprattutto all’epoca dell’Inquisizione, i sacerdoti (intesi come vescovi o cardinali) dimenticano le parole di Cristo, nel condurre la loro Chiesa.
Infine, al lato di Piazza del Popolo si trova la basilica Santa Maria del Popolo, nota per ospitare numerose opere d’arte, da Raffaello a Bramante, da Bernini a Pinturicchio e dello stesso Caravaggio, ma ne abbiamo parlato già in un precedente articolo.
Tor Marancia e la street art Capitolina dal 2015
Nel 2015 si realizzò il progetto Big City Life, per ridare vita al quartiere periferico di Tor Marancia. Le case popolari del Lotto 1 vennero trasformate in un museo a cielo aperto all’insegna della Street Art.
Ben 70 giorni di lavoro, 756 litri di vernice e 974 bombolette spray sono stati necessari per vedere 11 palazzi del comprensorio Ater, arricchiti da 20 murales monumentali.
Venti opere d’arte contemporanea, alte 14 metri, per una superficie di 145 metri quadrati l’uno. Hanno collaborato al progetto 500 abitanti e 18 street artist provenienti da dieci paesi del mondo.
Quelle opere oggi sono visibili per chiunque voglia passare qualche ora in mezzo a dei capolavori eccezionali che rendono la Capitale al passo con i tempi, almeno nel mondo dell’arte contemporanea. Ovvio che c’è da camminare parecchio per vedere tutti i murales, ma ne vale la pena.
Roma: la misteriosa statua cui apparteneva il grande piede di marmo
Abbiamo capito che Roma ci riserva molte sorprese e molte curiosità quasi in ogni angolo della città. Tra tutti questi c’è un mistero che non è ancora stato possibile risolvere.
Passeggiando per le vie del centro, a due passi dal Pantheon in Via S.Stefano del Cacco, appoggiato su un piedistallo, c’è un grande piede marmoreo. Chi passa di lì lo ignora, per chi vive a Roma è una cosa logica, normale, incontrare una colonna, una statua, un piede di marmo. Cose che appartengono al passato, alla storia della città.
Gli esperti di storia l’hanno invece fatto oggetto di numerose ricerche, per cercare di identificarne la provenienza.
È un piede femminile quello che ammiriamo?
Secondo le teorie più accreditate, il piede potrebbe essere ciò che rimane di una statua colossale. Quasi sicuramente, proviene da un grande tempio dedicato a due divinità egizie, Iside e Serapide. Il tempio si trovava proprio a Campo Marzio ed era noto come Iseo Campense. Ci dobbiamo credere.
Non abbiamo motivo di dubitare degli esperti. Tuttavia dedurre a chi appartenesse un piede di marmo, a quale personaggio, con quale volto o nome, non è facile da stabilire.
Gli studiosi si sono chiesti a lungo se si trattasse di un uomo o di una donna, di una Dea, di una sacerdotessa o di un condottiero. Da che si vede che era un piede femminile?
Alcuni ricercatori non hanno dubbi, la statua rappresentava la Dea Iside. Nella stessa via ci sono altre testimonianze dell’esistenza dell’Iseo Campense, come l’arco a tre arcate detto di Camillo o di Camigliano, che dava accesso al tempio.
Un’ulteriore prova dell’esistenza del tempio, distrutto nel ‘500, deriva proprio dal nome “Cacco” dato alla strada e alla chiesa dedicata a Santo Stefano, fin dal Medioevo.
In questa via, infatti, si trovava la statua di una scimmia, detta “il Cacco” (macaco), portata nel 1562 in Campidoglio e dal 1838 parte integrante della collezione egizia dei Musei Vaticani. Quel termine per i romani di adesso suona allusivo ad una nota parolaccia e non mancano di ricordarlo ogni volta che debbono nominare quella via.
La più breve ferrovia internazionale del Mondo
Anche lo stato Città del Vaticano ha una ferrovia. Costruita nel 1929, per collegare lo Stato Pontificio al Regno d’Italia, è lunga poco più di un chilometro, di cui solo 200 metri in territorio vaticano, è la più breve ferrovia internazionale al mondo. Con il passare degli anni, la linea fu dismessa e in occasione del Giubileo del 2000, uno dei due binari fu rimosso per lasciare spazio ad un suggestivo percorso che pochi conoscono: la passeggiata del Gelsomino.
Per raggiungerla, bisogna entrare all’interno della Stazione San Pietro e poi proseguire lungo il binario 1, solo quello c’è, svoltando subito a destra come se si dovesse prendere il treno. Qui inizia il percorso che porta fino alla Rampa Aurelia, la scalinata che costeggia le Mura Vaticane, e che permette di ammirare la cupola di San Pietro da una prospettiva totalmente inedita.
La passeggiata si chiama del Gelsomino per un duplice motivo. Il primo è facilmente intuibile: lungo la via si trovano dei gelsomini che, in estate, quando sono al massimo della fioritura, la rendono ancora più bella e profumata, con quei piccoli fiori bianchi.
Il secondo motivo è che questo incredibile percorso ferroviario si affaccia su quella che un tempo era chiamata la Valle del Gelsomino, che si estendeva dal Vaticano al Gianicolo.
Roma non è solo misteriosa: a Labaro la cultura ha la forma di panchine letterarie
Nella zona Nord, a Labaro, il Comitato di quartiere ha avuto recentemente la geniale idea di trasformare le panchine dei giardini in opere d’arte letterarie. Ornandole con frasi poetiche, colori, disegni, riferimenti letterari. In genere a Roma non si è mai prestato tanta attenzione al decoro urbano e a promuovere questi luoghi di relax in luoghi d’incontro che non fossero per emarginati, drogati e teppisti.
Se le zone verdi della città possono essere importanti punti di aggregazione sociale, bisogna renderle adatte ad attirare le persone, le famiglie, i ragazzi. C’è chi porta a spasso un cane, chi prende il sole, chi legge un libro seduto su una panchina.
Frasi dei grandi della letteratura, di scrittori locali e simboli che esprimono l’amore per dove vivono, abbelliscono le panchine del quartiere. Attualmente possiamo ammirare vedere tre panchine letterarie ma ne sorgeranno altre, speriamo.
Sara Mechelli ne parla in un articolo del 10 maggio scorso su Romatoday.it.
Una panchina è dedicata proprio al quartiere Labaro, in via Brembio (I love Labaro); un’altra, in piazza Arcisate, è in ricordo di Livia Drusilla (ad gallinas albas) e “se ci fate caso al tramonto la piazza trattiene sempre un po’ di meraviglia”.
Cavino, Dante, Neruda: le frasi d’amore per quella Roma misteriosa e antica
“Ogni volta che si entra nella piazza ci si trova in mezzo a un dialogo (Italo Calvino) e “Sono altre le strade, io sono una piazza, non porto in nessun posto, io sono un posto”.
La panchina dell’amore si trova in via Gemona del Friuli dove si citano Torquato Tasso, Dante e Pablo Neruda: “Perduto è tutto il tempo che in amor non si spende” (Tasso); “Mi prese del costui piacer sì forte che, come vedi, ancor non m’abbandona” (Dante); “Amare è così breve, dimenticare è così lungo” (Neruda).
Le panchine sono realizzate grazie all’impegno di alcuni residenti e non, di artisti e altri pittori amatoriali. Da qui si potrebbe creare un itinerario letterario che possa coinvolgere l’intero quartiere e magari allargarsi ad altri quartieri e ville di Roma.
Luoghi dei sentimenti dimenticati
Ricordo che a Bolgheri, nel Comune di Castagnato Carducci nel cuore della Maremma livornese, c’è una strada che ha incantato poeti e pittori.
È il Viale dei Cipressi: quasi 5 km che collegano l’oratorio di San Guido al suggestivo borgo di Bolgheri. Qui Giosuè Carducci scrisse nel 1886 l’ode “Davanti a San Guido” immortalando e rendendo celebre il viale dei Cipressi. In omaggio al Poeta, tutte le vie sono intitolate a personaggi delle sue poesie.
Mentre a Pennabilli, in provincia di Rimini, il poeta e sceneggiatore Tonino Guerra, realizzò una mostra permanente di installazioni artistiche denominata I Luoghi dell’Anima, come l’Orto dei frutti dimenticati, il Rifugio delle Madonne abbandonate, la Strada delle meridiane, il Santuario dei pensieri, l’Angelo coi baffi e il Giardino pietrificato, quest’ultimo con l’apporto dello scultore Giovanni Urbinati. Guerra morì a 92 anni nel 2012. Le sue ceneri sono incastonate sopra la Casa dei Mandorli, a Pennabilli, il posto in cui decise di trasferirsi gli ultimi 25 anni della sua vita.
Questo per dire che ci sono iniziative, e se ne potrebbero fare tante nei borghi e nei quartieri delle città che aprirebbero il cuore e la mente delle persone, dando loro la sensazione di vivere in un luogo in cui emozioni e sentimenti contano ancora e possono farti sentire che la vita è sempre degna di essere vissuta, anche se in periferia.