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Roma, punizione ai ragazzi del liceo per il saluto fascista. Cosa dice la legge

In sostanza i provvedimenti disciplinari nei confronti degli studenti sono stabiliti in seno agli istituti e decisi dai consigli scolastici

Roma, Saluto fascista al liceo

Il professor Guidobaldo Maria Riccardelli fu costretto per due giorni e due notti consecutive a visionare ininterrottamente a rotazione: Giovannona Coscialunga, L’esorciccio e La polizia s’incazza.

Questa fu la pena comminata dal ragionier Ugo Fantozzi al “potentissimo professore“ appassionato di cinema d’arte  che aveva obbligato lui ed i suoi colleghi d’ufficio  a visionare centinaia di volte l’interminabile film La corazzata Potemkin (che nel film viene chiamata Kotiomkin perché il regista Luciano Salce non aveva ottenuto i diritti dell’omonima pellicola).

Alcuni giorni fa due studenti di un liceo di Roma sono stati puniti per aver effettuato il saluto romano (o fascista) in aula. Il provvedimento disciplinare a fine rieducativo ha previsto la lettura di opere di Calvino, Vittorini e Scurati. Ora, di gesti inutili, stupidi, fuori luogo, chiamateli come volete, gli studenti ne hanno sempre compiuti e se ci dovessimo mettere a punirli obbligandoli a leggere dei testi  dovremmo occupare le biblioteche pubbliche per giorni interi, il che non sarebbe male perché forse finalmente leggerebbero qualcosa.

Tuttavia il 19 gennaio 2024, la Corte Suprema di Cassazione di Roma ha stabilito che il saluto romano non è illegale a meno che non metta in pericolo l’ordine pubblico o promuova la rinascita di ideologie fasciste. Non credo che qualcuno abbia pensato che i due studenti avessero l’intenzione di rifondare il partito fascista e quindi, poiché il fatto non costituisce reato sotto il profilo giuridico, allora chi stabilisce cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa è morale cosa e cosa non lo è , e soprattutto chi debba essere punito, come e perché? Tanto più in ambito scolastico.

La legge italiana, in proposito, recita quanto segue:

Il Presidente della Repubblica stabilisce, con DPR 24 giugno 1998, n. 249 adotta il regolamento “Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria”, il quale, all’Art. 4 (Disciplina) , comma 1 e due stabilisce che :

1. I regolamenti delle singole istituzioni scolastiche individuano i comportamenti che configurano mancanze disciplinari ( … ), al corretto svolgimento dei rapporti all’interno della comunità scolastica e alle situazioni specifiche di ogni singola scuola, le relative sanzioni, gli organi competenti ad irrogarle e il relativo procedimento, secondo i criteri di seguito indicati.

2. I provvedimenti disciplinari hanno finalità educativa e tendono al rafforzamento del senso di responsabilità ed al ripristino di rapporti corretti all’interno della comunità scolastica.

In sostanza i provvedimenti disciplinari nei confronti degli studenti sono stabiliti in seno agli istituti e decisi dai consigli scolastici. Ogni scuola ha facoltà di procedere a propria discrezione. Dipenderà dalla sensibilità del corpo docenti e del preside.

E se in una scuola le idee dei professori e del dirigente dovessero essere filo israeliani, un alunno che indossasse la kefiah ( simbolo della resistenza palestinese ) verrebbe obbligato a leggere Il diario di Anna Frank e a guardare ininterrottamente Schindler’s List?

Viceversa se gli insegnanti e il dirigente scolastico fossero filo palestinesi, come punirebbero un alunno che dovesse inneggiare ai bombardamenti israeliani su Gaza? Magari lo obbligherebbero a guardare il documentario Al Nakba di Rawan Damen?

Balla coi lupi

Speriamo che in una scuola elementare, durante il prossimo carnevale, a nessun bimbo venga in mente di travestirsi da sceriffo con tanto di cappello, stella al petto e cinturone… Hai visto mai se qualche maestro sensibile alla causa dei nativi americani (causa assolutamente da condividere e sostenere, sia ben chiaro) lo obbligasse a guardare per giorni “Balla coi lupi“.

In sostanza, se un gesto, una frase, un atto in seno alla scuola, non costituisce reato ma si limita ad offendere la sensibilità di alcuni, forse i criteri di scelta dei provvedimenti disciplinari rieducativi dovrebbero richiedere maggiore riflessione e obiettività, evitando di essere “ condizionati “ dalle idee politiche o culturali di chi li stabilisce.

La scuola per anni è stata “contaminata“ dalla politica. Chiunque stia leggendo questo articolo ha avuto probabilmente esperienza diretta con un insegnante che non nascondeva le proprie idee e magari, speriamo involontariamente ed in buona fede , abbia cercato di infonderle agli studenti.

Un tempo la scuola era un filtro educativo. Se la maestra ti dava un cattivo voto o ti sgridava, quando tornavi a casa tuo padre “ti dava il resto“.

Punizioni vintage: in ginocchio sui ceci

Quando da bambino , nei primo anni 80, frequentavo la Scuola Statale Media Italiana di Casablanca, i nostri maestri sgridavano, mollavano schiaffoni e si finiva a volte “In ginocchio sui ceci“.

Nessun genitore arrivava in aula aggredendo o denunciando il professore che aveva punito suo figlio. Di certo se lo era meritato. Certo oggi sembrerà eccessivo , ma nessuno è mai morto o è rimasto traumatizzato , almeno per quanto riguarda tutti quelli che ho conosciuto.

Qui in Marocco, il mio amico Said mi racconta spesso di quando da bimbo, presso una scuola pubblica, un suo maestro aveva escogitato un modo ingegnoso per punire gli alunni indisciplinati. Il maestro sedeva di fronte a numerosi file di studenti, seduti terra. Alla propria destra aveva diverse canne di bamboo di differenti misure. Così, in base alla distanza dell’alunno colpevole , poteva scegliere e brandire la canna della giusta lunghezza per arrivare a colpirlo senza doversi alzare.

Lo so, sembra assurdo e brutale. Ma funzionava così. Così come accadeva che i nostri genitori ci mollassero un ceffone , ci tirassero una ciabattata o ci colpissero il sedere con il battipanni in vimini.

Non siamo morti. Ce ne ricordiamo in fondo con rispetto e gratitudine perché spesso, quasi sempre, ce l’eravamo meritato.

Le punizioni corporali, nel nostro paese,sono fortunatamente un lontano ricordo anche se ancora oggi, in molte democrazie sono ancora previsti dalla legge. Educare è forse il compito più difficile per un essere umano. Comportano enormi responsabilità ed un peso spesso gigantesco per le conseguenze prodotte da scelte spesso difficilissime.

In assenza di regole chiare e ufficiali vige il buon senso

A quello ci appelliamo. Sono anche io un insegnante. Cerchiamo di dare il buon esempio. Questo spesso ci eviterà di dovere punire eccessivamente ed inutilmente chi sbaglia.

Secondo l’idea del contadino, lo scolaro lo si frusta e lo si deve frustare: che scolaro è mai, pensa, se non lo frustano? Se ora gli dico che non ci frustano, per lui è un dispiacere.” Dostoesvkij