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Roma. Tpl, indetto sciopero l’8 novembre: no a fasce di garanzia

L’ultima volta nel 2005. Tra i motivi, il rinnovamento urgente del contratto nazionale di categoria, fondi scarsi e sicurezza del settore

Linea Bus Atac X Municipio di Roma

L’8 novembre si prospetta l’ennesimo giorno critico per il trasporto pubblico in Italia: il settore incrocerà le braccia a livello nazionale, con uno sciopero di 24 ore che potrebbe lasciare bus e metro completamente fermi. Una giornata senza precedenti da quasi 20 anni, quando le fasce di garanzia vennero sospese per una singola giornata, come consente la normativa, per permettere uno sciopero “integrale” per ogni vertenza. I sindacati Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Faisa Cisal e Ugl Fna hanno confermato le modalità dello sciopero, spiegando che la mobilitazione intende dare voce a una serie di problematiche che affliggono il Trasporto Pubblico Locale (Tpl) in Italia, in attesa di un rinnovamento ormai urgente del contratto nazionale di categoria.

Sciopero, richiesto aggiornamento del contratto nazionale

Alla base di questa protesta c’è il mancato rinnovo del contratto collettivo nazionale degli autoferrotranvieri-internavigatori, che è scaduto il 31 dicembre scorso. Le trattative, avviate a gennaio, si sono bruscamente interrotte a maggio, creando uno stallo che i sindacati giudicano inaccettabile per un settore che coinvolge oltre 100.000 lavoratori. Le rivendicazioni degli addetti non riguardano solo la richiesta di adeguamenti salariali, ma abbracciano anche temi cruciali come sicurezza, risorse, sostenibilità e un sistema più efficiente. Il manifesto del Tpl, stilato dalle cinque sigle sindacali, è una denuncia delle gravi carenze che affliggono il trasporto pubblico italiano e punta il dito su un taglio al fondo di settore pari a circa 1,5 miliardi di euro negli ultimi dieci anni.

Secondo il segretario generale della Filt Cgil, Stefano Malorgio, i 120 milioni di euro stanziati nella manovra 2025 sono “insufficienti” rispetto alle reali esigenze di un settore in crisi. “Mentre tutta Europa investe nel trasporto pubblico, in Italia assistiamo a un arretramento, sia nelle città medie che nelle grandi,” ha sottolineato Malorgio, facendo emergere un contrasto con gli investimenti europei nel settore. A ribadire l’urgenza di una riforma, Salvatore Pellecchia della Fit Cisl ha evidenziato la frammentazione del sistema italiano, in cui operano ben 900 aziende, rispetto alle 5-6 realtà degli altri Paesi europei. Di queste, solo 20 coprono la metà degli 11 miliardi di fatturato del Tpl, un dato che, secondo Pellecchia, evidenzia la necessità di una semplificazione e di un miglioramento dell’efficienza del sistema.

Tra i motivi dello stop la sicurezza del settore

Nonostante i tentativi di riforma, tra cui l’istituzione di una “commissione Mattarella” per la ristrutturazione del Tpl, i risultati concreti sono stati scarsi. “La riforma si è persa nelle nebbie,” ha affermato Mauro Mongelli, segretario generale della Faisa Cisal, lamentando che le promesse di miglioramento siano rimaste sulla carta.

La crisi del Tpl non si limita a questioni di retribuzione e strutturazione; anche la sicurezza è un tema caldo. “Il settore sta andando verso lo sfascio,” ha dichiarato Fabio Milloch dell’Ugl Fna, illustrando come molti dei 50.000 mezzi in servizio siano in condizioni di precarietà assoluta. A Milano, i mezzi dismessi spesso finiscono in Sicilia, dimostrando la mancanza di un piano strategico nazionale che garantisca un livello omogeneo di qualità e sicurezza nei trasporti su tutto il territorio italiano.

Il rischio di aggressioni è un’altra preoccupazione che esaspera i lavoratori, i quali sono sempre più esposti a situazioni di pericolo. “Il rischio di aggressioni è quotidiano,” ha sottolineato Marco Verzari, segretario generale della Uiltrasporti, aggiungendo che il settore necessita di un rifinanziamento adeguato non solo per garantire un servizio efficiente, ma anche per tutelare l’incolumità degli operatori.

In concomitanza con lo sciopero, è prevista una manifestazione nazionale davanti al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit), un ulteriore tentativo dei sindacati per sollecitare l’intervento del governo.