Roma, urinò davanti all’Altare della Patria: condannato un giovane
Chiusa l’indagine, i fatti risalgono al 2023: il ragazzo ha chiesto, tramite i suoi legali, i lavori socialmente utili

Il Vittoriano, Piazza Venezia, Roma
La Capitale si trova ancora una volta a fare i conti con un episodio di becero vandalismo. Un giovane laureato, oggi 28enne, si è reso protagonista di un gesto che ha destato sdegno e incredulità: il 15 giugno 2023, per festeggiare la fine del suo percorso universitario, ha deciso di urinare davanti all’Altare della Patria, monumento simbolo dell’Unità d’Italia e della memoria nazionale.
Vandalismo all’Altare della Patria, i fatti risalgono a due anni fa
L’episodio, che all’epoca dei fatti coinvolse un ragazzo di 26 anni, fu accompagnato dalla complicità di un amico, pronto a riprendere la scena con il cellulare per immortalare un momento che doveva essere goliardico, ma che si è trasformato rapidamente in un incubo legale. La “bravata” non passò inosservata: una pattuglia della Polizia, in servizio nei pressi del Vittoriano, notò la scena e intervenne prontamente, bloccando i giovani e conducendoli presso il Commissariato Celio.
Dopo essere stati identificati e interrogati, i ragazzi non opposero resistenza e collaborarono immediatamente, consegnando i telefoni cellulari agli agenti e ammettendo le loro responsabilità. Le scuse, sincere ma tardive, non bastarono a mitigare l’eco dell’accaduto. L’indagine, conclusa dopo due anni, ha portato il giovane laureato a rispondere di fronte alla giustizia per il reato di “deturpamento e imbrattamento di beni culturali”, come previsto dall’articolo 518 duodecies del codice di procedura penale.
Il reato prevede pene severe: il secondo comma dell’articolo specifica che «chiunque, fuori dei casi di cui al primo comma, deturpa o imbratta beni culturali o paesaggistici propri o altrui, ovvero destina beni culturali a un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico ovvero pregiudizievole per la loro conservazione o integrità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 1.500 a 10.000 euro».
Gian Maria Nicotera, legale del giovane, ha avanzato la proposta di lavori socialmente utili presso una struttura assistenziale pubblica, sperando in un atto riparatore che possa ridurre le conseguenze giudiziarie per il suo assistito. “Il mio cliente è profondamente pentito e consapevole della gravità del gesto. Ritiene giusto rimediare con un impegno concreto a favore della comunità”, ha dichiarato l’avvocato.