Rosario Cerra: “Alla ripresa occorre Stato favorevole a imprese dei privati”
L’intervista a Rosario Cerra, presidente del Centro Economia Digitale su ripresa, tecnologie e collaborazione tra Stato e privati
Rosario Cerra, l’intervista. La pandemia da Sars-coV-2 ha sconvolto le nostre coscienze, le nostre abitudini e la nostra economia. Molte le ricette finanziarie proposte per risollevare il nostro sistema, attività e servizi, tuttavia ciò che occorre è innanzitutto una svolta nel nostro paradigma economico.
L’intervista a Rosario Cerra presidente del Centro Economia Digitale.
“Dopo la pandemia occorre ripensare alla ripresa ma in un’ottica propriamente imprenditoriale. Il tema è che occorre un contesto favorevole alle imprese e al lavoro, che noi oggi nel nostro paese non abbiamo. Né da un punto di vista operativo, né, soprattutto, dal punto di vista culturale: nel corso del tempo si è infatti andato a creare un rapporto tra Stato e privato nel quale lo Stato da per scontato che il privato voglia in qualche modo compiere azioni illecite. Il controllo e il clima di sospetto è diventato estremo e con questa logica non potremo ripartire.
Lo Stato deve tornare ad avere fiducia nei suoi cittadini e anzi a tutelare le aziende. Lo Stato deve tornare ad essere come gli altri stati liberali d’Occidente, ossia partire con un’impostazione di fiducia verso i cittadini. E laddove poi essi eventualmente trasgrediscano, assicurare davvero la pena. Non avere un atteggiamento punitivo preliminare verso tutti, ma la certezza della pena quando davvero viene commesso un reato economico”.
Strategie economiche più realistiche
Attualmente sono molte le strategie proposte per la ripartenza, quasi troppe… e non riusciamo a districarci.
“In questo momento elaboriamo tante strategie, come la Colao per dirne una, tuttavia la questione è pensare a strategie su base razionale, che possano essere sviluppate concretamente. Quando si fa una riforma a monte, si deve già pensare a come sarà a valle. Altrimenti facciamo come negli ultimi vent’anni, nei quali migliaia di iniziative si sono infrante contro la mancanza di capacità di agire o sui problemi della pubblica amministrazione. La nuova economia non è quella degli anni ’70, ma un ecosistema nuovo in cui c’è pubblico e privato che collaborano. Si deve passare dall’ossessivo controllo delle procedure all’ossessiva attenzione ai risultati.
Viviamo un presente eccezionale dopo gli ultimi venti anni in cui la produttività italiana era rimasta ferma. L’emergenza sanitaria ci ha sbattuto in faccia tutto ciò che non abbiamo fatto nei precedenti decenni. Dal futuro ci arriva poi un altro schiaffo: non abbiamo capito quanto l’innovazione tecnologica sia importante nei mercati”.
Occorre ripensare anche una nuova forma di assistenzialismo?
“Durante la pandemia lo Stato ha giustamente svolto un tipo di assistenza orizzontale, ma nella ripartenza gli investimenti vanno usati per far ripartire il sistema, per rimetterlo in moto. Molte risorse che abbiamo sprecato in passato, oggi ci servono. Ricordiamo che i soldi che ci arrivano non sono un regalo ma un prestito di denaro che non abbiamo. Per questo vanno investiti in attività che producano ricchezza per il paese e per poterli restituire”.