Rsa, le residenze sanitarie assistenziali e la triste sorte degli invisibili
Agghiacciante, il servizio tv che ha documentato un gruppo di anziani ripresi nei loro letti, subito dopo esser stati colpiti da Covid-19
Sin dalla prima conferenza stampa della Protezione Civile sullo stato delle cose in Italia al tempo del coronavirus, è stato omesso dal conteggio completo, quello degli occupanti delle case di residenza assistenziali scomparsi per il coronavirus, in maggioranza quelli ospiti delle RSA in Lombardia. Solo in quella regione gli anziani non autosufficienti, o con autosufficienza parziale, raggiungono quota 345.000. Sono numeri da capogiro se si considera che quello della cura e sostegno di quella fascia debole, è ormai un vero e proprio business spartito tra pubblico e privato, oltre che un obbligo morale e civile delle nostre Amministrazioni.
Parentesi. Nel tariffario di una RSA, Residenza Sanitaria Assistenziale italiana è importante comprendere che la tariffa giornaliera per ospitare un over 75 è suddivisa in quota sanitaria e quota alberghiera. Gli anziani che entrano in regime privato, versano la quota nella totalità, ovvero, sia la quota alberghiera che quella sanitaria. Per gli altri, ogni Regione prevede una specie di tariffario, una percentuale fissa a carico del nostro Servizio Sanitario Nazionale, e una a carico del paziente o del comune di residenza: il tutto in base a specifici calcoli sul reddito etc.etc. Non si fa nulla per nulla.
Tornando ora al tema del conteggio quotidiano della protezione Civile, una volta riscontrato l'avvenuto decesso di un anziano ricoverato in una RSA, ma non potendo in molti di questi casi accertarne formalmente la causa clinica, la sanità si è vista costretta ad usare il termine “morti bianche.”
Gli invisibili chi sono?
Dal momento del proliferarsi del Covid 19, sono partiti i primi ricoveri di anziani delle RSA nei nosocomi di urgenza; ma divenuta da subito drammatica la situazione contingente dei pronto soccorso (a causa dell'insufficiente numero di respiratori polmonari e unità di terapia intensiva) si sono fatti due calcoli sul numero dei malati con “situazioni di precedente fragilità”; a questi si è deciso che le cure sarebbero state prestate “presso la stessa struttura – dove erano residenti – onde evitare ulteriori rischi di peggioramento dovuti al trasporto e all’attesa in Pronto Soccorso”.
Un epilogo triste, indecente e praticamente occultato, orchestrato dietro le quinte del già di per sé oscuro spettacolo che è la morte, sempre e comunque un fatto inaccettabile.
“L'obiettivo di un alleggerimento del peso sugli ospedali difeso a spada tratta dalla Regione, non è avvenuto solo agendo sui flussi in uscita, ma anche su quelli in entrata. E il mezzo, in entrambe le direzioni, sono le Rsa.”
In questo senso possiamo definire straziante, agghiacciante, il servizio andato in onda all'interno di una RSA di Milano, che ha documentato un gruppo di anziani ripresi nei loro letti, pochi istanti prima o subito dopo esser stati colpiti da Covid-19 (Piazza Pulita, La7). Un documento che toglie il fiato, e che porta a farci condannare che il fine non può mai giusticare i mezzi. Al fine di non far collassare gli ospedali e ogni altra struttura della Lombardia ormai prigioniera di se stessa – preda prevalentemente per il ricovero di soli pazienti Covid-19 – la sanità lombarda ha dovuto effettuare un trapasso di over 75 presso le RSA di origine.
Come dire, tutti quelli con precarie condizioni di salute pregresse, non avranno una seconda chance.
L'atto sembrerebbe quasi dovuto.
Nella delibera regionale della Lombardia, la numero XI/3018 del 30 marzo 2020, vengono infatti enunciate prassi da seguire al riguardo, si badi bene, attività perfettamente “legali” e utilizzate anche in altri Paesi come per esempio la Gran Bretagna. Nella delibera si usano toni “compassionevoli” sino all'ultima fase degli allegati dove si spiegano le "buone prassi per il fine vita degli ospiti malati”.
Se il paziente nelle RSA è infine da considerarsi terminale, si aggiungono linee guida per “protocollo di sedazione terminale-sedazione palliativa“. Il tutto nel massimo del “fair play” morale per così dire, possibilmente non far soffrire nessuno: dal paziente, al parente, passando per l'impiegato sanitario.
Un “fair play” talmente cinico che alcuni familiari sono venuti a conoscenza della perdita dei loro cari per pura coincidenza, o nel migliore dei casi sono stati avvertiti mediante telefonata, di un'offerta last minute per un'estrema unzione al parente ormai in condizione disperata.
La questione delle politiche sugli anziani è un boccone amaro da far digerire alla politica, perché non porta voti ed è un argomento che fa a cazzotti col tema della longevità e degli stretti vincoli finanziari di uno Stao. Ma è materia sempre più attuale e va affrontata con coraggio, cuore e senso di compartecipazione perché include tutti, e prima o poi coinvolgerà tutti.
Ognuno di quei pazienti scomparsi dal radar delle breaking news, come se ogni punto nero qualsiasi si confondesse nel vacuo dell'infinito, senza invece e a ragione esserne considerato parte integrante, e con sfregio finale omessi pure dalla conta, quei morti appartengono alla nostra vita: non solo ne colorano il passato coi loro ricordi mai sbiaditi, ma ne sostanziano il presente e ne significano il futuro, perché non esisterebbe alcuna storia senza di loro.
E la storia ci viene sempre di aiuto:
Pascha, dal greco páskha, dall'ebraico pesah ‘passaggio’. Presso gli Ebrei la Pasqua si celebrava con la liberazione dalla schiavitù dell'Egitto, per i cristiani la festa commemora la risurruzione di Cristo. Per ognuno di noi questa Pasqua deve rappresentare l'occasione, il momento decisivo per l'ineluttabile passaggio verso una società più responsabile, soprattutto più umana, e senza fini di lucro verso nessuno.
Vedete, lassù… quella una stella…