Salute, lo strano caso del dottor Zinga e di mr. Nicola
Il Governatore del Lazio improvvisamente preoccupato del virus che irrideva. Ma diserta il Consiglio sull’emergenza, mentre negli ospedali mancano i posti letto di terapia intensiva
In un Governo che su un’emergenza come quella del COVID-19 procede in ordine sparso, dando quotidianamente direttive che puntualmente vengono smentite il giorno successivo, non c’è da stupirsi che il segretario di uno dei maggiori partiti che sostengono il bi-Premier Giuseppe Conte – il Pd – fatichi ad accordarsi perfino con se stesso. Non c’è però da stare allegri, considerato che il segretario in questione, Nicola Zingaretti, è anche il Governatore del Lazio, Regione dove è stato da poco accertato il primo decesso da (o forse con) coronavirus, all’ospedale San Giovanni di Roma.
Negli ultimi giorni, il leader del Partito Democratico ha suggerito di evitare contatti fisici anche nel salutarsi, affermando che «per alcuni giorni, forse alcune settimane, vanno cambiate le abitudini personali». Ha consigliato di sospendere o almeno limitare fortemente gite, viaggi e spostamenti. Ha difeso le scelte dell’esecutivo rosso-giallo (a partire dalla chiusura di scuole e atenei), definendole «giuste e ponderate e condivisibili». Il che, per carità, è legittimo – e probabilmente anche dignum et iustum.
Solo che viene da chiedersi: è lo stesso Zingaretti che un mese fa, in diretta tv, si prendeva gioco di quelli che definiva «allarmismi infondati»? Lo stesso da cui dipende la sanità regionale, che conta appena 590 posti letto di terapia intensiva disponibili per una popolazione che è 10.000 volte tanto? Lo stesso che nel 2015 ha fatto chiudere il Forlanini, i cui spazi ora risulterebbero estremamente utili?
Si dirà, solo gli stolti non cambiano mai idea, tant’è che da via della Pisana è stata emessa un’ordinanza per creare la bellezza di 153 nuovi posti letto di terapia intensiva, raddoppiando tra l’altro la capienza dello Spallanzani. E d’altronde i dem erano gli stessi che avevano pateticamente lanciato l’hashtag #abbracciauncinese per contrastare un fantomatico allarme razzismo – in realtà inesistente -, e ora rifuggono anche le strette di mano.
Tutto vero, anzi, meglio tardi che mai. Se non fosse che tre giorni fa (non tre settimane o tre mesi) era stata indetta una seduta straordinaria del Consiglio regionale da dedicare proprio all’emergenza coronavirus, e il presidente del Lazio ha pensato bene di disertarla.
Però lo stesso giorno ha trovato il tempo di twittare giulivo che il patogeno potrebbe essere per l’Europa «una grande occasione per ricostruire un rapporto con i cittadini» e altre amenità da libro rosso dei sogni. E c’è da dire che la Ue sta proprio andando nella direzione auspicata da via del Nazareno, come dimostra la pochade germano-scandinava inscenata da Ursula von der Leyen su un’altra criticità immaginaria come il clima: a conferma di quanto Bruxelles possieda il senso delle priorità e il polso della situazione – soprattutto di quelle straordinarie.
In ogni caso, se, come sosteneva Agatha Christie, «tre indizi fanno una prova», forse è proprio vero che siamo di fronte a qualche curioso fenomeno: magari il segretario del Pd non sa cosa dice e cosa fa il Governatore del Lazio, e viceversa. Lo strano caso del dottor Zinga e di mr. Nicola.
Forse, dopotutto, Donald Trump non aveva sbagliato concettualmente. Forse, semplicemente non era Giuseppi il plurale corretto.
*Foto dalla pagina Facebook di Nicola Zingaretti