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Salute Roma e Lazio, chi può permetterselo va dal privato, chi non può rinuncia alle cure

Sanità nel Lazio: spesa record e cure negate per i più deboli ma il diritto alla salute non può diventare un lusso riservato a pochi

Ospedale_Medico_Analisi cliniche_pexels-pranidchakan-boonrom

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Nel 2023 il Lazio si conferma la regione italiana con la maggiore spesa sanitaria privata sostenuta dalle famiglie, con un valore pro-capite di 852 euro, ben al di sopra della media nazionale di 730 euro. Ma il dato più allarmante è un altro: il 10,5% dei cittadini ha dovuto rinunciare alle cure, rispetto a una media italiana del 7,6%.

A rivelarlo è il rapporto della Fondazione Gimbe, che mette in evidenza le disuguaglianze regionali e il crescente peso economico della sanità privata sulle famiglie, con il Lazio che registra il record nazionale per la spesa sanitaria privata media per nucleo familiare: 1.852,2 euro all’anno, quasi il doppio di regioni come la Sardegna, dove la spesa è ferma a 998 euro.

Un quadro preoccupante che evidenzia un sistema sanitario sempre più in crisi, incapace di rispondere ai bisogni di tutti i cittadini, con un Fondo Sanitario Nazionale sempre più sottofinanziato e un’emergenza che rischia di esplodere nei prossimi anni.

Cure negate e sanità pubblica al collasso: il dato più grave

Se la spesa sanitaria privata nel Lazio ha raggiunto livelli record, la conseguenza diretta è altrettanto preoccupante: sempre più persone sono costrette a rinunciare alle cure.

Il 10,5% dei cittadini laziali ha dichiarato di non potersi permettere visite specialistiche, esami diagnostici o trattamenti, una percentuale superiore di tre punti alla media nazionale.

Le cause di questa situazione sono molteplici:
Liste d’attesa infinite nel sistema sanitario pubblico, che spingono chi può permetterselo verso il privato.
Costo delle prestazioni sanitarie private in costante aumento, con visite specialistiche e analisi cliniche che spesso diventano proibitive.
Tagli al finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, che hanno portato alla riduzione dei servizi e del personale, aumentando i disagi per i pazienti.

Chi non ha risorse economiche si trova davanti a una scelta drammatica: aspettare mesi o anni per una prestazione pubblica o rinunciare del tutto alla salute.

Chi può permetterselo va dal privato, chi non può rinuncia alle cure

Il rapporto Gimbe mette in luce un altro fenomeno preoccupante: la forbice tra chi ha disponibilità economica e chi invece deve fare i conti con la crisi si sta allargando sempre di più.

Le fasce più deboli della popolazione sono costrette a rimandare o addirittura rinunciare a visite mediche, esami e cure di cui avrebbero bisogno.
Chi ha possibilità economiche, invece, evita il sistema pubblico e si rivolge direttamente a strutture private, aumentando ulteriormente il divario sociale.

Questa tendenza si è aggravata negli ultimi anni, con il Lazio che è passato dal 7% di rinunce alle cure nel 2021 al 10,5% del 2023, un incremento senza precedenti.

Il sottofinanziamento del SSN e il nodo del diritto alla salute

Una delle principali cause di questa situazione è la drastica riduzione dei fondi destinati alla sanità pubblica.

Negli ultimi anni, il Fondo Sanitario Nazionale ha raggiunto i livelli di finanziamento più bassi degli ultimi dieci anni, mentre il peso della spesa sanitaria sulle famiglie è aumentato.

Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti:
Ospedali in sofferenza, con pronto soccorso sovraffollati e carenza di personale.
Liste d’attesa interminabili, con pazienti costretti ad aspettare mesi per una visita specialistica o un esame diagnostico.
Progressiva privatizzazione della sanità, con cittadini costretti a pagare di tasca propria per ricevere cure in tempi ragionevoli.

Di fronte a questa situazione, si torna a parlare della necessità di inserire un vincolo costituzionale di finanziamento per garantire i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e rendere effettivo il diritto alla salute sancito dall’Articolo 32 della Costituzione.

Il diritto alla salute non può essere un lusso

Il rapporto Gimbe sul 2023 fotografa una realtà drammatica, che rischia di peggiorare nei prossimi anni se non si interviene con misure concrete per rafforzare il sistema sanitario pubblico.

Il Lazio detiene il record per la spesa sanitaria privata più alta e per il maggior numero di persone che rinunciano alle cure, un primato che evidenzia il fallimento di un modello che ha progressivamente ridotto il ruolo del SSN a favore del settore privato.

Se la salute diventa un privilegio per chi può permettersela, allora stiamo tradendo il principio fondamentale su cui si basa il nostro sistema sanitario: l’universalità delle cure.

Occorrono investimenti strutturali, un piano per ridurre le liste d’attesa, l’assunzione di nuovo personale medico e infermieristico e una strategia di finanziamento che garantisca servizi sanitari adeguati per tutti.

Il diritto alla salute non può diventare un lusso riservato a pochi, ma deve tornare ad essere una certezza per ogni cittadino, indipendentemente dalle sue condizioni economiche.