Salva-Stati, ecco come Giuseppe Conte è stato MES all’angolo
Per il Premier anche i Ministri grillini sapevano, Di Maio furibondo tuona: “Decide il M5S se e come il trattato passa”. La crisi di Governo è vicina?
Il senso dell’accerchiamento l’aveva reso benissimo una frase del bi-Premier Giuseppe Conte. «Ma cosa c’entra Luigi Di Maio?» aveva ringhiato ai giornalisti che gli chiedevano se le riserve di Giggino e dei grillini sul Fondo salva-Stati potessero mettere a rischio la tenuta dell’esecutivo rosso-giallo.
Il Presidente del Consiglio era appena uscito dal Senato dopo il secondo atto della sua informativa sul MES (il Meccanismo Europeo di Stabilità), tramutata in un attacco ai leader dell’opposizione Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Presumibilmente stanco e visibilmente nervoso, è possibile che non si fosse accorto di ciò che era già balzato agli occhi di tutti: l’assenza del Ministro degli Esteri, che aveva preferito disertare l’appuntamento di Palazzo Madama per trincerarsi alla Farnesina con alcuni dei suoi fedelissimi. Un gran rifiuto che, oltretutto, seguiva immediatamente il gelo di Montecitorio, teatro della prima parte dello show del BisConte che aveva visto l’ex vicepremier ostentatamente e ostinatamente immobile anche quando i deputati del Movimento 5 Stelle avevano provato ad accennare qualche timido applauso.
A scatenare l’ira funesta del leader pentastellato era stata, pare, una velenosissima frecciata scagliata ex abrupto da Giuseppi che, nella foga di difendere il proprio operato, aveva in pratica rimarcato che tutti i Ministri sapevano dei negoziati: «tutto quanto avveniva sui tavoli europei, a livello tecnico e politico, era pienamente conosciuto dai membri del primo Governo da me guidato, i quali prendevano parte ai vari Consigli dei Ministri, contribuendo a definire la corale posizione dell’esecutivo». Stoccata diretta a nuora (Salvini) perché suocera (Di Maio, appunto) intendesse. E la suocera ha inteso. Fin troppo bene.
E, una volta placatesi le onorevoli escandescenze, ha affidato a Facebook la sua reazione, indirizzata in primo luogo proprio all’ex Avvocato del popolo: «Giuseppe Conte ha detto ieri, nel suo discorso alle Camere, che tutti i ministri sapevano di questo fondo. Certamente sapevamo che il Mes era arrivato ad un punto della sua riforma, ma sapevamo anche che era all’interno di un pacchetto, che prevede anche la riforma dell’unione bancaria e l’assicurazione sui depositi.
Cosa significa? Che le banche di tutti i Paesi, Italia compresa, devono essere aiutate in caso di difficoltà e che chi ha un conto corrente deve essere tutelato. Per questo, per il MoVimento 5 Stelle, queste tre cose vanno insieme e non si può firmare solo una cosa alla volta, sennò qui il rischio è che vada a finire che ci fregano». Ed ecco perché il capo politico del M5S ha esortato le altre forze della maggioranza a prendersi «del tempo per fare delle modifiche che non rendano questo fondo un pericolo».
Intento più che lodevole, se non fosse che evocava una delle principali questioni che Conte aveva lasciato irrisolte e che, non a caso, il Capitano aveva provveduto a sottolineare con una punta di ironia: «O ha mentito Gualtieri o ha mentito Conte. O non ha capito niente Di Maio».
Il segretario della Lega si riferiva alle ormai arcinote dichiarazioni del Ministro dell’Economia, secondo cui «il testo del trattato è chiuso» e non è pertanto possibile «riaprire il negoziato» con l’Europa. Il Capo del Governo non ha smentito il suo Cancelliere dello Scacchiere, limitandosi a precisare di non aver firmato alcun accordo: il che formalmente salverebbe le prerogative del Parlamento ma, sostanzialmente, porrebbe le Camere di fronte a un testo inemendabile da ratificare a scatola chiusa.
Ed è da questo orecchio che Giggino non ci vuol sentire: «Il MoVimento 5 Stelle continua ad essere ago della bilancia. Decideremo noi come e se dovrà passare questa riforma del Mes, che è una cosa seria e su cui gli italiani debbono essere informati accuratamente».
Ed è quel “come e se” la chiave di volta per capire quanto la situazione sia tesa. Da un lato, infatti, c’è il Partito Democratico che, fedele all’usato ruolo di utile idiota della Ue, spinge per l’approvazione del testo così com’è – e non a caso Di Maio avrebbe tuonato ai suoi che «il Premier è spalmato sulle tesi del Pd». Dall’altro ci sono i Cinque Stelle che, soprattutto al Senato, minacciano sfracelli, spalleggiati anche da Alessandro Di Battista che ha rotto il proprio silenzio commentando laconico il post del suo gemello diverso: «Concordo. Così non conviene all’Italia. Punto».
Tanto basta a capire che Giuseppi è stato MES all’angolo – e par già che s’odano le parole “stai sereno”. Dopotutto, dalla crisi di nervi alla crisi di Governo è un attimo.
*Foto dal sito del Governo.