Sanità pubblica nel Lazio: le liste di attesa e la beffa della priorità
Il cittadino, dovendo scegliere se pagare le bollette, fare la spesa alimentare e aver cura di sé, esclude proprio la salute dalle proprie priorità
Lo spettro delle liste di attesa aleggia nel mondo della Sanità pubblica. Attesa di cosa? Il problema è grave in tutta Italia ma qui descriviamo la situazione attuale a Roma e nella regione Lazio. Iniziamo dalle cosiddette classi di priorità che dovrebbe agevolare alcune categorie di persone ma si rivelano una vera e propria beffa.
Liste d’attesa e priorità
Le Classi di priorità previste nel Piano nazionale di governo delle liste di attesa sono:
- Classe U (Urgente), prestazioni da eseguire nel più breve tempo possibile e, comunque, entro 72 ore;
- Classe B (Breve), prestazioni da eseguire entro 10 giorni;
- Classe D (Differibile), prestazioni da eseguire entro 30 giorni per le visite / entro 60 giorni per gli accertamenti diagnostici;
- Classe P (Programmata), prestazioni da eseguire entro 120 giorni.
Il paziente legge priorità e pensa che se c’è un posto libero gli venga assegnato in virtù della classe di priorità, ma non è così. Esiste una lista per le priorità e una senza le priorità e le due liste non si parlano né si compensano. Se si è in classe D con una priorità entro trenta giorni e c’è la disponibilità di un appuntamento a 32 giorni, l’operatore si scusa ma per quei 2 giorni di differenza, non può fare la prenotazione.
Un altro problema riguarda le visite di controllo. Naturalmente andrebbero fatte nella stessa struttura della prima visita. Invece la visita di controllo non si può prenotare direttamente presso la struttura ma solo attraverso il CUP regionale. Qualche volta non è proprio possibile prendere appuntamenti perché la lista è chiusa a causa delle attese che supererebbero l’anno. Naturalmente è un ostacolo che colpisce principalmente le persone meno abbienti, che non possono spendere soldi per visite ed esami in privato.
Faccio la spesa o un esame medico?
Specialmente adesso che il cittadino, dovendo scegliere se pagare le bollette, fare la spesa alimentare e aver cura della propria salute, esclude proprio quest’ultima dalle proprie priorità. Non si capisce perché in un momento così difficile per l’economia degli italiani, lo Stato non faccia funzionare le strutture sanitarie pubbliche tutti i giorni, compresa la domenica e coprire fasce orarie molto più ampie di adesso. Una scelta che aiuterebbe, eccome, ad accorciare queste benedette liste d’ attesa.
Succede anche che si accetti un appuntamento molto lontano nel tempo, sperando nella possibilità che si liberi un posto. Anche questa modalità si potrebbe gestire meglio. Se si prenota in una struttura ma il posto che si libera è in una struttura diversa, non è possibile usufruirne. Lo Stato dovrebbe imporre alle regioni inadempimenti verso i pazienti, nel rispetto dei tempi di attesa, a risarcire la spesa per effettuare quell’esame presso una struttura privata.
Goffredo Martini