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Sanità pubblica, ogni anno si perdono 10.000 infermieri e 5.000 medici. Perché?

Nel Lazio la Sanità è sotto pressione e in condizione di forte stress: gli stipendi del personale sanitario sono tra i più bassi di Europa

Medici in sala operatoria

L’onda lunga del pensionamento nel SSN che è già iniziata da qualche anno in Italia continuerà nel 2025. Si stima che ogni anno si perderebbero nel nostro Paese ben 10.000 infermieri e oltre 5.000 medici, anche perché gli stipendi dei professionisti sono ben al disotto dei loro omologhi colleghi europei a parità di funzioni e mansioni.

Arriva la pensione per medici e infermieri

A fronte di questa situazione di fatto, legata alla demografia dei cosiddetti “boomers” degli anni 60 che stanno arrivando a scadenza pensionistica, unico rimedio nell’ immediato e nel breve periodo è agire legislativamente sulla organizzazione del lavoro del personale e chiedere alla popolazione di fare la propria parte.

Tuttavia il punto di non ritorno del SSN, se si resta alle regole attuali, è a giudizio dello scrivente vicinissimo, se non si adottano misure strutturali innovative e pesanti di tipo legislativo e soprattutto mediante l’ apertura al libero mercato ed alla creazione di una situazione concorrenziale nella offerta sanitaria pubblica utilizzando la leva fiscale. Solo così si dominerà l’ incessante aumento della esponenziale crescita di domanda sanitaria (spesso inappropriata fino a rasentare lo shopiing sanitario).

Via il numero chiuso per Medicina e Chirurgia

I dati di uno studio UIL hanno verificato nello specifico i dati forniti da Ministero Salute e MIUR: il nodo cruciale sarebbe il periodo 2026 e il 2030 e questo ha spinto il Governo ed il Parlamento a ricorrere a provvedimento di urgenza sulla abolizione del numerus clausus a Medicina e Chirurgia. Ma secondo me da solo questa misura non basterà se non si cambia in radice la organizzazione del Corso di Studio di Medicina e Chirurgia e non la si rende attuale e moderna al passo con i tempi: non ci servono tanti medici ma poco preparati …

Oggi secondo lo studio UIL abbiamo in servizio solo 268.013 infermieri, con un’età media di 46,9 anni e facciamo fatica a trovare nuovi studenti della Laurea Magistrale in Infermieristica soprattutto per i bassi stipendi del ruolo e per la gravosità del lavoro a loro richiesto: secondo la UIL andranno in pensione entro il 20230 oltre 65.000 infermieri cioè quasi 14.000 ogni anno e questo può essere inaccettabile per il sistema. Teniamo presente che il lavoro infermieristico è usurante, spesso notturno e si caratterizza per un tasso di malattie professionali ed invalidanti elevato che facilitano il ricorso alle esenzioni ed al minore aggravio.

Invece, oggi noi ne possiamo inserire nel sistema SSN solo circa 3.000 l’anno che è totalmente insufficiente per il mantenimento del sistema, sempre secondo lo studio UIL. Infatti, le immatricolazioni ai corsi di laurea in scienze infermieristiche si sono ridotte di oltre il 50% negli ultimi anni e i concorsi pubblici spesso vanno deserti o quasi.

Per i medici la situazione è altrettanto fosca. Sempre dai dati forniti dal Ministero della Salute, i medici oggi in forza al SSN sono poco più di 100.000 (età media di 52,7 anni): in tema di quiescenza cioè pensione di vecchiaia 67 anni, tra il 2026 e il 2030 andranno in pensione 35.600 medici, 7.120 l’anno il che è pericolosissimo per la tenuta stessa minima del sistema.

Medici e infermieri, chi sta peggio?

E’ chiaro che se non si adopereranno correttivi efficaci – che non possono essere sicuramente quelli della elevazione della età del pensionamento ex lege – il destino del SSN sarà il tracollo e chi si vorrà e potrà curare dovrà ricorrere per forza al cd “privato selvaggio”.

Inoltre, il tema delle specializzazioni mediche è altrettanto inquietante. Sempre secondo lo studio UIL saremo in grado di assumere nello stesso periodo di tempo 2026-2030 soltanto 1800 medici specializzati (sempre poi che le borse di studio di specializzazione siano tutte coperte cosa che oggi non avviene) e questo numero non è sicuramente sufficiente a coprire gli attuali deficit (specie in radiologia, ginecologia, ostetricia, anestesiologia).

E’ evidente che, siccome la recente riforma Bernini che elimina il test di accesso alla professione medico produrrà i suoi effetti positivi solo tra 7-8 anni, gli accessi alle formazioni specialistiche più importanti saranno sempre critici per almeno dieci anni.

Deve intervenire il Parlamento

Quindi ci dobbiamo inventare LEGISLATIVAMENTE qualcosa di più incisivo che non può che essere la abolizione tout court di tutti i paletti e incompatibilità del lavoro pubblico sanitario oggi esistenti e la introduzione di un binario parallelo (assicurativo e mutualistico) per fornire prestazioni sanitarie concorrenziali per qualità e costo per esempio ambulatoriali ed a bassa complessità (day hospital per esempio) che siano in parte rimborsate dallo Stato mediante la fiscalità generale e regionale.

Il ricorso al cd PRIVATO SELVAGGIO DEREGOLAMENTATO di cui l’ esempio tipico è il medico “gettonista” non può che favorire iniquità sanitarie, fenomeni di caporalato vero e proprio nella sanità che sono particolarmente odiosi: in definitiva, se non si interviene legislativamente con efficacia (vero Ministro Schillaci ??) avremmo nella sanità pubblica una sempre crescente confusione nei percorsi assistenziali con inevitabile riduzione della qualità dell’assistenza sanitaria. 

Bisogna assolutamente rendere attrattive le professioni sanitarie e irrobustire il servizio sanitario nazionale mediante una migliore organizzazione del lavoro, migliori stipendi basati sul risultato ottenuto nelle cure e definire chiari percorsi di crescita professionale. Anche importante è differenziare salari medici ed infermieristici a seconda del disagio in cui si lavora (pronto soccorsi, DEA, isole, zone montane, ecc).

Cosa fa la Regione Lazio

In ultimo riporto un fenomeno purtroppo preoccupante che riguarda la Regione Lazio e che non dipende assolutamente dal colore delle Giunte Regionali che governano: la mobilità sanitaria dal Lazio ci costa ogni anno 193 mln euro di pazienti in uscita dal nostro SSN (studio CGIL) con un aumento di 53 mln rispetto al 2021 quando però amministrava la sinistra. A questo fenomeno preoccupante, si associa quello delle aggressioni fisiche e verbali (circa 1600 episodi anno) da parte di pazienti e parenti subite da medici ed infermieri quasi tutte in psichiatria, pronto soccorso e medicina.

Sullo sfondo di questi dati inquietanti campeggia il rilevante tema del DEBITO DEL LAZIO che raggiunge complessivamente i 600 mln euro e che – seppure in diminuzione – è il risultato delle scelte complessive regionali degli ultimi 30 anni…… La sanità pubblica del Lazio sempre più è extraregione: sia nelle regioni confinanti come Umbria e Toscana, ma soprattutto al Nord Italia.

A monte di questo fenomeno nel Lazio il personale è sotto pressione e in condizione di forte stress: gli stipendi del personale sanitario sono tra i più bassi di Europa.

Tuttavia, recentemente la Regione Lazio ha previsto e finanziato nel suo bilancio una importante inversione di rotta con ben 14.000 nuovi ingressi di giovani risorse umane mediche ed infermieristiche nel settore del SSN di cui 4500 circa già immessi.

Dott. Francesco Russo

Ricercatore Confermato

Dipartimento di Scienze Chirurgiche

Università di Roma Tor Vergata

francesco.russo@uniroma2.it