Sanità: ricordi lontani del nostro medico della mutua
I due anni di pandemia hanno reso ancora più pigri molti medici di base che assai poco erano spinti da passione professionale e amore verso i propri pazienti
Quando al mio amico “Sacchio”, in quei primi anni ottanta in cui noi della comitiva del “Garden” eravamo ancora preadolescenti, spuntarono i primi peli sul petto, tanto rapidamente da formare in poco tempo un piccolo ovale villoso, capii di trovarmi di fronte alla famigerata vagina pectoris.
Solamente quando raccontai di quella visione straordinaria ad un cugino più grande, mi fu spiegato l’imbarazzante equivoco nel quale ero caduto, confondendo il più corretto termine medico angina pectoris (sindrome clinica caratterizzata da dolore dovuta a ischemia miocardica transitoria tipicamente scatenata dallo sforzo o dallo stress psicologico), con quel che sembrava, agli occhi di tutti, il sesso femminile che avevamo visto solamente di sfuggita in qualche giornaletto pornografico che mio zio nascondeva nell’armadio di casa sotto una montagna di vestiti.
A dire il vero gli ingredienti per cadere vittima del malinteso c’erano tutti, anche perché la sola idea del sesso, e la pratica autoerotica che ne conseguiva, provocava in noi ragazzini Il medesimo quadro clinico descritto dalla patologia cardiaca.
All’epoca non si aveva molto a che fare con il mondo della medicina e con i dottori, come invece avviene oggi grazie o a causa d’internet, che permette di accedere a qualunque tipo d’informazione, ahimè non sempre corretta, e a miriadi di siti che offrono consulenze mediche gratuite online.
La verità è che dopo il biennio Covid siamo diventati tutti ipocondriaci e chi l’era già, ne ha esasperati i sintomi. Tra il 2020 e il 2022 ci hanno talmente tanto terrorizzato con la pandemia che abbiamo tutti sviluppato una smisurata preoccupazione per la nostra salute attribuendo malattie gravissime a sintomi spesso percepiti solo dal nostro inconscio.
Medicitalia, Dica33, Miodottore, sono solo alcuni dei siti medici ai quali chiunque può rivolgersi, per porre domande a professionisti, i quali risponderanno gratuitamente, ottenendo consulenza online sul proprio stato di salute.
Oggi crediamo di sapere praticamente tutto sulle malattie, sul nostro corpo, sulle medicine e sulle cure. Quando ero ragazzino io, sapevamo solo che se avevamo male da qualche parte, qualcuno ci avrebbe infilato una supposta attraverso un orifizio o una compressa attraverso un altro e tutto finiva lì. C’era talmente tanta confusione che io ero personalmente convinto che esistesse una zona situata tra il basso ventre e i genitali maschili il cui termine era intesticoli: una specie di zona cuscinetto tra l’intestino e gli organi di riproduzione maschili.
D’altronde dal medico ci si andava raramente, in genere quando si stava veramente male, quando occorreva sottoporsi al richiamo della vaccinazione antitetanica o per sapere se avevamo i piedi piatti, condizione che avrebbe comportato per conseguenza il dover indossare le famose scarpe ortopediche: calzature orrende, enormi e pesantissime che somigliavano a quelle di Frankenstein. Chi riceveva l’infausta sentenza dei piedi piatti, viveva quella condizione in maniera drammatica perché veniva immediatamente allontanato dagli amichetti e considerato alla stregua di un paria. Uno sfigato insomma.
Il medico della mutua, che dipendeva dall’allora SAUB (struttura del sistema sanitario nazionale) che divenne nel tempo USL e poi ASL, visitava raramente a domicilio e anche in quel caso doveva trattarsi di situazioni la cui presenza del dottore era imprescindibile come l’impossibilità del malato di spostarsi in ambulatorio o la constatazione di un decesso.
L’unica situazione indolore in cui ci si recava presso lo studio medico era per ottenere il mitico certificato di sana e robusta costituzione, indispensabile per poter praticare sport in una palestra o a scuola, o il certificato medico che attestava che l’alunno, assentatosi per oltre cinque giorni dall’aula scolastica, fosse sano e potesse riprendere a frequentare i corsi.
Già, perché c’era questa regola che se mancavi da scuola per più di cinque giorni, per poterci tornare dovevi presentare il certificato e poco importava se tu fossi stato in vacanza dagli zii, in viaggio o semplicemente a casa perché faceva freddo, l’automobile era dal meccanico e non c’era nessuno che poteva accompagnarti.
Così il medico era obbligato comunque, di volta in volta, a inventare malattie di ogni genere la cui più gettonata era la dissenteria. Se tra un secolo, alcuni studiosi dovessero condurre un’indagine sulla frequenza scolastica degli alunni in Italia tra gli anni 70 e 80, penserebbero ad una epidemia di colera.
Anche il certificato di sana e robusta costituzione era di per sé un’assurdità perché avevo compagni di scuola che erano sicuramente sani ma di robusto avevano forse solo la cartella e in palestra ci andavano appunto per diventare robusti. Ma cosi si chiamava.
Nel film del 1968 Il medico della mutua, diretto da Luigi Zampa e interpretato da Alberto Sordi, l’Albertone nazionale interpretava il ruolo del dottor Guido Tersilli, talmente ambizioso da riuscire a raggiungere la cifra di 3000 propri mutuati, condizione che lo sottoporrà a una mole di lavoro spaventosa al punto da provocargli un collasso.
Per questa ragione all’epoca molti medici di base nominavano ad honorem il proprio congiunto che diventava una sorta di proprio clone, al quale ci si poteva rivolgere presso il suo domicilio per ottenere certificati e ricette (prescrizioni di medicine), tutte operazioni che in ambulatorio avrebbero previsto ore e ore di attesa ma che in casa del medico si risolvevano con un caffè in pochi minuti. Spesso, questi alter ego del medico erano anche più professionali, capaci e gentili del medico stesso.
C’era poi anche la convinzione che il medico di base fosse tanto bravo e competente quanto più alto era il numero di medicine che ti prescriveva. Ed è curioso perché in altre culture la percezione è diversa. In Cina ad esempio un medico è considerato bravo se ha pochi pazienti, poiché significa che ha saputo curarli, mentre uno che ne ha tanti in cura, non lo è.
I medici della mutua si dividevano in due categorie: da un lato gli interventisti, ossia quelli che proponevano, per risolvere un problema di salute, l’intervento chirurgico. Dall’altro invece quelli che preferivano curarti senza farti finire “sotto i ferri”. Per i primi era sufficiente un mal di gola per proporre la tonsillectomia, un naso chiuso un po’ troppo spesso per spingerti a togliere le adenoidi, un testicolo leggermente più grande dell’altro per farti operare di varicocele.
In poche parole, se c’era un organo che dava problemi, era meglio eliminarlo subito! I secondi invece optavano per le cure mediche. Poco importava che tu avessi otto tonsilliti purulente l’anno, stafilococchi di ogni genere in gola, ipertrofia dei turbinati che t’impediva di respirare e già a sei anni ti faceva russare come un uomo panciuto di ottanta. Se il buon Dio ti aveva fornito di un organo, allora questo non si poteva gettare via ma andava conservato. A tutti i costi.
I due anni di pandemia hanno reso ancora più pigri molti medici di base che già da prima assai poco erano spinti da passione professionale e amore verso i propri pazienti. In più, durante il lockdown veniva detto loro di non recarsi presso gli ammalati. Quest’atteggiamento da parte di molti medici è ahimè rimasto anche a emergenza rientrata.
Oggi nella maggior parte dei casi il dottore ti lascia un’impegnativa o una ricetta da ritirare presso la propria segretaria senza nemmeno visitarti, avendo semplicemente ricevuto informazioni sui tuoi problemi di salute telefonicamente, attraverso una mail o un messaggio su WhatsApp.
La colpa è anche dei pazienti che ormai credono di sapere tutto in fatto di salute e ritengono superfluo recarsi di persona dal proprio curante. Il rapporto tra medico e paziente, quello che prevede l’incontro, la visita fisica, il colloquio, le confidenze che un assistito a volte ha bisogno di esprimere al proprio dottore, sono eventi sempre più rari. Ancora più raro è il medico che ha la capacità, la voglia e la pazienza di spiegare al proprio paziente da cosa è affetto, come, con cosa e perché verrà curato e quali prospettive di guarigione avrà, in termini semplici e comprensibili per tutti.
Personalmente mi ritengo molto fortunato perché il mio foniatra, che si prende cura delle mie corde vocali da oltre 40 anni, e il mio medico di base, che sopporta le mie ipocondrie da stress e le mie mille domande, sono invece dei medici straordinariamente preparati, competenti, innamorati del proprio mestiere, che vivono come una missione e non come un lavoro la propria professione, sempre pronti a spiegare con chiarezza e affetto ogni piccolo dettaglio, con disegni, metafore, esempi , capaci di rendere comprensibili concetti complicatissimi anche alla persona più semplice del mondo.
Un grazie di cuore a quelli che oggi sono diventati degli amici, dei fratelli: il dottor Marcello Pisaneschi a Roma, straordinario medico specializzato in otoiatria, e il dottor Mirko Ceccherini a Gubbio, specializzato in davvero tutto.