Sanremo 2020? Da psichiatra vedo il trionfo degli estremi e della contraddizione
Sanremo era un progetto musicale condiviso, ora un contenitore di fazioni e ideologie che dividono
A 13 anni rimasi folgorato da Domenico Modugno, la sua canzone “Volare” mi sembrava un brano di fantascienza e non il solito pezzo romantico che parlava di amori strazianti. Quel suo volo era una libertà surreale e magica che mi ha affascinato. Mai avrei immaginato che Modugno sarebbe diventato un mio grande amico, di battaglie parlamentari ed extra-parlamentari, e che Sanremo sarebbe diventato così disgregante per gli italiani. C’era fame di spettacolo, intrattenimento, svago, ma anche di sentirsi tutti partecipi di una festa italiana, della canzone italiana. Tutti, di qualsiasi livello intellettuale si identificavano in quelle serate galanti e gioiose.
Sanremo prima era quindi un progetto, un progetto musicale e rituale che univa gli italiani, al di là dei gusti per le canzoni in gara. Sanremo nel corso di questi settant’anni è diventato un contenitore di diverse esigenze, più o meno politiche, ideologiche e sempre meno c’è il gusto per la musica e il canto. Il progetto era far cantare i cantanti tenendo insieme gli italiani, ora il Festival è mosso dal desiderio di corteggiare partiti, intellettuali, compiacere tutti.
In questo Sanremo ho visto un’esaltazione degli estremi: l’intervento di Rula, doveroso e necessario ma anche troppo enfatico, il siparietto della Leotta che è stato un trionfo di banalità e di autoelogio, l’inno alla cultura gender di Achille Lauro e la dissacrazione di Fiorello che imita la messa fino ai coniugi AlBano e Romina Power che devono soddisfare il pubblico più datato e il trash. Accontentati tutti?
Un altro estremo, è la scelta di invitare Paolo Palumbo, gravemente malato di SLA, totalmente immobilizzato, il cui unico modo di comunicare è il movimento delle pupille. È davvero prezioso dare voce a chi non ce l’ha,a una testimonianza di vitalità così forte, ma come sempre si sceglie il caso estremo per rappresentare il mondo della disabilità. Esporre l’estremo della disabilità serve a colpire per i pochi minuti della serata ma non rappresenta il mondo della disabilità, di cui anche io in quanto ministro per la famiglia e disabile mi sono fatto, e mi faccio, portavoce. Gli estremi captano le emozioni ma lasciano poca conoscenza del tema di cui si sta parlando.
Un festival catto-comunista, di estremi opposti che titillano sentimenti forti. Perché ormai solo gli estremi sensibilizzano, solo gli estremi ci commuovono o fanno riflettere. Nessuno riesce più a riflettere o a emozionarsi se non per gli estremi: che siamo estremi dello scandalo, dell’idiozia o della tragicità. Se Achille Lauro vuole superare il maschio dominante, il patriarcato violento, è il benvenuto, ma attraverso una nuova figura maschile condivisa e seria, non per mezzo di un travestimento e di uno show, che non colmerà i vuoti di questi ruoli di genere che si vanno sfibrando.
Junior Cally? Avrei evitato la sua presenza, una provocazione pericolosa, che può dare una spinta a chi presenta già tendenze violente, perché non narra storie di violenza ma le impersona in modo rischioso. Film e canzoni possono essere scelte, ma nello spettacolo nazional-popolare in mondo visione lo trovo inopportuno.
Se scelgo di vedere Tarantino lo stimolo negativo è volontario, in questo caso è una costrizione trovarlo nel Festival che rappresenta il nostro paese. C’è una schizofrenia enorme tra teoria e prassi, tra i messaggi educati veicolati e ciò che accade effettivamente e che viene anche finanziato da tutti i contribuenti. Dato che sono un neuropsichiatra, vorrei venisse chiarita qual è la posizione italiana sul rispetto della donna, di ogni donna.
Sanremo è lo specchio di una cultura che si disgrega, senza avere i sostegni per ricrearsi. Questo Sanremo è un’occasione mancata perché poteva essere un’occasione per lanciare messaggi anche urgenti ma in modo intelligente e maturo e non con tale contraddittorietà. Il momento che salverei è la gag in cui Maria De Filippi telefona in diretta, usa il mezzo più antico, modesto, ma anche caldo ed essenziale per chiamare su un telefonino che non è uno smartphone.
In quel momento avevamo Social, Tv, eppure con cortesia femminile è emersa la sua voce per dare un messaggio di affettività. Un momento di classe e di Fiorello e Amadeus. Credo che se non ci fosse stata l’ossessione di accontentare i partiti e l’atmosfera fosse meno faziosa ci saremmo anche goduti delle belle canzoni.
Non è un Festival che mi ha fatto “Volare”, e che per me, neppure ha ottenuto la sufficienza.