Sanremo 2024, vince il Festival Angelina Mango. Lino Banfi in prima fila non ride mai
Alla fine di Sanremo 2024 cosa resta? Dove sono le canzoni? Dove sono le voci, al di là dalle acconciature bizzarre e dei vestiti stravaganti?
Ho cinquantaquattro anni. Faccio musica e canto da quando ne avevo tredici e dall’età di ventiquattro è la mia professione e di questo vivo. Ho composto decine di brani per me e per altri e insegno canto da oltre vent’anni.
Sin da bambino ho seguito il Festival di Sanremo. Mi ha sempre affascinato e ispirato.
Quest’anno avevo deciso di non guardarlo ma per affetto, stima e riconoscenza nei confronti del mio direttore di giornale, mi sono deciso a seguirlo e scrivere quelle che sono le mie impressioni da professionista del settore, cercando di essere come sempre il più obiettivo possibile.
Parto da un presupposto: il Festival di Sanremo, la cui denominazione integrale è Festival della canzone italiana, dovrebbe cambiare titolo poiché di canzoni ce ne sono pochissime, forse nessuna, e sicuramente non rappresentano i gusti e le espressioni di tutti gli italiani.
Non ci sono le canzoni: questo è un fatto innegabile
Inizia la rassegna canora il duo Renga/Nek ,sicuramente due cantanti di esperienza. Anche se coetanei, Renga sfoggia capelli e barba nerissimi mentre Nek, look sale e pepe, sembra suo padre. Una specie di Obi-Wan Kenobi della canzone. Il brano personalmente non mi trasmette alcuna emozione. Non lascia alcun tipo di segno.
Segue Big Mama, interprete di un rap banalissimo. Dov’è la voce? E la melodia? Il nulla.
Subito dopo assistiamo all’esibizione di Gazzelle. Non pervenuto.
Segue Dargen D’Amico con un rap orribile, voce inesistente, testo incomprensibile.
Fiorello, prima del quinto concorrente, si lancia in un’oscena parodia di Michael Jackson che suona come una bestemmia. Si esibisce quindi “il Volo“, le cui voci sono ovviamente di livello ma la canzone e il testo scarsissimi.
Loredana Bertè si esibisce in un’interpretazione dignitosa ma il brano è prossimo allo zero a livello qualitativo.
Seguono i Negramaro. Incomprensibile il testo. Il brano sembra preannunciare qualcosa di buono ma questo qualcosa non accade. Tananai fuori gara sembra Christopher Lambert in Highlander che però ha sbagliato la taglia dello spolverino che indossa. Il brano è carino, la storia raccontata anche. Ottavo Mahmood che sbaglia anche lui la taglia della giacca. Geme come un animale ferito. Il testo è incomprensibile. Alla fine dell’esibizione ringrazia affermando che è il festival delle differenze.
Quali differenze? Sembrano tutti identici e omologati
E’ la volta di Santi Francesi. Lui almeno canta. Somiglia a Mengoni senza gridolini isterici. La canzone però non lascia il segno.
Una volta Bobby Solo, con il quale ebbi il piacere e l’onore di lavorare in veste di corista, tecnico del suono e segretario per moltissimi anni, mi disse che un brano funziona quando risulta interessante e affascinante anche se eseguito e cantato chitarre e voce. Finora nessuna delle canzoni presentate rispecchierebbe questo criterio.
La domanda è: dove sono le canzoni? Dove sono le voci? E soprattutto, al di là dalle acconciature bizzarre, dei vestiti stravaganti e dell’aspetto estremamente provocatorio di tutti i partecipanti, se una sola di queste canzoni fosse cantata sotto la metropolitana a Piazza di Spagna da un musicista di strada, qualche passante lascerebbe anche solo 10 centesimi nella custodia della chitarra appoggiata al suolo?
È la volta di Diodato. Lui è bravo e canta molto bene. L’inizio del brano è vagamente battistiano e comunque nel ritornello risolve ed esplode. Bella canzone e bella voce. Provate a suonarla al pianoforte o con la chitarra e a cantarla (se ci riuscite perché non è facilissima) e noterete che il brano risulterà comunque molto gradevole e manterrà il suo fascino. Bravo.
Sto scambiando messaggi su WhatsApp con una mia carissima amica, Patrizia, la quale mi ha detto che in realtà il brano di Diodato a lei sembra un po’ scontato. Le ho risposto che se per scontato intende una melodia che dopo il primo ascolto non soltanto risulta gradevole ma ti rimane nelle orecchie, beh allora vorrei che tutti i brani di Sanremo fossero scontati.
Ecco che arriva Fiorella Mannoia che all’inizio ho scambiato per la Signorina Silvani, l’amore segreto del Ragionier Fantozzi. il brano ricorda vagamente lo stile di De André ma anni luce lontano qualitativamente. Personalmente non ho mai compreso il successo della Mannoia. Le hanno scritto dei brani molto belli ma francamente mia zia Cleopatra canta meglio. La canzone è abbastanza inutile. Se Fiorella avesse proseguito nella propria carriera di stuntman, dubito che il mondo dello spettacolo ne avrebbe risentito.
Al dodicesimo passaggio arriva Alessandra Amoroso, che è stranamente sexy. Il brano sembra all’inizio ricordare My Immortals degli Evanescence ma poi si perde e non lascia il segno occasioni mancata peccato sembra che tutti i brani finora presentati siano stati composti dallo stesso autore e curati dallo stesso arrangiatore.
Al tredicesimo c’è Alfa. E’ caruccio e sembra il comandante Kirk di Star Trek da giovane, una specie di Ed Sheeran de “ Noantri” . il brano non lascia alcuna traccia. Il testo è banalissimo. Faccio fatica a rimanere sveglio. Mancano stimoli a parte quelli fisiologici.
Siamo al quattordicesimo partecipante: Irama sembra “Ultimo“ palestrato, ma anche il figlio segreto di Pappalardo. Il potenziale a mio avviso c’è ma ancora non si è espresso.
E’ la volta della povera Gigliola Cinquetti tradita dall’emozione con la voce tremolante. Non ha più l’età per cantare. Non capisco perché invitino cantanti così in là negli anni. Sarebbe un po’ come chiedere a un Rocco Siffredi ultra settantenne di prodursi in una potente erezione.
Purtroppo questo genere musicale rap/trap prevede un modo di cantare, se così si può dire, supportato dalla tecnologia dell’auto-tune e dagli effetti robotizzanti che ha dato a chiunque la sensazione di poter diventare un professionista della voce. Ma ahimè non è così…
Quindicesimo Ghali, che poi si dovrebbe pronunciare con il Gh iniziale con un suono simile a quello che si utilizza per imitare il ringhio di un cane, facendo rullare sul palato il suono. Sembra un Borg dell’universo di Star Trek. Anche lui canticchia un testo da terza elementare affiancato da una specie di ippopotamo alieno che somiglia a quello della pubblicità dei pannolini Lines. Imbarazzante.
È il momento di Annalisa in autoreggenti. Il brano sembra essere stato ripescato da una selezione di motivetti scartati destinati a sigle di varietà televisive anni 80
È mezzanotte e rivoli di sangue mi colano dalle tempie
Il diciassettesimo passaggio è affidato ad Angelina Mango. La canzone sembra una Taranta “rappettara”. Il compianto papà, quello sì che era un grande artista…
Il diciottesimo concorrente in gara è Geolier che sembra il cugino di Rocco Hunt.
Non pervenuto.
E’ la volta di Emma che sembra sempre incazzata col mondo. Ho difficoltà a distinguere gli strumenti che suonano nel brano che comunque non lascerà traccia nella storia della musica italiana.
È il momento del ventesimo artista. così li chiama Amadeus, ignorando forse l’etimologia del termine. Si chiama Tre. Che poi se si fosse chiamato, “due ” sarebbe stato comunque troppo. Ennesimo rap anonimo.
Lino Banfi in prima fila non ride mai
Tra una gag e l’altra di Fiorello e Amadeus inquadrano spesso in prima fila, seduto come ospite, Lino Banfi il quale non ride mai.
Arrivano sul palco del festival I Ricchi e Poveri i quali, vestiti cosi, sembrano gli ambasciatori di una razza aliena di Guerre Stellari. Sono rimasti in due e forse dovrebbero chiamarsi Ricco e povero. Sono molto lontani dagli anni d’oro di “Come vorrei“, canzone bellissima e sigla di coda del Portobello di Enzo Tortora del 1982. Qui a Sanremo canticchiano Una insulsa melodia che sembra presa in prestito dal repertorio di Cristiano Malgioglio.
Ventiduesimi i The kolors che sembrano una band utile solo per aprire i concerti dei Duran Duran se fossimo negli anni 80. cantante belloccio che piacerà alle ragazzine ea qualche milf. brano già dimenticato. Nulla di più.
Siamo al passaggio numero ventitré e arriva Maninni che appena apparso sul palco credevo fosse Mahmood sotto mentite spoglie. Ma questo almeno a cantare ci prova. Il potenziale ci sarebbe pure ma ancora una volta manca la canzone.
Arrivano i la Sad. Musicalmente ed esteticamente imbarazzanti .chi è la mia età, oltre 50 anni, ricorderà forse Gli Impossibili, personaggi di una serie di cartoni animati trasmessi in tv negli anni 70 All’interno del programma Ciao ciao del canale tv RTi che diventerà poi Rete 4.
Mr Rain con il brano “due altalene” mi convince che qualunque canzone di questo festival è assolutamente interscambiabile, nel senso che se fosse cantata da qualunque degli altri partecipanti sarebbe la stessa cosa. Non c’è personalità. In questo tentativo esasperato, di essere diversi a tutti i costi, finiscono tutti per essere uno uguale all’altro.
Concorrente numero 25. Fred De Palma. No comment.
Sangiovanni sembra Robin Williams nel ruolo di Mork, l’alieno del telefilm Mork e Mindy. Domani non ne sentirò la mancanza.
La canzone di Clara rende durissima questa mia veglia Sanremese. Composizione uguale alle altre. Sembrano tutti prodotti in catena di montaggio.
Con il codice ventinove cantano i Bunker 44. Mi viene il dubbio, giacché le canzoni sono davvero tutte uguali, che ci siano 4 o 5 partecipanti che a turno, sotto mentite spoglie, sfilano sul palco interpretando tutti i brani.
Ultimo partecipante con il codice 30 è Rose Villain. Non ho nemmeno voglia di commentare.
Potrei copiare ed incollare uno qualunque dei commenti relativi agli altri partecipanti. Cambierebbe nulla. Il nulla.
Questa è la sintesi di questo Festival della non Canzone Italiana che premia Angelina Mango, che supera Geolier, secondo e al terzo posto Annalisa. Poi Ghali, Irama, Mahmood, Loredana Bertè, Il Volo, Alessandra Amoroso.
Ah scusate. Il vincitore vero? Ha vinto Fiorello.