Sanremo 2025 è finito con il trionfo di Olly. Ha vinto la canzone, la voce o qualcos’altro?
Nulla contro Olly che mi fa anche tenerezza, non lo conosco ma artisticamente non riesco ad apprezzare né la sua voce né il suo brano
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Sanremo 2025, vince Olly
Mi sono sentito come quello che passa giorni a preparare un dolce per il compleanno di una persona cara e dopo aver comprato gli ingredienti giusti, aver lasciato riposare l’impasto, raggiunta la corretta temperatura del forno, aver fatto insomma tutto quello che la ricetta migliore prevede, lo sforna, lo assaggia e si accorge di aver dimenticato di metterci lo zucchero e il ciambellone, apparentemente perfetto, è in realtà immangiabile.
Ci eravamo illusi che questo festival fosse finalmente quello che avremmo voluto tornasse ad essere dopo “Anni tristi in cui la melodia taceva” (Canto – Gino Vannelli – 2003).
Sanremo 2025: un’occasione veramente sprecata
Sarebbe un un po’ come se l’uomo riuscisse finalmente a lanciare una missione verso Marte e dopo otto mesi di viaggio gli astronauti atterrassero sul pianeta rosso e si accorgessero di aver dimenticato la scaletta per scendere dal modulo.
Carlo Conti è stato impeccabile. Nel ritmo, nella conduzione, nella sua compostezza ed eleganza.
Un’orchestra che ha espresso una qualità al di sopra di qualsiasi precedente edizione, regia e luci di livello mondiale, ospiti calibrati e mai ingombranti. Canzoni per tutti i gusti e le età, cancellazione della cancel culture, nessun eccesso.
Eppure Sanremo ha fatto come Dorando Pietri, il maratoneta che tagliò per primo il traguardo alle olimpiadi del 1908 ma fu squalificato perché sorretto dai giudici a causa di un malore e non ricevette la medaglia d’oro.
Come disse il Marchese del Grillo ad Aronne Piperno, l’ebanista : “bella ‘a buasserie, bello l’armadio, belle ‘e cassapanche… bello, bello, bello tutto… bravo… grazie, adesso te ne poi pure annà”.
Ogni anno si dice che Sanremo è truccato e che già si conosce il vincitore. Non è mai statao dimostrato alcun inciucio.
Mi limito a pensare che gli spettatori del Festival meritino più della canzone di Olly
Parliamoci chiaro: io ho nulla contro quel ragazzino che mi fa anche tenerezza, non lo conosco personalmente ma artisticamente non riesco ad apprezzare né la sua voce né il suo brano.
L’Italia è pur sempre il paese del bel canto, il paese di Puccini, di Mina, Albano, Massimo Ranieri e Gianni Morandi.
Oggi è anche il paese, e lo è da alcuni anni, del rap, trap e delle canzoncine spesso penose ed inutili veicolate da giovanissimi e bellissimi interpreti. Ed è giusto che sia così.
La musica in ogni epoca rappresenta la cultura, il pensiero, i sentimenti del popolo che la esprime.
Ma la canzone vincitrice avrebbe potuto e dovuto avere un sapore che ricordasse un po’ tutti e non solo la fascia più giovane dei fruitori di musica. Dobbiamo decidere se Sanremo è il festival della canzone italiana, inteso come brano rappresentante il nostro paese in termini di gusti e tendenze, oppure della voce più bella.
O magari entrambe le cose.
A vincere potrebbe non necessariamente essere una canzone straordinaria ma almeno cantata da una voce splendida o anche il contrario, ossia un brano di altissimo livello interpretato da una voce non tecnicamente di spessore ma quantomeno emozionante e affascinante.
Sarebbe forse stato più giusto vedere sul podio al primo posto Giorgia o Achille Lauro per i motivi sopracitati. Giorgia ha una voce che non può essere messa in discussione con o senza auto-tune, il brano incarna nella strofa i gusti dei più giovani (nella metrica e nel ritmo) per poi aprirsi nell’inciso offrendo una melodia di grandissimo respiro più vicina ai gusti di chi non ha più vent’anni.
Achille Lauro, per contro, pur non essendo dotato di una voce tale da poter essere definito un cantante, ha però saputo incarnare il mondo dei giovani che rappresenta in un brano dotato di grande respiro e di fortissima apertura melodica. Vocalmente è l’antitesi del cantante. Sta al canto come un Imam sta al prosciutto di Parma. Eppure con questo brano sembra miracolosamente diventarlo all’improvviso.
Sono quelle alchimie che non ti spieghi. Il brano in sé non è straordinario ma funziona e lo canteranno sia i maranza che le casalinghe. Ne sono certo.
Il terzo posto sarebbe potuto spettare sia a Cristicchi che a Brunori Sas. “Quando sarai piccola” è un brano di nicchia di enorme caratura, sullo stile di “Minchia signor tenente” del compianto Faletti. Una poesia più che una canzone. “L’albero delle noci” è assolutamente cantautoriale anni settanta e ricorda moltissimo, nella melodia e nella voce, “Rimmel” di De Gregori.
Giorni fa facevo notare ad alcuni miei allievi di canto come brani composti e pubblicati 50/60 anni fa ancora sono cantati da tutti, compresi loro.
Quante delle canzoni di stasera sopravviveranno da qui a 5 anni?
Quasi il 70% delle canzoni sono firmate dai medesimi autori. Questo potrebbe in parte spiegare la piattezza creativa dei brani in gara.
Mettendo da parte i complotti e i possibili imbrogli dobbiamo tuttavia tener conto di un fattore fondamentale: il denaro. Principale motore che fa muovere la macchina di Sanremo e della musica in generale.
E’ finito il tempo in cui gli artisti giravano di paese in paese con un carrozzone e venivano giudicati dai cittadini che assistevano ai loro spettacoli in base al gradimento ottenuto: se eri bravo ricevevi un compenso in denaro o in beni di consumo. Al contrario venivi ricoperto di fischi, insulti, ortaggi ammuffiti e a volte ti arrivava addosso il famoso gatto morto.
Chi guadagna veramente dietro a un giovane artista come Olly?
Sicuramente il suo management che lo gestisce attraverso i concerti, le varie ospitate in TV, in radio o altrove. Uniche fonti di guadagno visto che di dischi non se ne vendono più.
Una ventina d’anni fa ero il cantante di un noto gruppo musicale romano che proponeva brani dei Deep Purple. Ebbi l’onore, insieme ai miei amici musicisti, di tenere un paio di concerti con, alla batteria, il fondatore dei Deep Purple: Ian Paice.
Per un cantante rock quale ero io e quali sono ancora oggi, esibirmi sullo stesso palco accompagnato da un mostro sacro della storia della musica rock è come per un giovane sacerdote dire messa accanto al Papa.
All’epoca, durante un pranzo informale a casa del mio amico e allora bassista Brunello, qualcuno chiese a Paice quando e come, agli inizi carriera negli anni Settanta, si fosse reso conto di essere diventato veramente ricco oltre che famoso.
Lui sorrise e ci raccontò un aneddoto. Ci disse che in un giorno imprecisato del 1972, stanco come gli altri membri della band di essere costantemente in tournée e di vedere pochi soldi, si era recato presso l’ufficio del loro manager per chiedergli di acquistargli un’automobile visto che lui non ne aveva una. Il manager aprì un cassetto della scrivania, tirò fuori delle chiavi e gli disse: “prendile, sono quelle della mia auto, te la regalo”.
Quando Ian Paice scese in garage si accorse che si trattava di una Bentley e lì capì, ci disse, che i Deep Purple già da un bel po’, oltre che famosi, avrebbero potuto essere ricchi ma che ricco lo era diventato solo il loro manager.
Così come ben poco toccherà probabilmente al giovane Olly, anche se a lui, così giovane e inesperto, sembrerà probabilmente moltissimo.
E’ chiaro che se avesse vinto Giorgia non si sarebbe certo accontentata delle briciole vista la carriera, l’esperienza e l’età. Ma questo lo pensano i complottisti…
Ma prima dell’annuncio del vincitore, Conti ci propone l’esibizione di Mahmood col suo nuovo singolo che, a fine serata, è stato letale come i fagioli col tonno di Capannelle, (I soliti ignoti – 1958).
Nel 1991 Cocciante sconfisse Renato Zero. Seguivano in classifica Masini, Tozzi, Minghi, Fogli, Bertoli, Jannacci, De Crescenzo… Fu uno scontro fra titani.
Qui si sono battuti soprattutto dei nani.
Abbiamo offeso gli Dei della musica e siamo stati puniti. Evidentemente ci meritiamo Olly.