Sanremo, 71esimo Festival della Canzone italiana: le pagelle della prima serata
Un festival di Sanremo che rimarrà nella storia perché senza pubblico e senza idee. Amadeus spalla, e non viceversa, di Fiorello: le pagelle
Un festival che rimarrà nella storia perché senza pubblico e senza idee. Amadeus spalla, e non viceversa, di Fiorello, che arriva indossando un mantello di fiori e facendo il verso ad Achille Lauro, gag un po’ vecchiotte, stantie, solo qualche battuta ha fatto sorridere. Voto sufficiente, 6 a entrambi.
Arriva Diodato, ospite della prima serata, vincitore dello scorso anno. Elegante, talentuoso, interpreta il brano che gli consegnò la vittoria: Fai rumore, bello, che comunque deve molto nelle sonorità ai Radiohead, Bravo, voto 8.
Si aggiunge anche il gigante, solo per statura, Zlatan Ibrahimović. Ha studiato il copione, non è un conduttore. Anche per lui voto 6.
La prima donna della serata, finalmente, arriva a quasi un’ora dall’inizio, è la venticinquenne Matilda De Angelis, molto carina, acqua e sapone, non una bellezza da urlo in stile modella, ma un’attrice giovane con una bella voce. Brava in The Undoing, accanto a mostri sacri quali Kidman, Grant e Sutherland. Possiede ottime articolazione e fonazione, persino un bel timbro, quanto tempo non ne sentivamo in televisione ma anche nel cinema italiano!
Peccato per l’abito a palloncino melanzana, che non la valorizza, e i capelli da ‘’sono appena uscita dalla doccia’’, meglio con il secondo cambio, anche se vestito lungo non sarebbe stato male vista la portata dell’evento. Voto 7 e mezzo.
La musica è brutta, le canzoni orrende, della peggiore specie
Salviamo Colapesce e Dimartino, ‘’Musica Leggerissima’’, brano già sentito, un po’ anni Ottanta e fine Settanta, e altre cose buttate lì, ma almeno è orecchiabile e andrà fortissimo nelle radio. Voto 6 e ½.
Tra i giovani passano un noiosissimo e ‘’vecchio’’ Gaudiano e un discreto Folcast. Al primo, voto 3 e al secondo un 6, anche se ricorda un po’ Coez. Poi a dirigere l’orchestra c’è Rodrigo d’Erasmo, già Afterhours e citato in un romanzo della Gamberale, ci piace molto.
Quando arriva Loredana Bertè tiriamo un sospiro di sollievo. Non è rock, come si ostinano a ripetere, ma è un pop d’annata di una donna sopravvissuta a se stessa, diamine, con canzoni di musica leggera rimaste nella storia e nel nostro immaginario collettivo, non per nulla firmate anche da Ivano Fossati. Una maschera tragica e grottesca, la sua, che ci cattura sempre, grande personalità. Voto 9.
Achille Lauro si ripete a oltranza, dovrebbe andare a lezione dalla Bertè. Non ha voce, ha una personalità prevedibile e riecheggia i suoi miti, da Bowie a Peter Gabriel, già visto e rivisto l’anno scorso. Non serve a nulla se non hai qualcosa da dire e ripeti a pappardella un testo con una voce che manco l’edicolante di via Appia o di Garbatella. Finale con pianto di sangue, stile Madonna di Civitavecchia. “Salvami te“, no, salvateci da Lauro. Ci ricorda ‘’Augusto Biascica’’ di Boris. Voto 4.
Le canzoni e le interpretazioni sono insufficienti e un’occasione persa per la buona voce di Arisa che intona una orribile canzone di Gigi D’Alessio. Tralasciamo il look che ingolfa le sue belle forme. Voto 4.
Francesca Michielin, senza voce per natura, è in coppia con Fedez (chi te l’ha fatto fare?) un brano che non ha nemmeno un refrain convincente, spille e non so cosa. Voto 3.
Maneskin: roba di trenta anni fa e corso di articolazione e fonazione, per favore. Voto 3.
Non siamo riusciti a seguire la serata fino al termine, peccato perché l’unico grande artista è arrivato sul tardi e si chiama Stefano Di Battista. Voto 10.