Se non ti sposi fai la fine di Saman. Sempre una famiglia pakistana, sempre un padre padrone
“La fine di Saman”: quali sono le origini e i motivi dei matrimoni coatti che un tempo c’erano anche in Italia e nella civilissima Europa
Nuovo caso di matrimonio coatto e sempre a Novellara (RE) dove venne uccisa Saman Abbas per lo stesso motivo. Sempre una famiglia pakistana, sempre un padre padrone che minaccia una figlia. Quali sono le origini e le motivazioni dei matrimoni coatti che un tempo si praticavano anche in Italia e nella civilissima Europa.
“Se non ti sposi fai la fine di Saman Abbas” così avrebbe detto un 52enne pachistano alla figlia poco più che ventenne. Per lui e per la moglie 37enne, matrigna della ragazza, i carabinieri hanno eseguito un divieto di comunicare con la ragazza e di avvicinamento ai luoghi da lei frequentati. Si ripete nello stesso luogo, a Novellara, provincia di Reggio Emilia, un altro caso di matrimonio forzato, con il rischio di un nuovo omicidio quando la ragazza si oppone.
La comunità pakistana in Italia è la seconda in Europa per dimensione, conta 150 mila persone. Tragedie come quella di cui è stata vittima Saman ne sono già accadute e si registrano diversi casi di giovani donne costrette dalle famiglie a dei matrimoni combinati. Si è avuta anche notizia di bambine cui è stato negato il diritto allo studio per costringerle a sposarsi nel loro paese d’origine.
La fine di Saman e la condanna degli assassini non insegna nulla
La tragica storia di Saman Abbas, diciottenne pakistana uccisa nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021 dai familiari, è tristemente nota a tutti. Recentemente s’è svolto il processo contro la famiglia che l’aveva condannata a morte. La sentenza dei giudici della Corte d’Assise di Reggio Emilia ha condannato all’ergastolo i genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen (latitante in Pakistan), a 14 anni di prigione lo zio Danish Hasnain, mentre sono stati assolti i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, per i quali è stata ordinata l’immediata liberazione. Tutto accadde solo perché Saman non voleva sposare la persona decisa dalla famiglia ma, come molte sue compagne di scuola, inseguiva il sogno di un amore suo, che aveva già trovato, contro il volere del padre.
Ora la storia si ripete e il nome di Saman Abbas viene utilizzato dai familiari di un’altra giovanissima per minacciarla. Come si vede non si impara niente dalle cose della vita. Si ripetono gli errori perché il fanatismo e il patriarcato sono ancora più forti del buon senso e del rispetto delle persone. Il fanatismo, che alligna in tutte le religioni, prevarica perfino ciò che le religioni predicano. Sono gli uomini stessi che esasperano le disposizioni religiose per farle corrispondere al senso di potere che ancora si esercita sulle donne e sui figli. Queste aberrazioni sono il punto estremo cui conduce il patriarcato, il possesso sulle vite degli altri.
Imposto il braccialetto elettronico ai genitori per scongiurare nuovi atti di violenza
Ora accade di nuovo. Risale al 2021 l’obbligo per la giovane ventenne di sposarsi a distanza con un cugino pakistano. Lei si era opposta a sposarlo fisicamente. Proprio come Saman. Per il padre e la matrigna però è stato disposto adesso il braccialetto elettronico. Entrambi rispondono di maltrattamenti, l’uomo anche di costrizione o induzione al matrimonio. La vittima di questa storia è una ragazza che viveva a Novellara con il padre, la moglie del padre e i fratelli nati dal secondo matrimonio dell’uomo.
La mamma della ragazza, invece, è morta in Pakistan quando lei era appena nata. Ufficialmente la donna sarebbe morta per cause naturali, ma la ragazza avrebbe riferito di aver ricevuto racconti quando era piccola secondo cui sarebbe stato invece un omicidio per mano dello zio, fratello maggiore del padre.
A Novellara la giovane, come al solito, non era libera di uscire di casa, di cercarsi un lavoro, di avere contatti con il mondo esterno, di studiare. Suo padre aveva deciso che doveva fermare gli studi alla terza media. Gli adulti di casa le dicevano che era musulmana e che per questo doveva tenere comportamenti adeguati, le dicevano anche di non fidarsi degli assistenti sociali che la seguivano.
Ma lei è stata brava e coraggiosa. Ha raccontato proprio ai servizi sociali che il padre le aveva prospettato di partire per un viaggio in Pakistan. Visto il pericolo lei ha deciso di essere collocata in una comunità. Temeva che in Pakistan si sarebbe celebrato fisicamente il matrimonio con quel cugino mai visto. E non ci sarebbe stato più niente da fare per il suo futuro. Quando lei si è opposta, il padre l’avrebbe minacciata: le sarebbe capitata la stessa sorte di Saman Abbas.
Per la gran parte del mondo il matrimonio è un contratto tra famiglie a prescindere dai coniugi il cui parere non conta
Secondo la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, all’art. 16 §2: “Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi” Ma come sappiamo queste dichiarazioni restano lettera morta quando in gran parte del Mondo, talvolta degli stati sovrani, anche democratici e altre volte singoli cittadini, decidono da sé quali siano i diritti e i doveri da far valere e quali no.
Questa pratica assurda non è rara nel mondo. Anche se per noi può sembrare incredibile è una realtà molto diffusa e per questo i padri che la attuano restano sorpresi che venga loro impedita. Oltre all’aberrazione di costringere una persona a sposarsi con uno sconosciuto, il fenomeno riguarda spesso anche spose bambine o adolescenti. Ogni anno nel mondo 12 milioni di bambine e ragazze, al di sotto dei 18 anni, vengono date in sposa. In Pakistan, Bangladesh, Mali, Somalia, Mozambico, Repubblica Centro Africana, Nigeria, Nige , Sud Sudan ma anche India ed Egitto più del 40% delle ragazze tra i 15 e i 19 anni sono sposate.
Save the Children nel report dell’11 ottobre 2021, stima in 22.000 le ragazze morte all’anno per gravidanza o parto a causa del matrimonio infantile. La povertà è la causa principale di questi matrimoni precoci: una giovane ragazza sposata è una bocca in meno da sfamare. Ma può anche esserci un vantaggio economico diretto per la famiglia che cede, proprio come un oggetto, la propria figlia a qualcuno di un’altra famiglia. Chiudere una faida, stringere un accordo di mutua assistenza, acquisire in cambio dei beni in denaro o in animali o oggetti di valore. In pratica è uno scambio, un contratto commerciale.
Il matrimonio riparatore e quello per facilitare l’immigrazione sono casi diversi, anche se al limite legale
Da noi, fino a pochi anni fa, ma ancora oggi succede, esiste il matrimonio riparatore. Quando una ragazza rimane in cinta, colui che ne è responsabile viene costretto a sposarla, creando così le premesse di due vite infelici. Succede sempre meno quanto più la ragazza sia emancipata e decida di abortire o di tenere il figlio ma senza sposarsi. Si tratta comunque di un caso diverso dal matrimonio coatto, dove tra i coniugi non c’è stato nessun contatto. Spesso, come nei casi citati, il matrimonio avviene a distanza, senza che nemmeno si incontrino gli sposi. Non è necessario che si amino. Devono solo accettare le volontà delle famiglie (ovvero dei padri) per interessi che esulano dai sentimenti dei due giovani.
In qualche caso giovane è solo la donna, l’uomo può essere anche un adulto addirittura un anziano. Alla base di un matrimonio ci sono sempre motivazioni di interesse economico, per esempio per aumentare la ricchezza delle due famiglie, che diventano una sola. Succedeva così anche da noi, in Europa ed è successo non solo nel passato ma anche di recente. Queste pratiche non hanno niente a che vedere con i matrimoni combinati per motivi di acquisizione di nazionalità. Dove uno dei due coniugi, sposandosi, ha diritto a prendere la nazionalità dell’altro. Questa accade comunemente per motivi di immigrazione da paesi poveri a paesi più ricchi. Ma almeno qui c’è un consenso da parte dei due adulti.
In molti paesi asiatici e africani il matrimonio forzato, sebbene sia illegale, viene praticato per risolvere problemi tra famiglie
Il matrimonio combinato è il fulcro della cultura tradizionale indo-pakistana e bengalese. In quei paesi era (e ancora succede) l’unico modo di sposarsi e di vivere l’identità culturale che si fonda sul concetto di gruppo. Queste usanze entrano in crisi e tendono a sparire nel momento in cui le popolazioni delle aree rurali si spostano verso le città. Lo shock culturale all’interno di quelle famiglie raggiunge il massimo quando queste persone emigrano in Europa. Ma sono sempre le ragazze a ribellarsi. Sono le donne che si emancipano a volere il rinnovamento. Nella comunità pakistana d’Inghilterra, la più grande fuori del Pakistan, arrivata ormai alla terza generazione, circa milleduecento ragazze, ogni anno, vanno via di casa per evitare i matrimoni combinati.
Da parte di alcuni giornali italiani, che non nascondono il loro razzismo etnico, molti si scagliano contro le culture asiatiche che seguono questa pratica. Considerate che in Pakistan il matrimonio coatto è oggi proibito dalla legge. Tuttavia in alcune zone arretrate del paese c’è l’uso di risolvere faide tra tribù con un matrimonio forzato, di ragazze giovanissime. Succede nella provincia del Khyber Pakhtunkhwa e anche in alcune zone dell’Afghanistan. Non a caso il Pakistan ha concesso l’estradizione del padre di Saman, perché si potesse compiere il processo contro i suoi assassini. Segno che il paese asiatico non accetta più questa condotta, retaggio di costumi antiquati.
La cultura greco-romana ha fatto uso del matrimonio coatto per lunghe epoche nella storia
La nostra cultura greco romana ha utilizzato il matrimonio coatto a lungo nella storia della nostra civiltà. I rapimenti di cui parla la Mitologia greca e romana ne sono un esempio. Accadevano davvero. Il più famoso fu il ratto delle Sabine che permise ai romani di stringere alleanze coi Sabini e di poter popolare Roma. Il fenomeno dei rapimenti di donne è un atto di guerra che si è verificato ad ogni latitudine e in differenti epoche. Oggi possiamo dirci contrari ma ciò non significa che in un passato anche recente non vi abbiamo fatto ricorso. Era di fatto una pratica che ha funzionato per le case regnanti di tutta Europa. I matrimoni regali sancivano alleanze tra Imperi e Stati in conflitto e contribuivano a stringere accordi fra famiglie regnanti di diversi Paesi.
Oggi in Italia il matrimonio coatto è perseguito per legge
Il matrimonio coatto è penalmente perseguibile grazie alla Legge 19 luglio 2019, n. 69 che, all’Art. 7, prevede l’introduzione dell’Art. 558-bis del Codice Penale (Costrizione o induzione al matrimonio). Viene quindi punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque obblighi un’altra persona a contrarre matrimonio od unione civile mediante qualsiasi tipo di minacce e/o violenze, anche se il fatto avviene fuori dal territorio italiano nei confronti di un italiano o di un cittadino non italiano residente in Italia da parte di un italiano o di un cittadino non italiano residente in Italia.
Sono previste aggravanti nel caso la vittima sia minore di anni diciotto e/o minore di anni quattordici, in particolare in quest’ultimo caso dove la pena prevista è da due a sette anni. In Germania, nel Regno Unito, in Francia ugualmente è illegale e addirittura sono previsti annullamenti (in Scozia e in Inghilterra) per quei matrimoni che risultino forzati per denuncia di uno dei due coniugi.
Hira Afzal, giovane studentessa di origini pakistane che vive in Svizzera, ha aperto un profilo Instagram tramite cui offrire aiuto a tutte le donne obbligate a un matrimonio forzato.